26 novembre 2016

COLPO DI STATO




Il racconto che segue è stato scritto da Giovannino Guareschi sul settimanale "Il candido" nel Febbraio 1952 e ripubblicato sul libro "Mondo Candido 1951-1953" nel 1997, Rizzoli Editore.

  
Questa vicenda è puramente immaginaria e non prende spunto da nessun fatto avvenuto o che si presume possa avvenire. E' frutto di fantasia e perciò nessuno dei personaggi in essa vicenda nominati o accennati può trovare rispondenza nella realtà. Ogni riferimento a fatti o persone esistenti è da considerarsi puramente casuale e involontario.

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Camminavano in fretta, il signore alto e la sua bambina, perché il sole cominciava a scivolare verso il tramonto, e l'albergo era lontano più di due chilometri, e in montagna due chilometri sono tanta strada.
A un tratto, arrivarono a una selletta, e apparve una vallata verde, piena ancora di luce. Si fermarono a guardare.
“Cos’è?” domandò la bambina.
“E’ l’Italia” rispose il signore alto.
La bambina sospirò:
“E' bella ma è molto lontana” disse.
Il signore alto sorrise.
“Quelle case e quei campi non sono lontani” spiegò. “Ma l’Italia è vicina perché incomincia a pochi metri da noi. La linea di confine passa proprio di lì: attraversa il sentiero dove c’è quella pietra squadrata.”
La bambina parve molto stupita:
“L’Italia incomincia subito lì?”.
“Subito. Fino alla linea di confine e Svizzera, poi è Italia.”
La bambina avanzò cautamente e arrivata vicino alla pietra del sentiero, guardò attentamente per terra.
"Non si vede nessuna linea” esclamò ritornando.
Non si vede ma c’è. Spiego il signore alto. E’ come un filo sottilissimo teso tra pietra e pietra del sentiero, poi risale a quella pietra più in su, a sinistra; da questa passa a un’altra pietra e così via.”
La bambina si appressò ancora alla pietra del sentiero e , raccolto da terra un bastoncello, sciabolò con esso l’aria davanti a sé.
“Non c’è nessun filo” esclamò ritornando verso il padre. “Se ci fosse lo si toccherebbe con bastone.”
Il signore alto rise:
“ E’ un filo immaginario” affermò.
Non lo si può né vedere né toccare, ma serve a dividere due Paesi meglio ancora che se al suo posto, ci fosse un alta muraglia o un profondo fossato.”
La bambina continuò a guardare la vallata piena di sole.
“Non si può passare di là” domandò ad un tratto.
“No.”
“Passare appena appena” insisté con voce sommessa la bambina. “Appena un momentino dopo il sasso. Mi piacerebbe vedere cosa c’e’ di là.”
“Lo vedi benissimo anche di qui” disse il signore alto.
“No” sussurrò la bambina. “Di qui non si può vedere bene perché c’è il filo.”
Il signore alto sospirò e prese per mano la bambina .
“Andiamo, è tardi.”
Ma la bambina pareva incantata da quel verde lontano, da quelle casette candide e dal luccicare del nastro d’argento dei fiumi.
“Appena un pochino”, implorò. “Passo di là dalla pietra e poi torno subito subito. Mi piacerebbe tanto prender un sassolino. Di là dalla pietra c’è l’Italia e anche un sassolino è un pezzettino d’Italia.”
“Non si può” rispose il signore alto. “passare oltre il confine è contro le leggi. Se le guardie ti vedono possono spararti col fucile. Oppure metterti in prigione.”
“Per un sassolino?” si stupì la bambina. “Non ci credo che le guardie sparino le fucilate ad una bambina perché raccoglie un sassolino. Ce ne sono tanti di sassolini. E poi non si vede nessuna guardia.”
In verità tutto era deserto e silenzioso, lassù: ma appiattate dietro uno spuntone di roccia due guardie stavano spiando il signore alto e la sua bambina. Li avevano visti prima ancora che arrivassero alla selletta e subito il più anziano dei due, il brigadiere, aveva esclamato:
E’ lui! L’ho visto mille volte di persona e non mi sbaglierei mai.”
E la guardia giovane, che pure l’aveva visto soltanto in fotografia su qualche giornale, a un bel momento aveva dovuto convenire che il brigadiere non si sbagliava.
Le due guardie avevano seguito con occhi preoccupati tutti i movimenti del signore alto e della figliola. Quando la bambina avvicinatasi al cippo aveva agitato il bastoncello, si erano guardati perplessi e  il brigadiere era diventato pallido e aveva borbottato:
“Speriamo che non ci diano delle grane!”
Poi, quando aveva visto il signore alto afferrare per la mano la bambina e riprendere il cammino verso la parte giusta, aveva cavato fuori un sospirone di sollievo:
“Se ne vanno se Dio vuole!”
Ma, evidentemente, Dio  non voleva perché la bambina, proprio mentre il brigadiere ritrovava la sua tranquillità, con improvvisa decisione liberò la mano dalla stretta delle dita paterne e spiccata una gran corsa, passò oltre la pietra del sentiero.
Allora il brigadiere diventò pallido e balbettò:
“Gesù fatela tornare indietro subito! Non mi mettete nei guai!”
La bambina però non dimostrava nessuna intenzione di ritornare indietro: superata la pietra, si fermò a guardarsi intorno un momentino, poi, sorda ai richiami del padre, si allontanò di corsa per il sentiero che scendeva a valle.
Il signore alto, che intanto, era arrivato alla pietra squadrata e lì s’era fermato chiamando con voce agitata la bambina, balzò all’inseguimento della fuggitiva che era già scomparsa.
La raggiunse dopo una decina di metri e afferratala saldamente per la mano, si volse per ripassare oltre confine: ma giunto là dove il sentiero svoltava dietro un roccione per poi seguire diritto fino alla selletta, scorse le due guardie che, uscite dal loro nascondiglio, stavano confabulando e si fermò e tornò indietro. Il viottolo portava a una casipola di cui si intravedeva, fra gli alberi, il tetto di ardesia. Pensò di ripararsi là con la bambina: le due guardie ora si erano incamminate per il sentiero e non poteva star lì ad aspettarle.
Raggiunta rapidamente la casipola  il signore alto bussò alla porta e una voce dal di dentro rispose “Avanti!”.Il signore alto aprì la porta e si trovò in uno stanzone basso, al centro del quale era una tavola attorno alla quale stavano seduti un vecchio, un uomo e una donna giovani, un bambino d’una decina d’anni. Una vecchia, in piedi, stava scodellando sul tagliere la polenta da un gran paiolo.
Il vecchio era seduto a capotavola, in faccia alla porta, e fu a lui che il signore alto si rivolse.
“Buona sera” disse il signore alto. “Eravamo dall’altra parte: inavvertitamente abbiamo passato il confine e volevamo ritornare subito di là, ma due guardie sono sopraggiunte. Se i signori permettono aspettiamo qui il momento opportuno per ripassare il confine.”
Il vecchio che aveva guardato con occhi perplessi il signore alto e la sua bambina, si levò in piedi. E la vecchia che, da quando il signore alto aveva incominciato a parlare, era rimasta lì con gli occhi fissi su di lui, come abbacinata, esclamò: “Gesummaria!”.
Anche l’uomo giovane e sua moglie si alzarono, e rimase seduto soltanto il ragazzino, ma il vecchio lo agguantò per la collottola e lo tirò su.
“Prego, prego, signori” disse il signore alto.
Il vecchio fece un cenno alla vecchia che, abbandonato il paiolo, corse fuori.
Ci fu, nella cucina, qualche istante di silenzio, poi il vecchio si trasse da un lato e indicando la sua sedia disse al signore alto:
“Se vuol favorire…”.
“Grazie, volentieri” rispose sorridendo il signore altro. “Ma lei stia comodo, mi seggo qui.”
Il vecchio scosse  il capo.
“Quando c’è il re” disse “il capotavola è lui.”
Il signore alto si sedette al posto del vecchio e la bambina si sedette vicino al ragazzino. Il vecchio si scusò:
“Polenta e latte…”
“Magnifico!” esclamò ridendo il signore alto.
Allora il vecchio si rivolse al figlio e gli disse:
“Va’ tu a far la guardia e dì a tua madre di tornar dentro subito. Voglio che l’onore di servire sua maestà l’abbia lei.”
“Vi prego, non chiamatemi così” protestò dolcemente il signore alto. “il re non c’è  più.
“Ho fatto trenta chilometri a piedi per dare il mio voto a sua maestà” rispose il vecchio “e per me il re c’è ancora e ci sarà sempre.”
Entrò la vecchia e, con mano tremante, depose un piatto di polenta e una scodella di latte davanti al signore alto e alla sua bambina.
Poi si sedette in un angolo a guardare con occhi sbalorditi quello straordinario spettacolo.

*
Quando vide che anche il signore alto aveva passato il confine, il brigadiere fu preso da sgomento. Non se la sentiva davvero di prendere delle decisioni di sua iniziativa. Era un momento combinare un grosso pasticcio e impelagarsi in una grana spaventosa. Allora ordinò al suo sottoposto di correre al posto di confine dal comandante:
“Digli che lui ha sconfinato ed è ora in territorio nazionale. Io resto qui a sorvegliare tutte le sue mosse e li tengo sotto controllo in attesa di ordini”.
La guardia volò e, quando seppe il fatto il comandante sbarrò gli occhi. Non se la sentiva neppure lui di dare un ordine di sua iniziativa in una faccenda simile. Una azione malaccorta poteva far nascere una speculazione politica spaventosa. Inviò quindi un telegramma cifrato a Roma per avere chiarimenti sul da farsi. Il ministro dell’Interno stava pranzando, quando il capo della polizia in persona venne a portargli il dispaccio giunto dalla frontiera.
“E’ un guaio grosso” borbottò il ministro dell’Interno. “Se la voce corre saremo nei guai fino agli occhi. Se ha sconfinato significa che ha un piano. Telegrafi che si limitino a sorvegliarlo e non perdano una delle sue mosse”.
Il presidente del Consiglio era all’estero: il ministro dell’interno si recò quindi a conferire direttamente dal Presidente della Repubblica.
“Il caso è grave e delicato” spiegò il ministro dell’Interno. ”Prima di prendere una qualsiasi decisione occorre che lei ci dia la sua approvazione.”
Il Presidente della Repubblica rimase in silenzio un bel pezzo, quindi, battendo la punta del suo bastoncello sul pavimento, borbottò di pessimo umore:
“Ma cosa viene a fare quello là? Non poteva starsene tranquillo dov’era? Agite con estrema prudenza. Bisogna evitare ogni scandalo e, soprattutto, ogni spargimento di sangue”.
Il ministro dell’Interno se ne andò impegnandosi a riferire appena avesse adottato una decisione.
Fece poi una riunione segretissima alla quale parteciparono, oltre al capo della polizia, il ministro della difesa e l’ex ministro degli Esteri.
Venne messo sul tappeto un eventuale intervento dell’esercito.
“Può darsi che non succeda niente e che si tratti di un falso allarme: ma, qualora si trattasse di un colpo di stato, sarebbe opportuno non far intervenire la polizia che attraversa un momento di grave impopolarità, mentre, lasciando l’operazione all’esercito si metterebbero gli insorti in grave imbarazzo essendo l’esercito completamente al di fuori della politica e rappresentando esso non un governo, o una fazione, bensì tutto il Paese.”
In quel momento squillò il telefono ed era la presidentessa che voleva parlare col ministro dell’Interno.
La conversazione fu lunga. Alla fine il ministro dell’Interno riferì al consesso:
“Dice la contessa che dobbiamo mandarle subito un presidio di poliziotti scelti. Sono allarmatissimi“.
“Ma hanno i corazzieri” esclamò il ministro della Difesa.
“Dice la contessa che non bastano: servono per la sorveglianza esterna. Ma il pericolo è all’interno. La servitù è rimasta fedelissima a quelli di prima. La contessa dice che lei e il presidente si trovano là come dentro una fossa dei leoni. Cento occhi ostili li spiano.”
“Non si possono mandare reparti di polizia” esclamò l’ex ministro degli Esteri. Significherebbe mettere tutta la capitale in allarme dopo cinque minuti.”
Telefonò ancora la contessa. Il ministro dell’interno le spiegò la assennatezza dell’obiezione dell’ex ministro degli Esteri. Comunque al primo accenno di pericolo, la reggia sarebbe stata immediatamente presidiata. Nel frattempo il ministro Barbone vigilasse. La contessa parlottò con qualcuno che evidentemente stava vicino a lei, poi comunicò:
“Il ministro barbone ha una rivoltella, ma dice che non ha neppure un caricatore”.
“Mandiamo subito dodici caricatori” la rassicurò il ministro dell’Interno.
“Assieme ai caricatori un autista fidatissimo. Noi ci prepariamo, abbiamo il camioncino della spesa; eventualmente possiamo uscire senza destare nessun sospetto.”
Dopo la telefonata , arrivo un messaggio cifrato dal posto di confine: “Individuo segnalato sempre sotto strettissima sorveglianza. Per ora inattivo. Segnaleremo ogni suo movimento”.
Venne riportata sul tappeto la questione dell’eventuale intervento dell’esercito.
“Fino a che punto possiamo fidarci di un intervento dell’esercito in questo senso?” domandò il ministro dell’Interno. ”Quanti sono i reparti sicuri? Possiamo veramente contare sulla lealtà degli ufficiali monarchici?”
Il ministro della Difesa era ottimista:
“Diamo ordini precisi ed inequivocabili e gli ufficiali, senza distinzione, obbediranno. Se ci fossero stati ordini precisi ed inequivocabili l’8 settembre non sarebbe successo quello che è successo”.
“Ricordiamoci che li sinistre sono dispostissime, pur di fare del danno a noi, anche ad appoggiare anche la causa monarchica!” osservò il ministro dell’Interno. “Quindi occorre evitare ogni spargimento di sangue ed ogni violenza.”
“E allora” disse l’ex ministro degli Esteri “si organizzi l’intervento dell’esercito in modo da non essere colti di sorpresa qualunque sia lo sviluppo degli avvenimenti. Intanto si agisca
immediatamente in via, diciamo, riservata. Si mandi un uomo eccezionalmente fidato, il questore della capitale, ad arrestarlo.”
“E’ poco popolare, in questo momento!” sospirò il ministro dell’interno. “E poi, come si è detto, bisogna cercare di immischiare il meno possibile la polizia nell’affare. Piuttosto credo che bisognerà avvertire l’ambasciatore degli Stati Uniti in modo da  avere, qualunque cosa facciamo, l’appoggio di Washington.”
In quel momento il ministro dell’Interno fu chiamato ancora al telefono. Era la contessa.
“Eccellenza” disse agitatissima la contessa “l’autista che doveva portare i caricatori non è ancora arrivato! Temo che sia caduto vittima di una imboscata! Lei veda di fare qualcosa subito o telefono alla questura!”
Arrivò un nuovo messaggio dalla frontiera: in esso si diceva che l’individuo aveva preso contatti con elementi locali.. Era però sempre sotto strettissimo controllo.
“Mobiliti tutele forze di Polizia disponibili e le tenga pronte ad entrare in azione” ordinò allora il ministro dell’Interno al capo della Polizia. “Faccia presidiare i ponti sul Po. Popolare o impopolare, sulla polizia si può contare. E mandi alle reggia, dal Presidente, una squadra fidata. In caso di emergenza, porti il Presidente in Vaticano.”
Poi si discussero i dettagli dell’entrata in azione dei reparti dell’esercito.

 *
Seduta nel suo angioletto buio, la vecchia stava guardando il signore alto e la sua bambina mangiare la polenta.
“E’ squisita, signora” disse sorridendo il signore alto alla vecchia. ”Ricorderò a lungo questa sera.” Quando tutti ebbero finito di mangiare, la vecchia si alzò e sparecchiò. In quel momento rientrò il figlio del vecchio.
Disse ad alta voce che tutto era a posto, poi appressatosi alla moglie le sussurrò:  “Va’ tu adesso. Voglio vedere anch’io”.
La donna andò fuori a montare la sentinella e il marito si sedette al suo posto.
“Lei così non ha mangiato!” osservò con rincrescimento il signore alto.
“Signorsì!” balbettò imbarazzato il giovane.”E’ come se avessi mangiato.”
“Tridentina…Nicolajewka..”.
“Bravo!” disse il signore alto.
“Ha preso la medaglia d’argento” spiegò il vecchio. Poi indicò la sedia vuota all’altro capo della tavola e spiegò:
“Lì è il posto dell’altro figlio, quello che è rimasto a Nicolajwka. Ma è come se fosse qui.”
Il signore alto si alzò e, guardando quella sedia deserta, disse a voce sommessa:
“Dio benedica il tuo sacrificio, soldato d’Italia”.
La vecchia si mise a piangere nel suo angolo e il vecchio andò a staccare dal muro un quadretto.
“Sono stato alpino anch’io e ho fatto il mio dovere sul Monte Nero. Anche lui sarà alpino” disse indicando il ragazzo.
Oramai si era fatta sera e il signore alto spiegò che doveva andare. Il figlio del vecchio tornò fuori a ispezionare la strada e quando riapparve disse che tutto andava bene,
Il figlio del vecchio andò avanti e il signore alto si incamminò dietro di lui tenendo per mano la bambina. E dietro al signore alto e alla sua bambina si incamminarono il vecchi, la nuora e il nipotino. Poi, ultima retroguardia, veniva la vecchia.
Arrivati dove il viottolo svoltava dietro il roccione e poi continuava diritto verso la selletta, il signore alto si fermò e strinse la mano a tutti, anche al bambino. E pure la bambina strinse la mano a tutti e la vecchia le diede un gazzettino di stelle alpine.
“Ora proseguiamo da soli” spiegò il signore alto. “Grazie.”
Si avviò tenendo stretta per mano la bambina e, quando fu lontano una decina di passi, si volse e salutò agitando la mano:
“Addio, Italia” sussurrò. Ma l’Italia non era rimasta tutta là alla svolta del sentiero.
Un po’ d’Italia era nascosta più avanti, proprio al valico della selletta. Era il brigadiere che, quando l’uomo alto e la bambina gli furono passati davanti ed ebbero valicato la linea di confine, si trasse fuori dal suo nascondiglio, fino in mezzo al viottolo.
Il secco batter dei tacchi fece trasalire il signore alto che si volse e il brigadiere era là, rigido nell’attenti; come un baccalà, e lo salutava con la mano alla visiera.
Il signore alto gli rispose con un leggero inchino. E la bambina ne approfittò per sgusciargli via di mano e ripassare di nuovo quel benedetto confine, ma sconfinò poco poco: quel pochino che bastava perché la bambina potesse arrivare davanti al brigadiere. Arrivata davanti al brigadiere si alzò sulla punta dei piedi e gli infilò in un occhiello della giubba una delle stelle alpine che le aveva regalato la vecchia.
Decorazione sul campo.
Poi la bambina varcò ancora il confine e al fianco del signore alto si incamminò.
E camminavano adagio anche se l’albergo era lontano perché l’Italia era vicina e costava tanta fatica allontanarsene.

*
Ore 20,01: alla capitale. Dispaccio cifrato per il ministro dell’Interno: “Individuo sospetto ritornato oltre confine”.
Cessato pericolo. La repubblica continua.

17 novembre 2016

Quest'anno spiaggia libera





La creatura che tolleriamo al nostro fianco solo perché ha delle anatomie sollazzevoli ci sveglia alle sei. Invece di abbatterla con un cazzotto asseriamo "sì, amore, certo" e con ben tre ore di sonno addosso ci laviamo i denti col rasoio e pisciamo nell'armadio a muro. La morosa ci ridirige a ceffoni. Carichiamo zaini da trekking con creme presole, post sole, costumi di ricambio, frutta, panini, acqua, spray antizanzare, thermos, asciugamani, ombrellone e con 35 chili di stronzate inutili usciamo di casa. Il sole non è ancora sorto. Montiamo sull'ignobile cesso che la morosa voleva comprassimo, uno scooter a due posti che costa come un battaglione di ciao ed esiste solo nel nord Italia. "Praticissimo nel traffico" per due mesi l'anno, il resto è un inferno di intemperie, gelo e raffreddori. Solo il tre febbraio, mentre ogni minimo spiffero nella tuta è una lama d'orrore che ti criogenizza la pelle, comprendi quanto l'acquisto sia stato scaltro.
Si parte.
Attraversi strade deserte, sorpassi pezzi di motociclisti che i pompieri stanno ancora ricostruendo a bordo strada ascoltando in cuffia la musica di Tetris dopo che i centauri, esaltati dal rettilineo, hanno sfiorato i 200 prima di essere proiettati nella troposfera dai dissuasori. Arrivi, parcheggi. Togli l'abbigliamento da astronauta necessario a pilotare il cesso, indossi le infradito e arranchi nella sabbia. Ti accampi vista mare che il sole fa capolino. Tutto ciò che vuoi è rimetterti a dormire per dimenticare in quanti modi la vita riesce a violentarti, ma la ciccina di fianco flauta "no, tesoro, prima devi metterti la crema che ti scotti". Ti lubrifichi come un bodybuilder.
«Ora la metteresti a me?»
A quanto pare la tua ragazza è tetraplegica.
Ti alzi. Per farlo sollevi un inspiegabile vortice di sabbia che ti si incolla addosso grazie alla crema precedentemente disposta. Oltrepassi la soglia della disperazione e vuoi solo dormire. Ti giri. Il tuo asciugamano si é ricoperto di sabbia, lo sbatti e il vento ti spalma addosso mezzo litorale. Provi a riposizionarlo. Arriva attorcigliato. Riprovi. È un origami di un cigno. Riprovi. E' padre Pio. Al quinto tentativo vorresti solo cacarci dentro e incendiarlo, ma la morosa si alza e ti aiuta deridendoti. Sei già sudato come una bestia. Crema solare, sudore e sabbia si mescolano ai tuoi peli ascellari creando una poltiglia abrasiva che ti scortica la pelle. Ti distendi. Chiudi gli occhi.

«Bagnetto!» squittisce la femmina «bagnetto! Bagnettobagnettobagnetto!»
Valuti se stordirla con un calcio a girare, ma rinunzi.
Attraversi decine di metri di spiaggia arroventata saltellando come un orango, dopo sette secondi il dolore ti fa sballare e salti a pié pari sul bagnasciuga, atterrando sulla striscia di conchiglie non ancora abbastanza tritate che ti trafiggono le piante dei piedi. In una credibile interpretazione del lago degli ippopotami avanzi tra granchi morti, bottiglie di plastica, rifiuti d'ogni sorta, legno e colonie di tetano. Ridotto come eretico passato per la santa inquisizione entri in acqua. Lo sbalzo termico si fa via via piú orrendo fino ad arrivare ai testicoli, ove milioni di spermatozoi entrano in sonno criogenico.
«Allora, che aspetti?» trilla lei, sguazzando felice «haha, non mi dirai che è fredda! Dai, buttati!»
Trattieni il fiato e salti in avanti. Il corpo si libera dal putridume oleoso per infilarti in un banco di alghe da cui emergi uso cecchino vietnamita. Sguazzi e il refrigerio ti fa star bene. Galleggi, chiudi gli occhi. Il benessere viene interrotto dalle grida stridule di lei-
«MEDUSA! ODDIO CHE SCHIFO, UNA... NO, DU... TRE! QUATTRO! Sono dappertutto! Portami a riva, ti prego!»
Ti carichi sulle spalle la poverina e attraversi un branco di meduse che ti ustionano caviglie, polpacci, pancia. Riattraversi l'inferno di magma sabbioso e la riporti sana e salva alla sua settimana enigmistica. Ti distendi. Chiudi gli occhi. Nell'aria risuona il grido di guerra del popolo: DEEEEEEEENIIIIIIS. È pronunciato dal capo urukai, un'obesa quarantenne simile al gabibbo la cui massima aspirazione è apparire tra il pubblico di Uomini e donne. Sbraita il nome del suo putto. Guardi. Denis è un ragazzino di dieci anni che corre con un pallone.
«DEEEEEEEENIIIIIIIIS» ripete la donna «DEEEEEEEENIIIIIIIS»
Deve urlare il nome di suo figlio, deve emettere il nome stile radiofaro aeronautico, che va a mescolarsi ai vari LUCAAAAAA, MARCOOOOOO, CARLOTTAAAAAA creando una pregevole cacofonia uditiva.
Dalle retrovie appare il popolo della spiaggia. Famiglia cicciomostra con torma di cani che si avventano contro la torma dei cani di un'altra famiglia in un crescendo di ululati, guaiti, ringhi e latrati a cui si sommano le urla dei padroni che tentano di trattenere le bestie dal massacrarsi, ma è complesso giacché le mani sono occupate da mercanzie, neonati e ombrelloni.
«DEEEEEEEEENIIIIIIIS» procede la krapfendonna «DEEEEEENIIIIIIS»
Ti passano davanti tanga, topless e silicone in tutti i formati.
Le guardi per un secondo di troppo e la tua dolce metà sibila "ah, è così che ti piacciono?». Valuti se sopprimerla, poi passi i successivi venti minuti a sproloquiare cazzate a cui non crede neanche lei ma che quietano il bagaglio di insicurezze che si porta dietro.
«DEEEEEEEENIIIIIIIS» grida il parabordi umano «DEEEEEEEEENIIIIIIIIS».
Una vecchia si toglie il vestito e non capisci se ha il reggiseno o le ginocchiere. Arrivano in successione: massaggiatori cinesi, venditori romeni, venditori africani, zingari elemosinanti, sei cani che ti annusano e uno che tenta di pisciarti sullo zaino tra le risate estasiate dei padroni. Quest'anno il Gazzettino ha segnalato già una trentina di furti in spiaggia seguita dall'accoltellamento seriale di tutti gli stewart che allontanano gli abusivi, quindi per fare il bagno tocca fare a turno o al ritorno non trovi neanche la sabbia.
Inizi tu.
L'acqua ora è tiepida, grazie alle vesciche di tutti i presenti. Chiedi permesso e ti fai spazio per raggiungere un fondale accettabile, oltrepassi la barriera di materassini galleggianti a forma di orca, coccodrillo, banana, papera. Schivi il canneto di boccagli da cui eruttano scatarrate e sei finalmente libero. T'immergi, chiudi gli occhi, riemergi.
Gorgogliando bestemmie ritorni a riva e percorri il litorale in cerca della tua dolce metà facendoti largo. Ti sfiorano discorsi su Berlusconi, immigrazione, reddito di cittadinanza, uscita dall'euro, Travaglio, Guzzanti, Beppe in Internet ha detto che. Fendi orde di rabdomanti che agitano al Dio sole iPad, iPhone, tablet e portatili supplicando un segnale wifi con cui postare su Facebook le foto delle loro gambe
Calpesti un castello di sabbia. Il dolore è assoluto e totale. Guardi.
C'era un pezzo di cemento armato dentro.
«DEEEEEEENIIIIIIIS»
Ponderando l'idea che tutto sommato Unabomber aveva le sue ragioni raggiungi la femmina all'ora di pranzo. Dopo aver sbranato le provviste ti metti in coda per un caffè al baracchino.
«Quant'é due caffé?»
«Quattro euro»
Scontrino prebattuto di un euro. Alzi gli occhi, c'è il logo della Lega tra le bottiglie di Aperol. Accerchiato da cani urlanti, bambini schizoidi e genitori isterici sorseggi il tuo goccio di lava, fumi la sigaretta e torni al tuo posto, trovandolo occupato da un gruppo di vecchi che ha costruito una specie di tenda da tornei medioevali. Noti solo in quel momento che dalla sabbia spunta una siringa intramuscolo senza ago.
«Sai» inizia pacata la tua ragazza «forse non mi piace tanto, la spiaggia libera».
Rimanete immobili, consapevoli che quando una donna osa ammettere la remota possibilità di errore un vostro qualsiasi movimento facciale la farebbe esplodere come Semtex.
«Perché?» domandate, candidi.
Una madre appoggia il neonato su un tavolino del bar e schiude il pannolino, rivelando uno tsunami di merda.
«Bè, c'è un po' troppa gente»
«Dici?»
Un tizio finisce la sigaretta e getta il mozzicone sulle mattonelle. La spegne col piede scalzo. Lancia un urlo e saltella tenendosi il piede. E' così facile riconoscere gli elettori di Beppe, qui.
«Cioè, alla fine abbiamo risparmiato dieci euro di ombrellone»
Annuite. In effetti l'anno scorso stavate in una spiaggia semideserta della laguna con un'amica di nome Maria e la giornata è finita a fare l’amore sbronzi tra le dune con falò e dormita in tenda.
Perché ripetere l'errore? dai, in spiaggia privata ci vanno solo gli stronzi. In coda al ritorno ascoltate senza fiatare i motivi per cui lei ha scelto di venire qui, meglio comunque della vostra decisione di spendere la folle somma di 10 euro per uno sdraio e un ombrellone.
«Ma per curiosità» osate «la Maria dov'è andata?»
Litigata di gelosia fino a casa.

15 novembre 2016

"L'infomazione" tratto da "Cuori, cervelli e anime"



- Bene, bene.- Pensava Pompilio. – Bene, bene.- Ripeteva sottovoce, mentre se ne stava seduto sul paracarro di pietra verniciato di bianco, sull’incrocio tra la statale e la strada che, staccandosi da quella, entrava nel paese e lo attraversava per tutta la lunghezza prima di ritornare a inserirsi nuovamente nella strada maggiore, quasi un chilometro più avanti.
-Bene, bene- Ripeteva e scuoteva la testa da un lato all’altro e anche alzandola e, guardando il cielo sopra di lui, spingeva il viso in avanti, come per annusare o assaggiare l’aria.
Era tanto immedesimato nei suoi pensieri da non essersi accorto, oltre che di parlare da solo, dell’automobile che gli si era fermata vicino.
Soltanto quando il signore alla guida, dopo aver abbassato il finestrino, aveva ripetuto per la terza volta, rivolgendosi a lui – Buon uomo, mi scusi!?- Aveva ripreso il contatto con la realtà che gli stava attorno e, visto il tizio che dal finestrino dell’auto lo chiamava, gli prestò attenzione.
- Che c’è? Cos’è? Chi è? Che vuole? –
- Scusi buon uomo, sa dirmi dove si trova l’ufficio postale del paese? -
-Scusi chi? Scusi cosa? Buon uomo? Buon uomo chi? -
- Scusi sa, dicevo a lei, buon uomo. -
-Buon uomo a me? Buon uomo io? E come fa a saper che sono un buon uomo? Ci conosciamo? Qualcuno le ha detto che sono un buon uomo? -
-Bè, non è che lo so o che qualcuno me l’abbia detto, ma  . . . me lo immagino. Guardandola immagino che lei sia un buon uomo, ecco, e le chiedevo dove è l’ufficio postale del paese.-
-Ha! Mi guarda e immagina che sono un buon uomo, è così? -
-Infatti, è così. -
-Allora . . . allora faccia come le dico, mi ascolti. -
-Si, si, grazie mi dica, l’ascolto. -
-Molto bene, allora lei scende dalla macchina. . . mi segue? -
-Si, la seguo, continui. -
-Dunque, dopo che è sceso lei guarda il paese, lo vede il paese, quello lì, lo vede bene?-
-Si, lo vedo bene, il paese, è quello lì, e poi?
-Poi, visto che ha una così gran bella immaginazione, da quel che ho capito. . . he! -
-Heee ?. . . si, si, ha capito bene. Dica, dica. -
-Ecco! Siccome ha immaginato che sono un buon uomo . . .
-Si! Certo, quindi? cosa devo fare?
-Provi anche a immaginarsi dove si trova l’ufficio postale! –