
Il mondo cambia e tutti ce ne accorgiamo, anno dopo anno, con l’alternarsi delle stagioni e non abbiamo il bisogno delle statistiche e delle informazioni (sempre sensazionali) che ci propinano i mezzi di comunicazione.
Il mondo cambia e tutti ce ne accorgiamo, anno dopo anno, con l’alternarsi delle stagioni e non abbiamo il bisogno delle statistiche e delle informazioni (sempre sensazionali) che ci propinano i mezzi di comunicazione.
Caro Babbo Natale, ti scrivo per la prima volta, e sento il bisogno di farlo, non per chiederti di ricordarti di me per Natale, ma per scusarmi di non averlo mai fatto prima.
"La Befana vien di notte, con le scarpe tutte rotte..." Cominciava così la vecchia filastrocca dedicata alla Befana, e lei era, da sempre, presente nell’immaginazione di noi bambini con l’aspetto di una vecchietta curva e mal in arnese, ma ancora autoritaria e con un caratteraccio da mettere in soggezione anche i più discoli.
Il mio ricordo indelebile è fissato nel momento dell'improvviso risveglio, provocato dal trambusto proveniente dalla cucina, che mi faceva scendere di scatto dal letto per correre verso ciò che immaginavo già.
Prima ad védrat int al piat,
o bèla salamina,
at sént int l’aria!...
L’è al tò profùm che, a curóna,
al t’zzircónda come ’na regìna.
Regìna di salàm ti t’jé!...
Délizzia rara,
vant e argój
dla nostra Frara.
Adéss t’jé lì ch’at fum
davanti a mi,
rutundéta e grasstìna,
ligàda strich da tuti i vèrss;
da sóta ad sóra
e anch par travèrss.
T’jé lì ch’at difendi ancóra
cal tesór ch’at gh’a déntar:
al balsam dal tò corp
che, come ’na sgnóra,
t’al fa desideràr…
A n’in póss più!...
At vój magnàr!...
At cucc un puchìn
par guardàrat bén bén;
e pò, pian pianìn,
a t’infilzz còl curtèll
a at vérz a mità:
j òcc i’m ssa slàrga, am tìra al pinguèl, am sùda al palà…
Al sugh tò lusént,
ch’al ’t cóla pr’i fianch,
jè làgarm d’amór
verssàdi par mi.
At ringràzzi, salàma!...
At ringràzzi, col cuór:
al tò sacrifìzzi
t’l’à fat con unór!.
Curar la salute degli altri con tutto se stesso,
un tempo era nobil missione, adesso è bottega.
Ippocrate sviene guardando chi gli giura adesso,
dottori per soldi,e chi soffre? M’importa na’ sega!
Sicuri, azzimati, si senton profeti a gran parolone,
a chi nelle diagnosi crede, già levano ogni speranza.
Saranno dolori e paure, che niente era l’inquisizione
Profeti dell’esperimento, conducon la macabra danza
.
La scienza, con malati ottusi, si scontra sovente,
se a cura perfetta, paziente non presta attenzione
si aggrava sol per un dispetto e non merita niente.
Gli venga taciuta la fine, parlandogli di guarigione.
Il vino si abbina al cibo per meglio qualificarlo, per farlo apprezzare ed esercitare sul cibo una funzione di supporto liquido e riuscire a bilanciare certe sensazioni estreme che il cibo può avere. In un perfetto abbinamento il cibo ed il vino debbono essere l'uno al servizio dell'altro senza sovrastarsi. Altra regola fissa è che è molto più semplice abbinare un cibo squilibrato piuttosto che un cibo senza eccessi. Nella tradizione della gastronomia si cerca si limitare tali eccessi mediante il sistema dei contorni, cioè affiancando al cibo base qualcosa che ne moderi certe sensazioni. Più un cibo è perfettamente equilibrato più avremo difficoltà ad abbinarlo, perché è come se inserissimo in un certo senso in un cerchio perfetto qualcosa che non trova spazio. L'abbinamento più facile si ha con vini abbastanza equilibrati, vini cioè che hanno sbilanciamento tra durezza e morbidezza, con cibi che hanno questi sbilanciamenti in senso opposto. Quando parliamo di abbinamento tradizionale oppure psicologico oppure a tema parliamo di quelli che sono gli abbinamenti standard. E' scontato un piatto tradizionale abbinato ad un vino locale ma oggi sono i più difficili perché i vini non sono più quelli di una volta.Anche un abbinamento riuscito con una tavolata di clienti potrebbe non essere ugualmente vincente se offerto ad altri. E' il caso in cui subentra il fattore psicologico. L'abbinamento a tema è quello più semplice ma è anche il meno usato dal sommelier, perché si tratta del caso in cui il cliente ordina in anticipo il vino e su quel vino si costruisce il cibo. "In un corretto abbinamento il vino dovrà armonizzarsi con il cibo contrastandone le sensazioni". Tutte queste sensazioni sono riferite ad un singolo alimento oppure alla preparazione di un piatto.Il metodo di abbinamento comunemente riconosciuto si basa su due criteri specifici: “il contrasto e l’analogia”
Contrasto perché alcune sensazioni del vino e del cibo bilanciano gli squilibri dell'altro, analogia perché in alcuni casi le sensazioni mantengono lo stesso rapporto, la stessa tipicità. Mettere in contrasto cibo e vino significa sostanzialmente cercare un equilibrio proprio dal punto di vista fisico, della struttura.Se un vino è troppo ampio intenso e persistente e abbiamo un cibo povero di sensazioni il vino lo sovrasterà completamente.Tutti i vini possono trovare un abbinamento anche se presi da soli non sono di spessore, e soprattutto in ambito locale vedono la migliore collocazione. Quando si parla di analogia è perché non tutto deve contrastare, in quanto se mettiamo in contrapposizione oltre alla fisicità anche gli aromi ed i sapori allora non va più bene. Dobbiamo cercare invece le affinità utili per costruire l'armonia gusto-olfattiva. Ad esempio il tartufo bianco di Alba non ha una grande struttura ma ha un intenso corredo aromatico, se lo mettiamo sulle uova che sono l'abbinamento principe non abbiamo bisogno di un vino potente bensì delicato e fortemente aromatico. Se al contrario quel tartufo lo mettiamo su un piatto di fettuccine all'uovo allora cercheremo nel vino anche la struttura.
Riuscire ad abbinare sapientemente 'cibo' e 'vino' significa creare un'armonia di profumi e gusti, il modo migliore per poter esaltare le caratteristiche di entrambi.
Non dico di stabilire precise regole di abbinamento, ma esprimere o dare delle indicazioni è molto difficile in quanto sia il cibo che il vino sono sostanze complesse che possono dare sensazioni gustative ed olfattive molto diversificate.
Da un lato abbiamo le infinite possibilità fornite dal sapore dei cibi che dipende, sia dagli ingredienti usati, che dalle modalità di preparazione della pietanza (una maggiore cottura conferisce un sapore più amaro, l'utilizzo di spezie conferisce sensazioni aromatiche, ecc.).
Dall’altro lato siamo storditi dalle molteplici sfaccettature che possiamo cogliere dalle caratteristiche organolettiche di un vino.
Queste,a loro volta, dipendono dal vitigno utilizzato, dai diversi tipi di terreni e condizioni climatiche, oltre che dai diversi stili di produzione (per esempio l'invecchiamento in botti di legno rende un vino più corposo e morbido).
Questo ricco scenario comporta, da una parte, l'esigenza di ricorrere ad esperti, dall'altra, l'opportunità di indicare solo generalmente la tipologia di vino da utilizzare.
Ad ogni buon conto è universalmente condivisa,come regola generale, che in un buon abbinamento, il vino non deve predominare sul piatto e viceversa: il corpo del vino deve essere adeguato alla struttura della pietanza.
Semplicemente vale la formula che un piatto dal sapore delicato richiede un vino "leggero", mentre un piatto ricco richiede un vino ben strutturato.
One mattin Cappuccet Red's mamma dissed: "Dear Cappuccett, take this cest tothe nonn, but attention to the lup that is very ma very kattiv! And torn prest! Good luck! And in bocc at the lup!".
Cappuccett didn't cap very well this ultim thing but went away, da sol, with the cest.
Cammining cammining, in the cuor of the forest, at acert punt she incontered the lup, who dissed:"Hi! Piccula piezz'egirl! 'Ndove do you go?".
"To the nonn with this little cest, which is little but it is full of a sacc of chocolate and biscots and panettons and more and mirtills", she dissed.
"Ah, mannagg 'a Maruschella (maybe an expression com: what a cul that had) dissed the lup, with a fium of saliv out of the bocc.
And so the lup dissed:"Beh, now I dev andar because the telephonin is squilling, sorry."And the lup went away, but not very away, but to the nonn 's House.Cappuccett Red, who was very ma very lent, lent un casin, continued for her sentier in the forest.
The lup arrived at the house, suoned the campanel, entered, and aftersaluting the nonn, magned her in a boccon.
Then, after sputing the dentier, he indossed the ridicol night beret and fikked himself in the let.When Cappuccett Red came to the fint nonn's house, suoned and entered.
But when the little and stupid girl saw the nonn (non was the nonn, but the lup, ricord?) dissed:"But nonn, why do you stay in let?".
And the nonn-lup:"Oh, I've stort my cavigl doing aerobics!"."Oh, poor nonn!", said Cappuccett (she was more than stupid, I think, wasn't she?).
Then she dissed:"But...what big okks you have! Do you bisogn some collir?"."Oh, no! It's for see you better, my dear (stupid) little girl",dissed the nonn-lup.
Then cappuccett, who was more dur than a block of marm:"But what big oreks you have! Do you have the Orekkions?"
And the nonn- lup:"Oh, no! It is to ascolt you better".And Cappuccett (that I think was now really rincoglionited) said:"But what big dents youhave!".
And the lup, at this point dissed:"It is to magn you better!".And magned really tutt quant the poor little girl.
But (ta dah!) out of the house a simpatic, curious and innocent cacciator of frodsented all and dissed:"Accident! A lup! Its pellicc vals a sac of solds".
And so, spinted only for the compassion for the little girl, butted a terr many kils of volps, fringuells and conigls that he had ammazzed till thatmoment, imbracced the fucil, entered in the stanz and killed the lup.
Then squarced his panz (being attent not to rovin the pellicc) and tired fora the nonn (still viv) and Cappuccett (still rincoglionited).
And so, at the end, the cacciator of frod vended the pellicc and guadagned honestly a sacc of solds.
The nonn magned tutt the leccornies that were in the cest.
And so, everybody lived felix and content (maybe not the lup!)
In un rifugio di montagna, viveva un tempo una giovane di nome Hildeghardekinderschwarzenpirlenscheider Gazzaniga ma conosciuta dai valligiani come Etta diminutivo di schiavetta per via delle preferenze enologiche del padre che tramandò alla figlia in forma anche più ampia.
"La mia infelicità,come il mio fiatone, é così grande che non puoi nemmeno immaginare.
"Non é niente" fece il vecchio. "Tornatene alla cantina, hai già ciò che desideri."Etta riuscì a trascinarsi fino a casa; aprì la porta della cantina e per la sorpresa rimase inchiodata sulla soglia. Sopra al tavolo, c'erano preziosi calici e pregiate caraffe e levatappi d’osso sacro di bue muschiato e posate d’oro tavoli apparecchiati con pietanze meravigliose. Sul bancone una bella divisa da chef, mentre un altra da maggiordomo era posato su una panca ed una terza da feldmaresciallo di sala era alla carta dei vini. Etta urlò dalla gioia e si affrettò a provarli e mise subito alla prova il tutto stappando e bevendo bottiglie di vino a più non posso.
Si! rispose Etta ,anzi vieni ben qui che ti faccio l’esamino: orale e pratica!
Etta si chiuse con il giovane nella cantina e ne uscì solo dopo un mese e il bel giovane, che chiaramente era riuscito a superare l’esame per il posto da assaggiatore, le aveva anche chiesto di sposarlo.
MISSALE ROMANUM
ORATIONES DIVERSÆ
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16. AD PETENDAM PLUVIAM
Oratio
DEus, in quo vívimus, movémur et sumus: plúviam nobis tríbue congruéntem; ut, præséntibus subsídiis sufficiénter adiúti, sempitérna fiduciálius appetámus. Per Dóminum.
Secreta
OBlátis, quǽsumus, Dómine, placáre munéribus: et opportúnum nobis tríbue plúviæ suffíciéntis auxílium. Per Dóminum.
Postcommunio
DA nobis, quǽsumus, Dómine, plúviam salutárem: et áridam terræ fáciem fluéntis cæléstibus dignánter infúnde. Per Dóminum.