27 settembre 2012

Una goccia di "vino".


Tutti, o quasi, sappiamo cosa è un microscopio: una specie di cannocchiale che rende tutto innumerevoli volte più grande di quello che è in realtà! Se lo si prende e gli si mette davanti una goccia di liquido, allora si vedono le centinaia di minuscoli organismi che lo compongono che si agitano come animaletti.Sembra quasi di guardare uno stadio di domenica, durante una partita di calcio e si vedono gruppi di organismi che , come le persone, saltano uno sull'altro e sono così feroci che si strappano a vicenda le bandiere e i cappellini e parti di striscioni, e ciò nonostante sono contenti e divertiti, anche se a modo loro.
C'era in una moderna azienda un infallibile giovane tecnico enologo che svolgeva il suo delicato lavoro avvalendosi delle procedimenti tecnologicamente ed economicamente più moderni e dei ritrovati biologicamente più all’avanguardia che tutti conoscevano come Gustavo Bevendo, anche perché questo era il suo nome.
Il giovane Gustavo Bevendo voleva sempre ottenere il meglio per la propria azienda e per se stesso e, quando incontrava particolari difficoltà o proprio non era possibile avere il massimo del risultato, non disdegnava di dover ricorrere a pratiche non troppo ortodosse.
 Un giorno stava guardando attraverso il suo microscopio una goccia di vino che aveva preso da una botte della cantina: che formicolio si vedeva! Migliaia di Tannini, Tartrati e Terpeni solo per dire i più, ma anche tanti altri che, come animaletti, saltavano si ricorrevano si picchiavano a volte si uccidevano divorandosi a vicenda.
«Ma questo è orrendo!» esclamò l’infallibile Gustavo Bevendo «non è possibile ottenere che vivano tranquillamente e in pace, in modo che ognuno si preoccupi degli affari propri?».
Meditò a lungo, ma non riuscì a trovare una soluzione, e allora ricorse ad uno dei suoi procedimenti non troppo corretti.
«Li trasformerò !» disse «così si potranno vedere diversi e forse si piaceranno e piaceranno a chi li berrà!» e versò nella goccia di vino un prodotto chimico di sintesi proveniente da laboratori industriali.
Quella sostanza era qualcosa che stava tra il metanolo e gli idrocarburi ma assomigliava tanto alla diossina, quella migliore la più cara.
Nel giro di pochi istanti tutti quegli animaletti diventarono ancora più strani e mostruosi: i più esagitati andarono in depressione mentre quelli calmi diventarono rabbiosi, infine si colorarono di rosa, sembrava una città d’uomini selvaggi nudi.
«Che cos'hai lì?» gli chiese un altro vecchio enologo della cantina ormai dimenticato per la sua vecchiaia e la vecchiezza dei suoi metodi, che non aveva nessun nome, e proprio per questo era così distinto.
«Se indovini» rispose Gustavo Bevendo «te lo regalo, ma non è una cosa facile da indovinare, se non la si sa prima.»
L’enologo senza nome guardò attraverso la lente del microscopio, gli sembrava proprio di vedere un’intera città, in cui gli alcoli e gli antociani giravano nudi, e questo era ripugnante, ma era ancora più ripugnante vedere come si spingevano e si urtavano a vicenda come si pizzicavano, si mordevano e si facevano male.
I tannini che stavano sotto di tutti dovevano arrivare sopra e i fenoli che stavano sopra dovevano passare sotto! “Guarda, guarda! Le gambe di quel flavonoide sono più lunghe delle mie! Paf! Via! C’é un enzima che ha un piccolo ammennicolo tra le gambe, ma non pare far piacere alle aldeidi che non ce l’anno e lo rincorrono arrabbiate!” e lo fecero a pezzi lo tirarono e lo divorarono a causa di quel piccolo ammennicolo.
C'era un Acido malico fermo con un’aldeide, ed entrambi desideravano solo fermentare tranquillamente, ma l’aldeide fu trascinata via, polimerizzata e divorata dal metanolo.
«È proprio divertente!» esclamò l’enologo.
«Che cosa credi che sia?» gli chiese il giovane Gustavo Bevendo «riesci a scoprirlo?»
«Si vede bene» rispose l'altro «è senza dubbio una potente sostanza chimica per lo sterminio di massa, si assomigliano tutte! È certo una terribile arma.»
«No, è il vino delle due botti da cui si ricaveranno cinquanta milioni di bottiglie di grandi vini per l’esportazione nei nuovi mercati- disse il giovane e rampante moderno enologo.

20 settembre 2012

Il 21 settembre 2012 si celebra la XIX Giornata Mondiale dell’Alzheimer.




Sono oltre 36 milioni gli ammalati di Alzheimer e di altre demenze nel mondo. Più di un milione in Italia. Un numero destinato a crescere. Per questo l’Organizzazione Mondiale della Sanità considera le demenze una “priorità mondiale di salute pubblica” e consiglia ai Paesi di pianificare e implementare dei Piani nazionali ufficiali. Queste malattie sono destinate ad esplodere in questo secolo: la nostra aspettativa di vita è molto più lunga rispetto al passato. Si pensi che il rischio di demenza è già di 1 a 8 per gli over 65 e di1 a 2,5 per gli over 85. "
"La definirei una vera e propria pandemia", spiega ad Affaritaliani.it Paola Chiambretto, Neuropsicologa Responsabile Nucleo Alzheimer Villaggio Amico di Gerenzano (Varese), in occasione della XIX Giornata Mondiale dell’Alzheimer che ricorre il 21 settembre. Un'occasione per fare il punto sulla demenza in Italia. “L’obiettivo principale al momento non è la guarigione degli ammalati, perché la scoperta di una cura risolutiva non è stata ancora fatta e non è possibile fare previsioni. Sono però state messe in campo molte energie e sotto diversi aspetti: dagli studi per una diagnosi precoce alle analisi genetiche".
I farmaci attualmente più usati sono "gli inibitori di acetilcolinesterasi, che stanno dando dei discreti risultati nel rallentare l'evoluzione della malattia", spiega Chiambretto. Pur variando in modo soggettivo, dopo i 70 anni la malattia degenera nell'arco di 5-10 anni, dalla comparsa dei primi sintomi alla non autosufficienza del malato. Nelle forme più giovanili, che colpiscono a partire dai 50-55 anni, ma in alcuni casi anche dai 45 anni, l'evoluzione è molto più rapida: in media 5 anni perché il paziente diventi totalmente dipendente dal caregiver.
L'aspetto più innovativo nella cura dell'Alzheimer riguarda le terapie non farmacologiche per il trattamento dei pazienti: dalla “Terapia di stimolazione cognitiva” alla “Terapia della bambola”. "La prima consiste nella pratica di attività al computer oppure con carta e penna per stimolare la mente del paziente e migliorare le sue capacità di ricordare o di parlare - prosegue Chiambretto -. La Terapia della Bambola, invece, è in arrivo dalla Svezia e in Italia la stiamo sperimentando in pochissimi centri, tra cui Varese e Bergamo. Grazie ad una bambola appositamente costruita, il paziente viene aiutato a ritrovare le sue capacità di accudimento, a migliorare le relazioni con gli altri e viene rassicurato anche in momenti difficili come la notte".
Contenere lo stress di chi assiste gli ammalati è l'altra sfida aperta: "Le famiglie vengono investite da un carico pesantissimo quando si trovano a dover gestire un coniuge o un genitore affetto da Alzheimer e molto spesso sono sole e con poche informazioni. Per questo qui a Varese abbiamo aperto un centro Aima, ovvero uno sportello di accompagnamento per le famiglie".
Il morbo di Alzhemeir è sempre più diffuso visto anche l'allungamento medio della vita. Tra i 65 e i 70 anni ha un'incidenza dell'1-2%, mentre sopra gli 85 anni si sale al 25-30%".