28 dicembre 2014

Inverno, festività, neve, freddo, cosa c'è di meglio di un tipico piatto veneto.



Se gavi deciso de farlo in tecia, ocore prima de tute che serche' de vedare qualo ch'el ze' quelo pi' in carne, sperando de intivarghene uni che nol gai supera' i do ani de eta' e che la so parona la ve gabia fato on dispeto tempo indrio.
Na bona matina toli' su el s-ciopo e ve' fora bonora, disendo in casa ca ve ciapare on bigolo de aria fina.
Mejo de tuto saria ch'el di prima gavesse fato na bela nevega' da quela che resta par tera quindase di'.
Apena ca ocie' el gato in parola fe finta de gnan vedarlo; scondive de drio on canton, carghe' el s-ciopo e fe quelo che gavi da fare. Portevelo casa rento la sporta de la spesa, par strada salude' tuti e a chi che ve domanda cossa ca gh'in fe' del s-ciopo, disighe ca si na' a trarghe a on pantegan.
Na volta riva' casa sare' ben el cancelo, ne' in te l'orto e piche' su s'on palo el gato, verzighe la pansa cofa' on conejo e tireghe fora tute lebuele teghendo da parte el figa'.
Tajeghe via la testa e deghela al can.
Scave' desso na busa ne la neve, metive rento el gato e po coersila da novo.
Ve' in casa, meti' in giassara el figa' del gato in na scudela e ve' in seciaro a lavarve le man fa Ponsio Pilato e po da l'osto a bevarve un goto.
Al sabo ve confessarve e la domenega a tore la Comunion! Lasse' el gato soto la neve par oto giorni, stasendo sempre tenti ch'el sia ben coerto e ch'el can resta liga' a caena.
Dodase ore prima de metarlo su in tecia tirelo fora da la busa e ch'ol ze' deventa' tenaro, pelelo e lavelo puito, lassandolo po' taca' a sgiossarse.
Felo a tochiti e metili in ona piana co na siola, na carota, na gamba de seino, on spigolo o do de ajo, el tuto trita', treghe rento anca do foje de doraro qualche gran de pevare e quatro-sinque de denevre, on spisigon de droghe e quanto sale ch'el basta.
Neghelo de vin bianco pitosto seco e desso metilo in te la moscarola in caneva a marinarse par tuta la note.
La matina scole' i tochi de carne dal vin, sugheli puito e feli rosolare in onantian co'n poco de ojo.
Co' i ga' ciapa' a colore caveli via da l'onto e vode' fora quelo che ze resta', peste' fina na siola, on pugneto de parsimolo e on spigolo de ajo, po meti' tuto ne l'antian co' na s-cianta de buro e ojo zontandoghe dele fojete de salvia e on rameto de rosmarin.
Lasse' sfritegare e po meti' rento i tochi de gato.
Dopo diese minuti buteghe insima anca quatro-sinque pomodori pela' pena verti, o se no on poca de conserva.
Missie' col guciaro de legno, zonteghe on biciere de vin bianco e uno de rosso.
Metighe su el coercio e fe' cusinare par on'ora e mesa / do', bagnando co del brodo se se suga massa.
A la fine unighe el figa' trita', meti' i tochi de gato col so pocieto sol piato e porteli in tola compagnandoli co' la polenta calda. Disighe ch'el ze conejo nostran, sleva' a erba e farinasso e vedari' che rassa de figuron che fari'.
Co' i ga ben magna' e bevu', servighe, insieme co la graspeta, la novita'.....

10 giugno 2014

Fratel Napolitano



Lo ammetto, mi ha preso per il culo. Come 60 milioni di italiani, che almeno durante il suo primo mandato si sono dimenticati del suo passato e hanno sperato che fosse realmente una figura che avrebbe protetto Paese e Costituzione. E invece, ha seguito passo dopo passo il volere della Troika, ufficialmente non ancora in Italia, o almeno non completamente. Quando Berlusconi ha espresso il volere di portare l’Italia NON  fuori dall’Europa ma DALL’EURO, Napolitano ha risposto alla telefonata della Merkel e ha silurato il Cavaliere, mettendo al suo posto un uomo Bilderberg, esattamente come ha fatto quando Bersani non è riuscito ad avere una maggioranza e così Letta Bilderberg è risultato perfetto.
Altro che figura al di sopra delle parti, un vero dittatore nascosto sotto la forma del nonnetto rincoglionito.
Ha fatto distruggere le sue intercettazioni con l’ex Ministro Nicola Mancino durante al trattativa Mafia-Stato. Ha messo al Governo banchieri che in 17 mesi hanno massacrato il Paese, senza togliersi neppure un 1 di emolumenti durante l’ennesima fase, finta, di spending review.
Giorgio Napolitano ci costa più dell’intero apparato della Regina d’Inghilterra, ed i suoi poteri sono tali da aver trasformato una Repubblica Parlamentare in una Repubblica Presidenziale, calpestando Costituzione e cittadini.

Ma ora sta per uscire un libro, scritto da Ferruccio Pinotti e Stefano Santachiara,  “Tutti i segreti della sinistra”, che racconta con fatti e certezze come le affinità, che non sono passate immuni agli occhi di molti, tra Napolitano e Berlusconi, sembravano più “sintonie che spesso vanno oltre la simpatia personale e il reciproco rispetto che può esistere tra figure che dovrebbero essere radicalmente lontane, sia per storia intellettuale e professionale sia per schieramento politico. Di Berlusconi è nota l’appartenenza massonica, che non si manifesta solo nella documentata affiliazione alla loggia P2 di Licio Gelli, ma anche nel sistema di simboli che costellano il cosiddetto mausoleo di Arcore, la tomba che il Cavaliere ha fatto realizzare per sé e per i propri cari dallo scultore Pietro Cascella. Ma c’è dell’altro.”
Secondo il discusso leader del Grande Oriente Democratico, Gioele Magaldi, non vi sono dubbi che Napolitano sia un “fratello”. Ma le prove di queste affermazioni arrivano sempre dal sopracitato libro: “abbiamo incontrato un’autorevole fonte, che ha chiesto di rimanere anonima: un avvocato di altissimo livello, cassazionista, consulente delle più alte cariche istituzionali, massone con solidissimi agganci internazionali in Israele e negli Stati Uniti, figlio di un dirigente del Pci, massone, e lui stesso molto vicino al Pd. La prima indicazione che ci offre è interessante: «Già il padre di Giorgio Napolitano è stato un importante massone, una delle figure più in vista della massoneria partenopea». Avvocato liberale, poeta e saggista, Giovanni avrebbe trasmesso al figlio Giorgio (notoriamente legatissimo al padre, che ammirava profondamente) non solo l’amore per i codici ma anche quello per la «fratellanza». A rafforzare la connotazione «muratoria» dell’ambiente in cui è nato Giorgio Napoletano c’è un altro massone, amico fraterno del padre: Giovanni Amendola, padre di Giorgio, storico dirigente del Pci e figura fondamentale per la crescita intellettuale e politica dell’attuale presidente della Repubblica. Va detto che l’appartenenza alla massoneria non è un reato, anzi, molto spesso figure a essa legate sono diventate protagoniste di rivoluzioni innovatrici e progressiste. Il fatto indiscutibile, però, è che il legame massonico rappresenta una modalità di gestione del potere di cui poco si conosce e che è spesso determinante per capire i fatti più recenti della politica italiana e internazionale. La nostra fonte ha conosciuto bene e conosce Napolitano, cui si considera molto vicino. «Tutta la storia familiare di Napolitano è riconducibile all’esperienza massonica partenopea, che ha radici antiche e si inquadra nell’alveo di quella francese. Per molti aspetti Napolitano è assimilabile a Mitterrand, che era anche lui massone. Si può stabilire un parallelismo tra i due: la visione della république è la stessa, laica ma anche simbolica. L’appartenenza massonica di Napolitano è molto diversa da quella di Ciampi, fa riferimento a mondi molto più ampi. Ciampi inoltre è un cattolico. Napolitano si muove in un contesto più vasto.”Quindi, un sunto.
Abbiamo un Presidente Massone, che evidentemente cura gli interessi dei “fratelli” e non dei suoi cittadini, e l’ha dimostrato più volte. Un Premier che è del Club Bilderberg, dove banche e speculatori la fanno da padroni. Stiamo per diventare figli di Troika come la Grecia, per la quale ormai non c’è più speranza. Sottomessi al nazismo Merkeliano.
Diciamolo in tre parole: SIAMO NELLA MERDA. O ci si sveglia ora, o la Grecia non è un miraggio tanto lontano.
                                                     Da “Pensieri esasperanti di un ex imprenditrice esasperata”

06 maggio 2014

VINO NATURALE



Il vino cosiddetto naturale è decisamente più buono di quello “truccato” che troviamo solitamente in commercio per 3 motivi:
è più buono in bocca perché ogni vino, per non dire ogni bottiglia, ha un carattere particolare ed è la vera espressione del “terroir” da cui proviene.
è più buono in corpo perché, essendo molto più digeribile, ne puoi bere anche in abbondanza e non ti darà quei feroci mal di testa che pensavi fossero normali.
è più buono in terra perché mantiene il suolo vivo, permettendo a tutti i micro-organismi che lo abitano di esistere e di nutrire la vite e l’uva.
Certo, non sempre è facile bere un vino naturale. A volte possono risultare un po’ troppo diversi da quello a cui ci hanno abituato in questi anni con l’aiuto della cosmesi enologica, ma col tempo si comincia a capire che il vino migliore è quello e poi non si riesce più a tornare a quel gusto finto che hanno la maggior parte dei vini convenzionali.
Chi sono i produttori di questi magnifici vini?
Sono persone che hanno capito che rispettando gli equilibri della natura si ottengono piante più sane e vini migliori. Sono uomini e donne che hanno a cuore la loro terra e le loro uve e si rifiutano di usare sostanze artificiali per produrre i loro vini.
Ma che cosè un vino fatto con metodi naturali?
È un vino che non conosce la chimica di sintesi né in vigna, nè in cantina e fermenta con i lieviti della sua uva e non con quelli selezionati da qualche industria alimentare. Questo gli permetterà di esprimere il suo vero carattere. Spesso, ma non sempre, viene “protetto” con una minima dose di anidride solforosa. Ci sono poi degli aspetti che lo possono rendere sempre più “puro” come: nessun uso di zolfo o rame per proteggere la vite dalle malattie, nessuna temperatura controllata in fase di fermentazione, nessun filtraggio o chiarificazione e nessuna aggiunta di solfiti.
produttori che Non usano nessun agente chimico di sintesi in vigna perchè sappiamo che questi, oltre ad avvelenare la pianta e il suo frutto, uccidono tutta quella vita micro-organica che si nutre dalla pianta e in cambio le dona tutte quelle proprietà che la renderanno unica.
Usano solo i lieviti spontanei delle loro uve per fermentare i loro vini.
Non usano additivi di nessun genere in cantina per correggere il naturale svolgimento della fermentazione del mosto in vino, a parte (e non sempre) modiche dosi di anidride solforosa.
Per tutto il resto, più un produttore è puro e più noi lo stimiamo e se ci darà un gran vino allora avrà tutta la nostra riconoscenza.
Il vino è l’unico prodotto alimentare che per legge non deve riportare in etichetta gli ingredienti di cui è fatto. Questo permette a chi lo produce di “truccarlo”, senza doverlo dichiarare al consumatore, basta che rientri nei parametri stabiliti. Quasi tutti i vini che sono in commercio sono corretti in modo da apparire più buoni di quello che sarebbero se fossero fatti di sola uva fermentata.
Per fortuna ci sono degli agricoltori che rifiutano questi metodi e, attraverso un serio lavoro in vigna senza l’aiuto della chimica, ottengono uve sane per trasformarle in vino senza altre aggiunte se non, a volte, piccole dosi di solfiti.
Cosa sono i solfiti?
L’anidride solforosa (o biossido di zolfo – SO2) è un gas incolore, dall’odore pungente. Nonostante la sua elevata tossicità viene usata come additivo, insieme ai suoi derivati, in tutti campi alimentari compresa l’enologia. Il vino produce naturalmente da sè una minima quantità di anidride solforosa in fase di fermentazione.
A cosa servono i solfiti?
Nel vino i solfiti limitano lo sviluppo di batteri e lieviti, bloccano eventuali fermentazioni, hanno funzione antiossidante e favoriscono l'estrazione del colore e del sapore dalle vinacce.
In che quantità si possono aggiungere?
In Italia il limite di legge è di 160 mg/l per i rossi, 220 mg/l per i bianchi e i rosati e 400 mg/l per i vini dolci. Il disciplinare biologico, invece, prevede le soglie di 60 mg/l per i vini rossi, 80 per i bianchi, 120 per i vini dolci. Per legge, se la quantità totale di anidride solforosa supera i 10 mg/l, va indicato in etichetta con la dicitura “contiene solfiti”.

Per qualche “inspiegabile” motivo la legge non obbliga a specificare la quantità di solfiti presenti nel vino, facendo così sembrare uguali vini con dosi decisamente diverse e perciò con effetti nettamente diversi sulla salute.

26 febbraio 2014

Giuan Abaraldos, milites urbanos



Giuan Abaraldos,  verdadero Hombre, sano y entellijente, aitantes y orgulloso milites de el corpo de las Milicia Municipal de Ferrieros en el Rio Grande en los Republicas Provincial de Bananonas, emprovvisamiente y sin  sintomas predictorea, cascas enfermo, colpido da una forma violenta de Scarabacinos des ingnorantias,  gravissimas epidemias tipica de las tierra entre el Rio grande y el Rjnos, particularmente peligrosa por los milites urbanos.
Ya que no hay cura para sanar da los Scarabacinos de l’ignorantias, pocas oras de agonia  y despue se muere y, desasfortunadamente, tambien Giuan. . . .muorì.
Chiaramentes el buenos Giuan, esiendos siempre estado un buen hombre andò drittos des filados en el paraisos de los buenos ombre.
Arrivado en el Paraisos, se sientes esperdudo, non ablas co niunos e stranamiente solo se siente.
Catandos el corajos, el se rivolse a San Pedro domandandos se en el paraiso se podevas catares des buenos hombre que en vida eras estados milites municipales  . . .   de su  collegas insommas.
San Pedro segnalando a su cabeza, cioes sbalotandos la cabeza de zà e de làs, respuende che en el paraiso,  des Milites Urbanos de la tierra desertosa entra los Rio Grande e los Rjnos,  nun je stavas nunca, mas de provar a butar l’ocios en el Purgatorio.
Giuan s’encaminas por el purgatorio , guardas y no vedes, cercas y no catas, provas a preguntar, ma tambyen lì, nunca Milites Urbanos Bananonistas no habia.
A Giuan non restas che trufolar all’infierno.  El prode Milites Urbanos  sconfortado descende là, con mucho timores por esto puesto terrificantes y ocupado da los diablos, mas esperando nella benevolentia del caporion; el prefecto Satanas granlupman che su la tierras era venerado da los miltes municipales como el protector del corpo de milicia.
Cata aun del corajos y, con preghieras,  pregunda:
- Al escusa sgnor ecelenzia, par cas, aviv minas vistos un qualch Milites Urbanos das Ferrieros in Bananonas a chi?
El gran Satanas sientes la prece del’animas del milites e sussurrandos (abastanzias escojonado) : tal chi n’altar dil breti bianch! ma stor chi ei sol bun da d’mandar di pjaser .  e fa respuendere da los empleado de turnos:
- Vistos los documentas, sentido los testes, vistos los resultados de las reziercas, ajustados los leys a nuestro usos e consumos, el esito all’uopos es resultado negativo.
Sa voles dires . Pregunda el bueno Giuan.
Insoma no gavemo trovà queo che’l zerca, chi da noaltri no ghe se gnanca una breta bianca (el funzionarios era oriundos de la tierra de los fagotutomi), respuenses el empleado
Pertantos inviamos el milites urbanos Giuan Abaraldos a continuar la recercas en otro lugar più a en baso.
Saria a dire più zò ‘ncora. . .  e mi ghe son zerto che là ghe se fiso de brete bianche.
- Ancora più ad sotas?? Al ma s’ cusa, ma... dop al  Paradis al Purgatori e l’Inferan, cusas altars aghs pols mais essargs ancoras più ad sotas?
E los empleados, con muy naturalezas, respuendes:
-El Bar !