28 marzo 2008

Del rispetto



Rispetto, ecco la parola che intendevo, uno dei concetti più alti di civiltà e che esprime uno dei principi più profondi: il rispetto.

Il Rispetto inteso nel senso più ampio possibile, al di là di qualsiasi altra forma di rapporto e prima di ogni sentimento deve esserci il rispetto.

Rispettare è un concetto talmente importante per me che lo pongo alla base della vita, dopo viene qualsiasi altro tipo di rapporto condiviso, dopo vengono tutte le altre forme di vita sociale che, non possono esistere o non possono resistere, se non c’è o se viene a mancare il rispetto; tra esseri umani è vitale che prima di tutto esista il rispetto.

Il Rispetto fisico, quello morale il rispetto intellettuale, non formalità o pro forme o manifestazioni esteriori o altri comportamenti derivanti da consuetudini più o meno fittizi o dettati dalle condizioni, ma rispetto inteso come base su cui costruire un rapporto sincero e duraturo.

L’amicizia si forma dove trova il rispetto elevato al massimo della condivisione, l’amicizia tra persone è uno dei sentimenti più forti.

Persone che si dichiarano amiche lo stanno forse diventando veramente, se riusciranno a compiere insieme un percorso che li porterà a non aver più la necessità di dichiaralo, tanto sarà la loro consapevolezza di esserlo.

22 marzo 2008

Dell'amore patologico


L’amore! l’amore stanca? Forse l’amore nel suo passarti addosso non stanca subito, ma debilita alla distanza; Se il durare nel tempo lo rinsalda, sicuramente lo stesso tempo lo trasforma.
Come una mutazione genetica che adatta l'organismo al cambiare delle condizioni di vita: per continuare a vivere, così anche per l’amore nascono simili esigenze.

Evolvendosi affina doti democratiche, estromette le estremizzazioni, calmiera gli eccessi fino non provare più emozioni nemmeno in ciò che è emozione sempre e comunque, e se non ricorre a mascherare la realtà fingendo sorpresa, subisce tranquillamente ogni avvenimento: vecchio, nuovo o riproposto.
L’amore, l’amare : amore di genitore, amore di figlio, amore di compagno, d'amico, d'amante; Quanti tipi di amore ho sperimentato per poter dire che qualcosa ne so, oppure solamente che so riconoscerlo.
Amare interrompe il pensiero, d’amore si ammala il mio volermi bene. Amare: a volte credo che uccida il senso naturale di sopravvivenza di ogni individuo, diventa uno stato patologico degenerativo, che porta una persona ad accettare la propria cadenzata e progressiva eliminazione per un’altra, o a causa di un altra, contro ad un’altra, insieme ad un’altra.

20 marzo 2008

TRA VINIFERA E LABRUSCA - CAP. 4

Una pianta degli Dei



Dalle origini della civilizzazione questa pianta e i suoi frutti hanno ricevuto dall’uomo la piu’ grande venerazione, fino a dedicarle uno specifico protettore divino, Dionisio per i Greci e Bacco per i Romani.Al civilissimo popolo dei Fenici vanno riconosciuti almeno due grandi meriti. L'aver provocato la prima meravigliosa scintilla della comunicazione, divulgando l'alfabeto, e l'aver fatto conoscere ai popoli del mediterraneo la vitis vinifera La sua coltivazione fu diffusa nelle regioni settentrionali probabilmente a opera degli Etruschi e la raffigurazione di viti nelle loro tombe e' un motivo ricorrente. Furono i Romani a trasferire la coltura della vite a tutte le popolazioni conquistate e fin dove il clima lo permetteva, e a giudicare dagli odierni Champagne e dai vini del Reno, non si puo' dire che i Galli o i Germani non abbiano fatto tesoro degli insegnamenti ricevuti.

Il mito delle origini dei Traci si confonde con quelle del loro dio più misterioso: Dioniso, uno dei più inquietanti dei dell'Olimpo greco, signore dell'irrazionalità e dell'ebbrezza che gli studiosi di un tempo ritenevano appunto originario della Tracia, regione corrispondente al settore orientale della penisola balcanica, attualmente divisa in Turchia, Grecia, Bulgaria. Le prime notizie storiche della zona risalgono ad Erodoto: a partire dal VI sec. a.C. Il vino ha svolto un ruolo privilegiato nell’ambito del simposio, per i Greci un vero e proprio “atto sacrale”. Ogni banchetto si articolava in due tempi: solo dopo il pasto propriamente detto, durante il quale si accompagnava il cibo con del vino allungato, “si passava all’assunzione della bevanda, con contorno di musiche e danze, (Nistri, R., L’eros platonico, cit. p.2). Il vino, infatti, aveva il compito di vincere le inibizioni, scaldare gli animi e predisporli a conversazioni erudite, grazie anche alla sua fama di “rivelatore di verità”. L'alcool non provoca, se non in casi estremi, allucinazioni. L'estasi dionisiaca è invece caratterizzata da eccitazione esasperata, grande vigore fisico, stati allucinatori e identificazione mistica con la divinità. Dioniso, nella sua forma originaria, non era un dio del vino e la figura e le qualità di questa divinità "straniera" hanno subito, prima, e durante il suo tardo inserimento fra la cerchia degli dei dell'Olimpo, più di una rielaborazione funzionale, sino a trasformarsi nel dio del vino che conosciamo per come ce lo hanno tramandato gli autori classici. Numerose rappresentazioni greche dal tema dionisiaco riportano immagini di viti e di grappoli di uva pendenti. La coltivazione della vite, in piccoli orti o grandi campi, aveva una notevole importanza nell'antico Egitto. Le pitture murali delle tombe sono una straordinaria testimonianza delle diverse fasi attraverso le quali si otteneva il vino.Generalmente, il vino prodotto era rosso e veniva profumato con varie spezie o addolcito con il miele. In alcune pitture, è raffigurato anche un vino chiaro, fatto che indica la produzione di qualche rara varietà di vino bianco. Prima di iniziare le diverse fasi della produzione, si effettuava una libagione in onore del dio Sha, protettore delle vigne, affinché il raccolto fosse abbondante e il vino di buona qualità.

La mitologia egizia legava le origini di Osiride al vino: infatti, tale divinità fu assimilata a Bacco in epoca tarda e nel Rituale dell'Imbalsamazione veniva evocato il suo nome nell'espressione «Osiride è il tralcio», poiché si credeva che egli dispensasse abbondanza dall'aldilà. Per tale motivo, il vino era importante anche nella vita ultraterrena. Nelle tombe sono stati ritrovati resti di anfore e i grappoli sono spesso dipinti sulle tavole delle offerte al defunto. Uno degli aspetti curiosi della dea Hathor era quello di essere la protettrice degli ebbri. Infatti, essa presiedeva la cosiddetta "festa dell'ebbrezza", durante la quale il popolo accorreva gioioso al tempio della dea, a Dendara. La festività ricorreva venti giorni dopo l'inondazione del Nilo. In essa si beveva molto vino e si componevano e recitavano poesie erotiche.
Mithra era un antichissimo dio,. nella diaspora persiana seguita alla caduta dell'Impero Achemenide per causa della vittoriosa invasione di Alessandro Magno. Il culto dell'iranico Mithra, trasportato in Asia Minore, assunse i lineamenti tipici di una religione misterica, ossia di unareligione di salvezza, che prometteva un destino migliore nell'altra vita dando all'uomo la speranza di poter ascendere dopo la morte alle beatitudini celesti. Poco o nulla si sa della liturgia sacramentale vera e propria celebrata negli spelaeum mitriaci, che forse doveva consistere in un pasto a base di pane e vino .

10 marzo 2008

Che notte ! quella notte.

-Dottore!Dottore !Apra dottore per favore venga ad aprirmi!

-Ma chi è…… ? Eccomi sto arrivando!, ma cosa succede? chi è?

-Dottore è urgente! per l’amor del cielo mi apra !

-Ma chi a quest’ora di notte..? Ha! Sei tu Tonio,cosa ti succede per tirarmi giù dal letto alle tre della notte e in questo modo?

-Dottore mia moglie la Marta! Dottore sta male! Dottore presto venga che non so più a che santo chiedere la grazia-.

-Calma Tonio! Cerca di stare calmo e di farmi capire cosa succede alla Marta, non è molto che l’ho vista e mi sembrava che tutto filasse per il verso giusto.

-Dottore il fatto è che ha cominciato ad avere i dolori, ma forti , dice che non resiste dal male-.

-Va bene prendo la borsa e andiamo a casa tua, dalla Marta-.

-Dio ! Dio ! cosa sarà di me se la Marta mi lascia-.

-Ma chi ti lascia testone! e non stare a scomodare il padreterno-.

-Ma allora dottore che cosa sta succedendo e perché?-.

-He, Perché ! perché si vede che tuo figlio ha deciso di nascere prima del tempo!

-E tu perché, invece, non hai pensato di metter la Marta sulla macchina del fattore e portarla all’ospedale.

-E’ che il fattore non era a casa e io non sapevo più dove sbattere la testa, così ho preso la lambretta e sono corso da lei, che è l’unico che me la può salvare-.

-Dai testone! salvare da cosa? che vuoi che succeda: partorirà un figlio che ci sia o no il dottore, come hanno sempre fatto le donne-.

-Ma dottore lei, la Marta, ha tanto male e poi non è ancora finito il tempo. . . -

-E allora ? Cosa credi che la natura faccia i conti insieme agli uomini, anzi, sai che ti dico,-

-Cosa dice dottore-.

-Ti dico che la Marta molto probabilmente partorirà una bella bambina-.

-Una bambina dottore ma ,scusi, lei come fa a dirlo-.

-Perché come tutte le femmine lo ha deciso lei, ha deciso quando e come nascere; Ha deciso! e da adesso in poi non smetterà più di farlo, per tutta la vita-.

-Dottore adesso non la capisco più-.

-Allora te lo spiego io, testone-.

Il fatto è che noi uomini forti e sicuri ci illudiamo di essere quelli che prendono le decisioni , ma in realtà facciamo quello che vogliono loro:le donne!-

-Bè dottore, adesso che me lo dice, posso confessarle che una mezza idea così me la ero fatta, insomma, anche io questo dubbio l’ho sempre avuto-.

-Dai testone prendi la borsa e fammi salire che andiamo a vedere che cosa succede alla Marta.

-Si dottore, andiamo, salga sul sellino dietro della lambretta, che in uno sbatter d’occhi siamo a casa mia-.

-HO! Tonio non fare il matto e guida con criterio, che se fai un incidente è un guaio per te, per la Marta e soprattutto per me-.

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

-Visto dottore siamo già qua! E senza problemi-.

-bè proprio senza non direi, ho ancora le palpitazioni!

-hei! Mamma! sono arrivato e c’è anche il signor dottore-.

-Ha sei te Tonio! Bé lo puoi anche riportare a casa ,il dottore,che qui abbiamo già fatto quello che c’era da fare -

-Ma come già fatto mamma? e la Marta? e i dolori? e mio figlio?-

Eh! Come, come; Così ha fatto, come ho fatto io con i miei figli, ha partorito e io l’ho aiutata, ma è stata brava la Marta e adesso ha una bella bambina di quasi quattro chili.

-Visto testone! te l’avevo detto che le donne sanno arrangiarsi da sole, specialmente se si tratta di fare figli-.

-Comunque, già che sono qui darò un’occhiata alla Marta e alla

bimba –.

-Si!Si dottore ,faccia pure dottore,grazie dottore-.

-E tu smettila di fare quella faccia da rincitrullito e vai ad aprire una bottiglia di vino, che bisogna brindare alla Marta, alla bimba e anche alla fortuna di essere ancora interi, vista la tua guida da animale-.

07 marzo 2008

Supa de antrighe

Par quatro che magna


  • Na trentena de buti de antriga: se cata (co i guanti!), prima che le becaure fiorissa, la zimeta, le fojete fresche in alto dela pianta...
  • 1/2 zeola
  • 1 spigo de ajo
  • oio stravergine de oliva
  • On fià de parsinbolo tridà

Se fa cussì:


1.Tajare fina la zeola e métarla in desfrito co l'ajo so na pignata da zinque litri(questo po'el se cava);

2. Zicolare al'ingrosso le antrighe, senpre doparando i guanti, parché le beca;

3. Butare le antrighe in pignata, remenarle a fogo vivo par on minuto e po' zontarghe aqua (pì ghe ne metì, manco fisso vien el brodo);4.Assare che boja par on quarto de ora;


5. Metare el brodo sui piati, dessora a di' crostini de pan, o a supe de pan biscoto;

6. Spolvarar parsinbolo, infromajare par ben e magnare de bojo.

P.S.: in du minuti de bojo le antrighe no le beca pì, quindi co' xe ora de magnarle no steve preocupare par la lengua.

05 marzo 2008

Solo la frutta; matura.

E mentre resto fermo a prendermi in faccia il tepore di questo sole, tra le montagne innevate del trentino, le tre ragazze tentano o meglio stentano in coro alcuni motivetti orecchiabili, qualche ritornello di parole in mezzo a tanti la-la-la che mi ricordano canzoni da jukebox.
Definizione strana ed inusuale, anacronistica sicuramente, ma proprio da jukebox, perché sono le canzoni che andavano negli anni tra il sessanta e il settanta.
Le tre ragazze i sessanta fanno fatica a metterli insieme sommando l’età di ciascuna, ma cantano cose che andavano forte quando i loro genitori avevano l’età loro.
Le tre adesso ridono, un controcanto di gridolini, insipidi, più stonati delle loro vocine,per me, adesso, ma che se avessi la loro età forse invece apprezzerei. Adesso se avessi la loro età vedrei la vita e le cose della vita in modo diverso, forse, ma dal momento che ho passato il mezzo secolo le vedo così, così come? La domanda se posta ad entrambe (loro e me) avrebbe nell’ordine le risposte: in modo sorpassato ma giustificato, da loro; marturo ma intollerante da me.
Mi scopro intollerante , insofferente a manifestazioni spontanee che malsopporto, ma che se mi soffermo a valutare il contesto mi accorgo che in relazione al fattore tempo inteso come età anagrafica, non solo le giustifico ma le faccio mie.
Pertanto mi ritrovo a fare il vecchio, perchè lo voglio essere, lo faccio come atto dovuto ad un ruolo assunto, ma non accettato.
Sono vecchio quando voglio esserlo, per convenzione, per difesa, per apparenza ma intimamente non mi và perché è un ruolo che non mi piace,perchè sono ancora quello che vorrei e non voglio essere quello che mi ero ripromesso di non diventare mai.
Le tre ragazze se ne vanno saltellando tra i tavoli della baita ed i loro gridolini, le guardo di sfuggita con sufficienza lasciando intendere la mia disapprovazione, poi ricomincio a leggere il mio libro mentre sento di nuovo il caldo bruciante del sole.
Riprendo in sordina il ritornello dell’ultima canzone che ho sentito dalle tre ragazze, mi accorgo che sto alzando la voce, specialmente sui la-la-la delle parole che non sò, sicuramente sto suscitando la disapprovazione delle persone che mi stanno intorno, ma non mi importa affatto.