31 ottobre 2022

L'ESERCITO IN GRIGIO-VERDE


Le uniformi contraddistinguono una forza armata e la caratterizzano: l'uniforme è legata al compito che gli è stato affidato, all'organizzazione, alla situazione in cui viene usata, alla disciplina e alla mentalità del tempo. Viene influenzata dal clima e ne conseguono tenute estive e tenute invernali, l'ambiente la differenzia adattandola a quelli artici e alle zone tropicali e varia seguendo l'evoluzione degli armamenti. Verso la fine del milleottocento avvenne una forte spinta evolutiva nelle armi, con i fucili a ripetizione che univano alla rapidità del tiro, maggiore potenza e precisione, con le mitragliatrici capaci di sviluppare un'azione intensa e micidiale per rapidità di tiro e per estensione di bersaglio e e con l'aumento della potenza distruttiva e della gittata delle artiglierie ma, ancor più importante, con la scoperta delle polveri senza fumo, balistite e cordite, che non provocavano le dense cortine fumogene, tipiche della polvere nera, nelle esplosioni. Tali innovazioni portarono al superamento delle tattiche di combattimento fino ad allora usate e sui campi di battaglia non si mandarono più avanti le formazioni compatte, ma si impiegarono le unità in formazioni libere. Il nuovo modo di fare la guerra indusse a rendere meno visibili i singoli soldati e, ai vertici dei vari eserciti, si cominciò a considerare la necessità di modificare le uniformi fino ad allora in uso, passando dalle troppo evidenti divise sui campi di battaglia sgombri dalle dense cortine di fumo, a delle uniformi mimetiche, meno individuabili nell'ambiente. Il primo ad adottare una uniforme cromaticamente inserita nell'ambiente fu l'Esercito Russo, a seguito delle forti perdite subite nella guerra con l'Impero Giapponese del 1904/05 a causa delle vistose divise sul terreno sgombro da cortine fumogene. All'inizio del novecento la divisa in uso nell'Esercito Italiano, benché regolamentata dalla riforma del 1871, conservava ancora molte delle caratteristiche introdotte alla sua nascita nel 1861, tutte le armi del giovane Esercito Sabaudo, sia quelle a piedi, che quelle a cavallo e quelle tecniche, risentivano ancora delle tradizioni dall'Armata Sarda e in modo particolare nell'abbigliamento, in molti casi caratteristico e appariscente. Ai cambiamenti in atto negli eserciti europei si interessò un civile, il presidente del Club Alpino Italiano, Luigi Brioschi che propose, per le truppe Alpine, una uniforme con foggia più funzionale e di colore tale da confondersi con l'ambiente circostante. Brioschi sottopose delle uniformi, confezionate a sue spese, al tenente colonnello Donato Enza, comandante del Battaglione Alpino Morbegno e al comandante del 5° Reggimento Alpini, il Colonnello Francesco Strazza, che interessati al progetto, le fecero indossare agli alpini di un plotone della 45°compagnia al comando del tenente Tullio Marchetti, che durante la grande guerra sarà a capo dell'Ufficio Stampa della 1^Armata. Nelle prove di avvistamento apparve chiaramente la difficoltà di individuazione del plotone e in quelle di tiro risultò difficile distinguere e colpire, a 600 metri, le sagome con quei nuovi colori. In seguito venne sensibilizzato il Ministero della Guerra che valutò tale innovazione in occasione delle manovre dell'esercito, confermandone la validità. Vinte anche le resistenze degli ambienti militari più conservatori, si giunse all'adozione della nuova uniforme con la circolare del Giornale Militare Ufficiale n. 458 del 4 dicembre 1908, per fanteria, alpini, bersaglieri e artiglieria e con la successiva circolare n.97 del 3 febbraio 1909 l'uniforme venne estesa anche alla cavalleria. L'uniforme del Regio Esercito assunse la colorazione grigio-verde nello stesso periodo in cui anche negli altri eserciti si procedeva all'adozione di tenute di tipo mimetico, così avvenne nell'Esercito Imperiale Tedesco (Kaiserreichsheer) che adottò il feldgrau, un grigio chiaro verdognolo e nell'Esercito Imperiale Russo (Russkaja imperatorskaja armija) che, dopo la guerra con il Giappone, sostituì il vistoso bianco delle giubbe con il verde oliva. L'Esercito Inglese (British Army) adottò il monocolore kaki per le uniformi nel 1905, di seguito anche l'impero Austro-Ungarico scelse per il suo Esercito (kaiserliche und königliche Armee) prima un grigio-azzurro l'hechtgrau per sostituirlo, nella grande guerra, con il feldgrau. Ultimo, dopo qualche anno, l' Esercito Francese (Armée de Terre) che soltanto nel 1914 deciderà di introdurre il drap Blue Clair, poi conosciuto come blue horizon.

Uniforme di marcia e di campagna del Regio Esercito modello 1909

All’inizio del 1900 l’Italia aveva un esercito di leva; il sevizio militare era obbligatorio, durava tre anni ed era rivolto agli uomini, dai 19 ai 38 anni, abili nelle tre classi di leva. Per tutti i soldati del Regio Esercito l'uniforme da guarnigione in uso era rimasta, senza grandi modifiche, il modello 1871 che si componeva di una giubba turchina, ampia e comoda, "ma in modo che si acconci con garbo alla persona", ad un petto con colletto in piedi su cui erano applicate le stellette a cinque punte, istituite con Regio Decreto del 3 dicembre 1871, era chiusa da una bottoniera nascosta di cinque bottoni, mentre i calzoni erano in tela più o meno chiara a seconda delle armi. 



L'armamento individuale consisteva nel fucile Vetterli-Vitali modello 1870/87 mono colpo calibro 10,35 x 47 mm, completo della lunga sciabola-baionetta innestabile. Il nuovo regolamento dei capi di vestiario venne divulgato con la circolare n. 386 del 22 settembre 1909 e iniziò la graduale distribuzione dell'uniforme grigio-verde definita Uniforme di marcia e di campagna del Regio Esercito modello 1909. Sarà impiegata in combattimento, corredata di elmetto coloniale, nel 1911 in Libia e l'esperienza fatta nella guerra contro l'Impero Ottomano (1911-12), favorì la successiva revisione dell'armamento e dotazioni dell'esercito. Il cambio delle uniformi venne completato, dopo un periodo di accavallamento fra vecchie e nuove uniformi, a partire dal 1913 e la nuova tenuta era composta da una giubba ed un pantalone di panno pesante grigio-verde, con piccole differenze se destinata ad armi a piedi (fanteria, alcune specialità di artiglieria e genio) o armi a cavallo (cavalleria, artiglieria e carabinieri). La giubba veniva indossata sopra un gilet, sempre in panno grigio-verde, con collo a V ad un petto e con due taschini, chiuso con una fila di cinque bottoni, sotto al gilet era indossata la camicia con cravatta a solino bianco. 



Il corredo era completato dalla buffetteria che comprendeva cinturino, giberne, bandoliera verniciati in grigio-verde ed inoltre, una borraccia in legno mod.1907 Guglielminetti, un tascapane in tela a tracolla e lo zaino dove era riposto il corredo personale, detto il “bottino”. Al momento dell'intervento italiano nella prima guerra mondiale, nel Regio Esercito l'uniforme divenne, in linea generale, uguale per tutti i componenti; con la stessa foggia veniva vestito, sia il Re che l'ultima recluta e tutti portavano, anche se con diverse differenze tra ufficiali e truppa, lo stesso berretto, la stessa giubba, gli stessi pantaloni, le stesse fasce gambiere.

L'equipaggiamento da truppa nella grande guerra

Nella prima guerra mondiale il militare di truppa del Regio Esercito indossava una uniforme grigio-verde modello 1909 per truppa che si componeva di una giubba a un petto chiusa da bottoni in cartone pressato, non aveva tasche e sul bavero in piedi erano cucite le mostrine, introdotte con Decreto Ministeriale il 24 aprile 1902, di forma rettangolare e completate da una stelletta a cinque punte. Le spalle della giubba erano rinforzate e all'attaccatura delle maniche portava cuciti gli spallini o salsicciotti che avevano lo scopo di impedire agli spallacci dello zaino o alla cinghia del fucile di scivolare. Sulla vita scendevano due spacchi laterali provvisti di bottoni e nell'interno, foderato in tela di cotone, c'erano due tasche chiuse a bottone destinate a contenere i pacchetti medicazione. I pantaloni erano lunghi e stretti alla caviglia da due laccetti, venivano ricoperti inferiormente dalle fasce mollettiere avvolte fin sotto il ginocchio, per le armi a cavallo erano previsti dei gambali in cuoio nero chiusi da cinghie. Le fasce mollettiere servivano per proteggere polpacci e stinchi da urti e graffi, nonché a evitare che l'acqua penetrasse all'interno degli scarponi. Venivano indossate sopra al bordo superiore degli scarponi e avvolte intorno alla gamba fin sotto al ginocchio ma presentavano alcuni problemi pratici, nell'ambiente di trincea assorbivano acqua e si gonfiavano, interferendo con la circolazione e, una volta asciutte, tendevano a cadere. I piedi venivano avvolti nelle “pezze da piedi”, strisce di stoffa utilizzate come delle calze e li tenevano freschi d’estate e caldi d’inverno, la loro forma poteva essere quadrata o triangolare di circa 40 cm di lato, se quadrate o di circa 75 cm, se triangolari. Le pezze, oltre ad essere più economiche e semplici da realizzare, si asciugavano più velocemente dei calzini ed erano più resistenti all'usura, l'inconveniente maggiore consisteva nelle eventuali pieghe che si formavano facilmente durante la marcia, causando rapidamente vesciche o escoriazioni. Le calzature consistevano in stivaletti modello 1912 con gambaletto alto, in cuoio naturale scurito dall'ingrassaggio per impermeabilizzarli, avevano suole chiodate con bullette a testa tonda, per le truppe alpine erano più pesanti e con una chiodatura rinforzata. Il copricapo per tutti i militari durante il servizio, ad esclusione dei Carabinieri che avevano la lucerna, gli alpini che mantenevano il cappello con la penna e i bersaglieri il piumetto, consisteva in un cappello in feltro con visiera e sottogola chiamato per la forma, “cupolino” o “scodellino”. 



Il soldato, sulla linea del fronte, era obbligato ad indossare l'elmetto metallico Adrian modello 1915 di acciaio con spessore 0,7 mm che all'inizio del conflitto veniva importato, in via sperimentale, dalla Francia e distribuito in numero limitato (6 per compagnia). Dal 24 aprile 1916 verrà adottato e prodotto in Italia assumendo la denominazione di “elmetto metallico modello 1916”, si differenziava di poco dal francese ma era di acciaio più scadente, venne distribuito in larga misura e, a partire dal 1917, era completato con una foderina antiriflesso in tela grigia. Altri elmetti furono introdotti, come il pesante elmo Farina in acciaio dello spessore da 1,1 a 1,7 mm, ideato dall'Ing. Farina fu costruito a Milano in due taglie: il peso della piccola era di circa 1850 gr, contro i 2250-2400 gr. della grande ne esistevano varianti con piastre verticali para-nuca e para-fronte arrotondate. L'arma principale era il fucile Carcano modello 91, e l’alone leggendario che lo avvolse lo fece diventare un simbolo del nostro esercito, sostituì il fucile Vetterli-Vitali Modello 1870/87 e nacque nelle Fabbriche di Armi dello Stato. Il Carcano modello 1891 lungo divenne ufficialmente il fucile standard della fanteria italiana il 29 marzo 1892 (resterà in uso fino al 1945), in seguito furono adottati il moschetto da cavalleria (15 luglio 1893) e la carabina T.S.(truppe speciali, 6 gennaio 1900). L'arma prendeva il nome da Salvatore Carcano della Fabbrica d'Armi di Torino che lo progettò in collaborazione col generale Parravicino dell'Arsenale di Terni, era una carabina con sistema di caricamento Mannlicher a pacchetto con otturatore girevole-scorrevole, pesava 3,850 Kg ed era lungo 1280 mm, il funzionamento era a ripetizione manuale con serbatoio a pacchetto-caricatore con piastrina di 6 colpi calibro 6,5 x 52 mm. La canna era lunga 780 mm, aveva la rigatura con andamento destrorso con tacca di mira regolabile e mirino fisso ed era montata su un calcio costituito da un monopezzo in noce, faggio o frassino. Il soldato veniva dotato anche di una baionetta innestabile sul fucile, con l'adozione del fucile mod. 1891, la lunga "sciabola-baionetta modello 1870" d'epoca risorgimentale venne sostituita da una nuova, ridisegnata e concepita per un uso più funzionale alla nuova strategia di combattimento. La “Baionetta Modello 1891”, aveva una lama lunga 30 cm e la guardia terminava, nella parte inferiore, con l’anello di tenuta per l'innesto sul fucile, l'impugnatura aveva guancette in legno lisce tenute in sede da due rivetti, la lunghezza complessiva dell’arma non superava i 41 cm ed era riposta in un fodero di cuoio nero con finimenti d'ottone appeso al cinturino da truppa mod. 1891. Nel corso della guerra vennero prodotte delle baionette "Ersatz", ovvero semplificate per economizzare le materie prime e velocizzare la produzione, potevano essere completamente metalliche, fuse in un sol pezzo, oppure formate da un manico metallico tubolare sul quale erano innestate lame di recupero dei vecchi fucili Vetterli. I sottufficiali di truppa avevano in dotazione anche una pistola a rotazione: il Revolver Bodeo mod. 1889 tipo A da truppa 1^ serie priva di ponticello e con grilletto ripiegabile, soprannominata per la forma “osso di prosciutto”, veniva portata nella fondina fissata al cinturino o alla bandoliera. La buffetteria per le armi a piedi, in cuoio verniciato in grigio-verde e destinata a rendere possibile o più agevole portare le armi e le munizioni, comprendeva un cinturino al quale venivano appese due coppie di giberne mod.1907 che contenevano 16 caricatori da 6 cartucce ed erano agganciate ad una bretella di sospensione per sostenerle, per le armi a cavallo e l'artiglieria erano previste bandoliere a tracolla con porta caricatori a quattro tasche. Sempre a tracolla veniva portato anche un tascapane mod. 1907 in tela impermeabilizzata grigia che conteneva: una pagnotta, un fazzoletto, un paio di calze di lana, gallette e vari generi alimentari in appositi sacchetti, una tazza di latta. Appesa al petto trovava posto una scatola di latta che conteneva la maschera a protezione unica per la difesa dai gas, sulla scatola c'era una scritta ammonitrice: “chi si leva la maschera muore tenetela sempre con voi”. Il fronte Italiano era prevalentemente montano e si estendeva anche ad alte quote, ai reparti esposti a quei climi rigidi venivano dati in dotazione, oltre ai cappotti e alle mantelline in uso normale per l'inverno, pesanti pastrani in pelle di pecora con pelo rivolto all'interno completi di guanti, passamontagna e voluminose sovra calzature per combattere il freddo. La guerra in montagna portò al diffondersi di indumenti che, oltre a difendere dai rigori delle alte quote, potessero mascherare il soldato nell'ambiente innevato. Si provvide all'introduzione, nel corredo dei reparti combattenti in quota, di gabbani in tela bianca impermeabile con cappuccio, di passamontagna in lana con viso coperto e guanti monchini a moffola in lana pesante pettinata, di scarponi con gambali in tessuto impermeabile e di ramponi da ghiaccio a sei e otto punte da applicare alle suole. La diffusione di tute mimetiche bianche, chiamate costumi, venne successivamente integrata da un equipaggiamento più specifico, a seguito dell'organizzazione di corsi per “skiatori” che avevano in dotazione sci lunghi circa due metri e larghi otto centimetri, con attacchi Huitfeld e due bastoni in bambù. L'equipaggiamento era completato dallo zaino mod.1907 in tela impermeabile grigio-verde, con rinforzi in cuoio e metallo, che conteneva gli accessori per la pulizia personale e dell'arma, le razioni di cibo di emergenza e ulteriori caricatori, un quarto di telo da tenda per uso individuale o in gruppo di quattro teli a formare una tenda completa e, molto importante per ogni soldato, la gavetta mod.1896, completa di gavettino, cucchiaio e coperchio, che diventava il piatto. La gavetta degli alpini e dell'artiglieria da montagna, mod. 1872, era più che doppia, il regolamento prevedeva che in montagna un soldato portasse il rancio per due e quello sgravato del peso della gavetta portava la legna da ardere. Il vestiario comprendeva panciere, corsetti di lana, guanti, sciarpe, una coperta individuale che, arrotolata, veniva fissata con cinghie sopra allo zaino al cui fianco veniva appeso il picozzino-zappetta. Dal 1916 venne fornita una vanghetta da sterro, in lamiera di acciaio, nell'impugnatura sette tacche numerate distanti una dall'altra 5 cm per misurare e verificare con immediatezza lo scavo compiuto, l'attrezzo ben riuscito per l'uso per cui era stato progettato, in trincea, per la sua compattezza, diventava un'arma micidiale nei combattimenti corpo a corpo. A tutti i militari di truppa veniva consegnato un piastrino di riconoscimento, un primo tipo venne adottato con circolare n. 207 del 5 novembre 1892, consisteva in una lamina di zinco rettangolare che veniva cucita nella giubba e riportava i dati del militare scritti con inchiostro zincografico indelebile. La circolare n. 299 del 22 maggio 1916 dispone un nuovo tipo di piastrino costituito da una sottile custodia rettangolare di latta cromata apribile, da portare al collo, che conteneva un documento cartaceo ripiegato dove erano annotati i dati del militare e le vaccinazioni.

Gli Ufficiali

Gli ufficiali del Regio Esercito indossavano una uniforme da combattimento in panno grigio-verde in osservanza alla circolare del comando supremo n. 3338 del 10 settembre 1915, in sostituzione della divisa in cordellino che li rendeva facilmente distinguibili dalla truppa. La circolare stabiliva che la giubba degli ufficiali fosse la stessa della truppa e priva di tasche, ma in seguito fu concesso di applicare esternamente alla giubba da truppa quattro tasche e nel tempo le varianti furono comunque numerose, poiché le uniformi degli ufficiali erano spesso confezionate da sartorie private. La giubba da ufficiale aveva un taglio simile a quella in cordellino, con quattro tasche esterne, due all'altezza del petto e due ai fianchi, applicate a toppa con soffietto e chiuse con bottone, sul retro era provvista di una finta martingala cucita e di uno spacco centrale. Le spalle erano guarnite con controspalline semi fisse, chiuse con bottone e portavano un riquadro di tela nera con ricamato il numero della compagnia di appartenenza. Sul bavero venivano applicate le mostrine mentre i distintivi di grado, costituiti da stellette ricamate in canutiglia, vennero spostati dalle spalline alla parte anteriore dei paramani, al fine di rendere meno visibile il grado da ufficiale dai cecchini austriaci. Sotto la giubba di solito veniva indossata una camicia di cotone bianco con collarino sostituibile, i polsini erano chiusi da gemelli. 



L'ufficiale indossava pantaloni in panno, corti e stretti sotto il ginocchio, la parte inferiore delle gambe era avvolta con fasce mollettiere e calzava stivaletti mod. 1912 con suola chiodata, in alternativa venivano indossati stivali o gambali, verso la fine della guerra gli ufficiali vennero autorizzati ad indossare, a somiglianza degli eserciti alleati, un cinturone di cuoio marrone all'inglese “Sam Browne”. Ad ogni ufficiale veniva consegnata una tessera personale di riconoscimento, il documento conteneva i dati anagrafici, la fotografia, il grado e l'unità che l'aveva rilasciata. In battaglia gli ufficiali non portavano più la sciarpa azzurra, la cui origine è da attribuirsi al duca Emanuele Filiberto di Savoia “Testa di Ferro” nel 1572, eliminando così l'antica consuetudine di mostrare al nemico i colori del loro signore. Il copricapo di servizio era il berretto a chepì, che rimarrà in uso fino al 1933, ma in linea avevano l'obbligato di indossare l'elmetto Adrian grigio-verde con fregio frontale. Il corredo dell'ufficiale e gli effetti personali erano contenuti nella cassa corredo, affidata alle cure dell'attendente, che seguiva l'ufficiale sui mezzi di trasporto dell'unità di appartenenza. Nel corso della guerra gli ufficiali conservarono inizialmente la sciabola, opportunamente brunita e appesa al cinturone, successivamente vennero armati, fino al grado di maggiore, con moschetto e bandoliera a due giberne. L'arma d'ordinanza era una pistola, assicurata al correggiolo di cuoio passante intorno al collo e conservata nella fondina appesa al cinturone mod.1914 da ufficiale in cuoio grigio-verde. con fibbia brunita recante in rilievo l'aquila di casa Savoia. All'inizio del conflitto erano in dotazione già diversi modelli di revolver, nel corso della guerra vennero introdotti nuovi modelli di pistole semiautomatiche e automatiche:

-La rivoltella a rotazione Chamelot-Delvigne, denominata ufficialmente Pistola a rotazione modello 1874, di fabbricazione svizzera con calibro 10,35 mm, che nel dicembre del 1886 Carlo Bodeo modificò. rendendola più sicura e facilmente smontabile. Diventò ufficialmente la Bodeo modello 1889 da ufficiale calibro 10,35 con ponticello e fu l'arma d'ordinanza in dotazione a ufficiali, dagli ultimi anni del'800 fino alla prima guerra mondiale.

-Il revolver Tettoni o Arma di rincalzo del Regio Esercito modello 1916 calibro 10,35 mm, costruita in Spagna dalla Hermanos Orbea, era una pistola massiccia chiamata la “sfondaelmetti”.

-La Glisenti modello 1910 calibro 9 mm, fu la prima pistola semiautomatica d’ordinanza del Regio Esercito, si dimostrò un'arma eccellente e semplice da maneggiare, venne soprannominata la Luger dei poveri.

-La pistola automatica Beretta modello 1915, della Fabbrica d'Armi Pietro Beretta, brevettata il 29 giugno 1915, fu subito adottata dal Regio Esercito, prodotta prima con calibro Glisenti 7,65 mm, poi 9 mm nel modello 1917, venne adottata anche dalla Regia Marina al posto della pistola Brixia modello 1913.

Gli Arditi

Dopo la pesante sconfitta del Regio Esercito a Caporetto e la rovinosa ritirata fino alla linea difensiva del Piave, emerse la necessità di ridare morale alle file di un esercito meno coeso a seguito di quei disastrosi avvenimenti. Nel 1917 vennero creati i Battaglioni d'Assalto, mutuati dalle Sturmtruppen, le speciali truppe d'assalto dell'Esercito Tedesco, "per cambiare l'organizzazione della battaglia offensiva". La nascita dei battaglioni d'assalto deriva dalle sperimentazioni fatte sul campo da brillanti ufficiali italiani, stanchi della guerra di trincea. Vennero messe in pratica nuove tecniche di combattimento e anche l’uniforme fu studiata in modo da essere più funzionale e distintiva. I militari indossavano una “giubba per arditi mod. 1917” confezionata per i reparti d'assalto, derivata dalla giubba mod. 1910 per bersaglieri ciclisti ma a collo risvoltato e aperto, per permettere una migliore aerazione del corpo, che portava cucite le stellette e le fiamme distintive di quei reparti. La giubba era provvista di contro spalline semi fisse ed aveva due tasche a toppa sul petto, sul retro c'erano due spacchi laterali provvisti di bottoni e una grande tasca alla cacciatora ricavata in fondo alla falda. Sulle maniche, oltre ai gradi, era cucito il distintivo della specialità, un gladio romano con ricamato in lana nera il motto F.E.R.T. di casa Savoia e circondato da una fronda d'alloro e una di quercia, sotto la giubba veniva indossato un maglione di lana grigio-verde con collo alto a coste. I pantaloni erano del tipo per truppe da montagna, ampi e terminanti sotto al ginocchio, stretti da due fettucce, mentre la parte inferiore delle gambe era protetta da calzettoni di lana grigio-verde. L'Ardito calzava stivaletti da montagna in cuoio naturale con suola chiodata e indossava un elmetto mod. 1916 d'acciaio ricoperto da una foderina in tela. L'armamento individuale era costituito dal moschetto mod. 1891 T.S. o da cavalleria, completo di baionetta a spiedo, pieghevole, fissata stabilmente all'estremità della canna.



 L'arma più caratteristica in dotazione era il pugnale, ricavato dall'estremità della lama delle lunghe baionette mod. 1870 del fucile Vetterli, accorciate perché troppo ingombranti per il tipo di guerra che conducevano. Disponevano però anche di armi speciali come la Fiat mod. 1915 Villar Perosa, la prima pistola mitragliatrice, progettata nel 1914 dal capitano Abiel Bethel Revelli di Beaumont, che aveva caratteristiche del tutto rivoluzionarie: univa infatti alla micidiale cadenza di fuoco, il munizionamento per pistola e la possibilità di essere trasportata a tracolla. Al cinturino da truppa venivano agganciate una coppia di giberne contenenti 8 caricatori per il moschetto, sostenute da passanti semi fissi della giubba, sempre a tracolla veniva portato il tascapane mod.1907 grigio-verde per contenere le bombe a mano che, se poco diffuse all'inizio della guerra, subirono una crescente importanza per diventare uno degli armamenti più usati dagli assaltatori. Le bombe a mano si dividevano in due tipi, quelle difensive con effetto ad ampio raggio per cui il lanciatore doveva ripararsi e quelle offensive, che erano lanciate allo scoperto e anche di corsa, dato lo scoppio immediato all'urto, ma con un effetto di minor raggio. Dall'inizio del conflitto ne furono introdotti vari tipi, i più diffusi tra gli Arditi erano: il petardo Thévenot2 e la bomba Excelsior Thevenot P2 detta la ballerina di progettazione francese, il Petardo Offensivo con innesco Olergon, la bomba lenticolare Spaccamela e quella a frammentazione SIPE (Società Italiana Prodotti esplosivi) di produzione Italiana, la granata Carbone, versione italiana della Zeitzunder austriaca. Gli Arditi portavano a tracolla, nella sacca di tela o nella scatola di latta, la maschera polivalente Z a protezione unica modello 1917, che aveva la forma di un imbuto in tela gommata, ricopriva interamente le guance e incorporava gli occhiali in celluloide. La maschera conteneva 60 strati di garza tampone imbevuta di sostanze neutralizzanti e aveva sostituito la monovalente Ciamician-Pesci, introdotta all'inizio della guerra e inefficace contro il gas fosgene che, usato dagli austro-ungarici negli attacchi al monte S. Michele il 29 giugno 1916, provocò circa 6000 vittime. Nell'ultimo anno di guerra vennero distribuite maschere antigas M2, di produzione francese a 32 strati di garza tampone imbevute di ricinato di ricino, contro fosgene, cloro e acido cianidrico, arrivarono anche le più efficienti SBR (small box respirator) inglesi in tela e gomma sintetica con filtro di carbone attivo e occhiali in vetro. L'uniforme indossata nel corso della grande guerra rimase in uso nell'Esercito Italiano, quasi invariata, ancora per molto tempo, fino alla riforma dell'esercito del 14 novembre 1933 a firma del sottosegretario al Ministero della Guerra, generale Federico Baistrocchi.