Il racconto che segue
è stato scritto da Giovannino Guareschi sul settimanale "Il candido"
nel Febbraio 1952 e ripubblicato sul libro "Mondo Candido 1951-1953"
nel 1997, Rizzoli Editore.
Questa vicenda è puramente immaginaria e non prende spunto
da nessun fatto avvenuto o che si presume possa avvenire. E' frutto di fantasia
e perciò nessuno dei personaggi in essa vicenda nominati o accennati può
trovare rispondenza nella realtà. Ogni riferimento a fatti o persone esistenti
è da considerarsi puramente casuale e involontario.
- - oo O oo - -
- - oo O oo - -
Camminavano in fretta, il signore alto e la sua bambina,
perché il sole cominciava a scivolare verso il tramonto, e l'albergo era
lontano più di due chilometri, e in montagna due chilometri sono tanta strada.
A un tratto, arrivarono a una selletta, e apparve una
vallata verde, piena ancora di luce. Si fermarono a guardare.
“Cos’è?” domandò la bambina.
“E’ l’Italia” rispose il signore alto.
La bambina sospirò:
“E' bella ma è molto lontana” disse.
Il signore alto sorrise.
“Quelle case e quei campi non sono lontani” spiegò. “Ma
l’Italia è vicina perché incomincia a pochi metri da noi. La linea di confine
passa proprio di lì: attraversa il sentiero dove c’è quella pietra squadrata.”
La bambina parve molto stupita:
“L’Italia incomincia subito lì?”.
“Subito. Fino alla linea di confine e Svizzera, poi è
Italia.”
La bambina avanzò cautamente e arrivata vicino alla pietra
del sentiero, guardò attentamente per terra.
"Non si vede nessuna linea” esclamò ritornando.
Non si vede ma c’è. Spiego il signore alto. E’ come un filo
sottilissimo teso tra pietra e pietra del sentiero, poi risale a quella pietra
più in su, a sinistra; da questa passa a un’altra pietra e così via.”
La bambina si appressò ancora alla pietra del sentiero e ,
raccolto da terra un bastoncello, sciabolò con esso l’aria davanti a sé.
“Non c’è nessun filo” esclamò ritornando verso il padre. “Se
ci fosse lo si toccherebbe con bastone.”
Il signore alto rise:
“ E’ un filo immaginario” affermò.
Non lo si può né vedere né toccare, ma serve a dividere due
Paesi meglio ancora che se al suo posto, ci fosse un alta muraglia o un
profondo fossato.”
La bambina continuò a guardare la vallata piena di sole.
“Non si può passare di là” domandò ad un tratto.
“No.”
“Passare appena appena” insisté con voce sommessa la
bambina. “Appena un momentino dopo il sasso. Mi piacerebbe vedere cosa c’e’ di
là.”
“Lo vedi benissimo anche di qui” disse il signore alto.
“No” sussurrò la bambina. “Di qui non si può vedere bene
perché c’è il filo.”
Il signore alto sospirò e prese per mano la bambina .
“Andiamo, è tardi.”
Ma la bambina pareva incantata da quel verde lontano, da
quelle casette candide e dal luccicare del nastro d’argento dei fiumi.
“Appena un pochino”, implorò. “Passo di là dalla pietra e
poi torno subito subito. Mi piacerebbe tanto prender un sassolino. Di là dalla
pietra c’è l’Italia e anche un sassolino è un pezzettino d’Italia.”
“Non si può” rispose il signore alto. “passare oltre il
confine è contro le leggi. Se le guardie ti vedono possono spararti col fucile.
Oppure metterti in prigione.”
“Per un sassolino?” si stupì la bambina. “Non ci credo che
le guardie sparino le fucilate ad una bambina perché raccoglie un sassolino. Ce
ne sono tanti di sassolini. E poi non si vede nessuna guardia.”
In verità tutto era deserto e silenzioso, lassù: ma
appiattate dietro uno spuntone di roccia due guardie stavano spiando il signore
alto e la sua bambina. Li avevano visti prima ancora che arrivassero alla
selletta e subito il più anziano dei due, il brigadiere, aveva esclamato:
E’ lui! L’ho visto mille volte di persona e non mi
sbaglierei mai.”
E la guardia giovane, che pure l’aveva visto soltanto in
fotografia su qualche giornale, a un bel momento aveva dovuto convenire che il
brigadiere non si sbagliava.
Le due guardie avevano seguito con occhi preoccupati tutti i
movimenti del signore alto e della figliola. Quando la bambina avvicinatasi al
cippo aveva agitato il bastoncello, si erano guardati perplessi e il brigadiere era diventato pallido e aveva
borbottato:
“Speriamo che non ci diano delle grane!”
Poi, quando aveva visto il signore alto afferrare per la
mano la bambina e riprendere il cammino verso la parte giusta, aveva cavato
fuori un sospirone di sollievo:
“Se ne vanno se Dio vuole!”
Ma, evidentemente, Dio
non voleva perché la bambina, proprio mentre il brigadiere ritrovava la
sua tranquillità, con improvvisa decisione liberò la mano dalla stretta delle
dita paterne e spiccata una gran corsa, passò oltre la pietra del sentiero.
Allora il brigadiere diventò pallido e balbettò:
“Gesù fatela tornare indietro subito! Non mi mettete nei
guai!”
La bambina però non dimostrava nessuna intenzione di
ritornare indietro: superata la pietra, si fermò a guardarsi intorno un
momentino, poi, sorda ai richiami del padre, si allontanò di corsa per il
sentiero che scendeva a valle.
Il signore alto, che intanto, era arrivato alla pietra
squadrata e lì s’era fermato chiamando con voce agitata la bambina, balzò
all’inseguimento della fuggitiva che era già scomparsa.
La raggiunse dopo una decina di metri e afferratala
saldamente per la mano, si volse per ripassare oltre confine: ma giunto là dove
il sentiero svoltava dietro un roccione per poi seguire diritto fino alla
selletta, scorse le due guardie che, uscite dal loro nascondiglio, stavano
confabulando e si fermò e tornò indietro. Il viottolo portava a una casipola di
cui si intravedeva, fra gli alberi, il tetto di ardesia. Pensò di ripararsi là
con la bambina: le due guardie ora si erano incamminate per il sentiero e non
poteva star lì ad aspettarle.
Raggiunta rapidamente la casipola il signore alto bussò alla porta e una voce
dal di dentro rispose “Avanti!”.Il signore alto aprì la porta e si trovò in uno
stanzone basso, al centro del quale era una tavola attorno alla quale stavano
seduti un vecchio, un uomo e una donna giovani, un bambino d’una decina d’anni.
Una vecchia, in piedi, stava scodellando sul tagliere la polenta da un gran
paiolo.
Il vecchio era seduto a capotavola, in faccia alla porta, e
fu a lui che il signore alto si rivolse.
“Buona sera” disse il signore alto. “Eravamo dall’altra
parte: inavvertitamente abbiamo passato il confine e volevamo ritornare subito
di là, ma due guardie sono sopraggiunte. Se i signori permettono aspettiamo qui
il momento opportuno per ripassare il confine.”
Il vecchio che aveva guardato con occhi perplessi il signore
alto e la sua bambina, si levò in piedi. E la vecchia che, da quando il signore
alto aveva incominciato a parlare, era rimasta lì con gli occhi fissi su di
lui, come abbacinata, esclamò: “Gesummaria!”.
Anche l’uomo giovane e sua moglie si alzarono, e rimase
seduto soltanto il ragazzino, ma il vecchio lo agguantò per la collottola e lo
tirò su.
“Prego, prego, signori” disse il signore alto.
Il vecchio fece un cenno alla vecchia che, abbandonato il
paiolo, corse fuori.
Ci fu, nella cucina, qualche istante di silenzio, poi il
vecchio si trasse da un lato e indicando la sua sedia disse al signore alto:
“Se vuol favorire…”.
“Grazie, volentieri” rispose sorridendo il signore altro.
“Ma lei stia comodo, mi seggo qui.”
Il vecchio scosse il
capo.
“Quando c’è il re” disse “il capotavola è lui.”
Il signore alto si sedette al posto del vecchio e la bambina
si sedette vicino al ragazzino. Il vecchio si scusò:
“Polenta e latte…”
“Magnifico!” esclamò ridendo il signore alto.
Allora il vecchio si rivolse al figlio e gli disse:
“Va’ tu a far la guardia e dì a tua madre di tornar dentro
subito. Voglio che l’onore di servire sua maestà l’abbia lei.”
“Vi prego, non chiamatemi così” protestò dolcemente il
signore alto. “il re non c’è più.
“Ho fatto trenta chilometri a piedi per dare il mio voto a
sua maestà” rispose il vecchio “e per me il re c’è ancora e ci sarà sempre.”
Entrò la vecchia e, con mano tremante, depose un piatto di
polenta e una scodella di latte davanti al signore alto e alla sua bambina.
Poi si sedette in un angolo a guardare con occhi sbalorditi
quello straordinario spettacolo.
*
Quando vide che anche il signore alto aveva passato il
confine, il brigadiere fu preso da sgomento. Non se la sentiva davvero di
prendere delle decisioni di sua iniziativa. Era un momento combinare un grosso
pasticcio e impelagarsi in una grana spaventosa. Allora ordinò al suo
sottoposto di correre al posto di confine dal comandante:
“Digli che lui ha sconfinato ed è ora in territorio
nazionale. Io resto qui a sorvegliare tutte le sue mosse e li tengo sotto
controllo in attesa di ordini”.
La guardia volò e, quando seppe il fatto il comandante
sbarrò gli occhi. Non se la sentiva neppure lui di dare un ordine di sua
iniziativa in una faccenda simile. Una azione malaccorta poteva far nascere una
speculazione politica spaventosa. Inviò quindi un telegramma cifrato a Roma per
avere chiarimenti sul da farsi. Il ministro dell’Interno stava pranzando,
quando il capo della polizia in persona venne a portargli il dispaccio giunto
dalla frontiera.
“E’ un guaio grosso” borbottò il ministro dell’Interno. “Se
la voce corre saremo nei guai fino agli occhi. Se ha sconfinato significa che
ha un piano. Telegrafi che si limitino a sorvegliarlo e non perdano una delle
sue mosse”.
Il presidente del Consiglio era all’estero: il ministro
dell’interno si recò quindi a conferire direttamente dal Presidente della
Repubblica.
“Il caso è grave e delicato” spiegò il ministro
dell’Interno. ”Prima di prendere una qualsiasi decisione occorre che lei ci dia
la sua approvazione.”
Il Presidente della Repubblica rimase in silenzio un bel
pezzo, quindi, battendo la punta del suo bastoncello sul pavimento, borbottò di
pessimo umore:
“Ma cosa viene a fare quello là? Non poteva starsene
tranquillo dov’era? Agite con estrema prudenza. Bisogna evitare ogni scandalo
e, soprattutto, ogni spargimento di sangue”.
Il ministro dell’Interno se ne andò impegnandosi a riferire
appena avesse adottato una decisione.
Fece poi una riunione segretissima alla quale parteciparono,
oltre al capo della polizia, il ministro della difesa e l’ex ministro degli
Esteri.
Venne messo sul tappeto un eventuale intervento
dell’esercito.
“Può darsi che non succeda niente e che si tratti di un
falso allarme: ma, qualora si trattasse di un colpo di stato, sarebbe opportuno
non far intervenire la polizia che attraversa un momento di grave impopolarità,
mentre, lasciando l’operazione all’esercito si metterebbero gli insorti in
grave imbarazzo essendo l’esercito completamente al di fuori della politica e
rappresentando esso non un governo, o una fazione, bensì tutto il Paese.”
In quel momento squillò il telefono ed era la presidentessa
che voleva parlare col ministro dell’Interno.
La conversazione fu lunga. Alla fine il ministro
dell’Interno riferì al consesso:
“Dice la contessa che dobbiamo mandarle subito un presidio
di poliziotti scelti. Sono allarmatissimi“.
“Ma hanno i corazzieri” esclamò il ministro della Difesa.
“Dice la contessa che non bastano: servono per la
sorveglianza esterna. Ma il pericolo è all’interno. La servitù è rimasta
fedelissima a quelli di prima. La contessa dice che lei e il presidente si
trovano là come dentro una fossa dei leoni. Cento occhi ostili li spiano.”
“Non si possono mandare reparti di polizia” esclamò l’ex
ministro degli Esteri. Significherebbe mettere tutta la capitale in allarme
dopo cinque minuti.”
Telefonò ancora la contessa. Il ministro dell’interno le
spiegò la assennatezza dell’obiezione dell’ex ministro degli Esteri. Comunque
al primo accenno di pericolo, la reggia sarebbe stata immediatamente
presidiata. Nel frattempo il ministro Barbone vigilasse. La contessa parlottò
con qualcuno che evidentemente stava vicino a lei, poi comunicò:
“Il ministro barbone ha una rivoltella, ma dice che non ha
neppure un caricatore”.
“Mandiamo subito dodici caricatori” la rassicurò il ministro
dell’Interno.
“Assieme ai caricatori un autista fidatissimo. Noi ci
prepariamo, abbiamo il camioncino della spesa; eventualmente possiamo uscire
senza destare nessun sospetto.”
Dopo la telefonata , arrivo un messaggio cifrato dal posto
di confine: “Individuo segnalato sempre sotto strettissima sorveglianza. Per
ora inattivo. Segnaleremo ogni suo movimento”.
Venne riportata sul tappeto la questione dell’eventuale
intervento dell’esercito.
“Fino a che punto possiamo fidarci di un intervento
dell’esercito in questo senso?” domandò il ministro dell’Interno. ”Quanti sono
i reparti sicuri? Possiamo veramente contare sulla lealtà degli ufficiali
monarchici?”
Il ministro della Difesa era ottimista:
“Diamo ordini precisi ed inequivocabili e gli ufficiali,
senza distinzione, obbediranno. Se ci fossero stati ordini precisi ed
inequivocabili l’8 settembre non sarebbe successo quello che è successo”.
“Ricordiamoci che li sinistre sono dispostissime, pur di
fare del danno a noi, anche ad appoggiare anche la causa monarchica!” osservò
il ministro dell’Interno. “Quindi occorre evitare ogni spargimento di sangue ed
ogni violenza.”
“E allora” disse l’ex ministro degli Esteri “si organizzi
l’intervento dell’esercito in modo da non essere colti di sorpresa qualunque
sia lo sviluppo degli avvenimenti. Intanto si agisca
immediatamente in via, diciamo, riservata. Si mandi un uomo
eccezionalmente fidato, il questore della capitale, ad arrestarlo.”
“E’ poco popolare, in questo momento!” sospirò il ministro
dell’interno. “E poi, come si è detto, bisogna cercare di immischiare il meno
possibile la polizia nell’affare. Piuttosto credo che bisognerà avvertire
l’ambasciatore degli Stati Uniti in modo da
avere, qualunque cosa facciamo, l’appoggio di Washington.”
In quel momento il ministro dell’Interno fu chiamato ancora
al telefono. Era la contessa.
“Eccellenza” disse agitatissima la contessa “l’autista che
doveva portare i caricatori non è ancora arrivato! Temo che sia caduto vittima
di una imboscata! Lei veda di fare qualcosa subito o telefono alla questura!”
Arrivò un nuovo messaggio dalla frontiera: in esso si diceva
che l’individuo aveva preso contatti con elementi locali.. Era però sempre
sotto strettissimo controllo.
“Mobiliti tutele forze di Polizia disponibili e le tenga
pronte ad entrare in azione” ordinò allora il ministro dell’Interno al capo
della Polizia. “Faccia presidiare i ponti sul Po. Popolare o impopolare, sulla
polizia si può contare. E mandi alle reggia, dal Presidente, una squadra
fidata. In caso di emergenza, porti il Presidente in Vaticano.”
Poi si discussero i dettagli dell’entrata in azione dei
reparti dell’esercito.
*
Seduta nel suo angioletto buio, la vecchia stava guardando
il signore alto e la sua bambina mangiare la polenta.
“E’ squisita, signora” disse sorridendo il signore alto alla
vecchia. ”Ricorderò a lungo questa sera.” Quando tutti ebbero finito di
mangiare, la vecchia si alzò e sparecchiò. In quel momento rientrò il figlio
del vecchio.
Disse ad alta voce che tutto era a posto, poi appressatosi
alla moglie le sussurrò: “Va’ tu adesso.
Voglio vedere anch’io”.
La donna andò fuori a montare la sentinella e il marito si
sedette al suo posto.
“Lei così non ha mangiato!” osservò con rincrescimento il
signore alto.
“Signorsì!” balbettò imbarazzato il giovane.”E’ come se
avessi mangiato.”
“Tridentina…Nicolajewka..”.
“Bravo!” disse il signore alto.
“Ha preso la medaglia d’argento” spiegò il vecchio. Poi
indicò la sedia vuota all’altro capo della tavola e spiegò:
“Lì è il posto dell’altro figlio, quello che è rimasto a
Nicolajwka. Ma è come se fosse qui.”
Il signore alto si alzò e, guardando quella sedia deserta,
disse a voce sommessa:
“Dio benedica il tuo sacrificio, soldato d’Italia”.
La vecchia si mise a piangere nel suo angolo e il vecchio
andò a staccare dal muro un quadretto.
“Sono stato alpino anch’io e ho fatto il mio dovere sul
Monte Nero. Anche lui sarà alpino” disse indicando il ragazzo.
Oramai si era fatta sera e il signore alto spiegò che doveva
andare. Il figlio del vecchio tornò fuori a ispezionare la strada e quando
riapparve disse che tutto andava bene,
Il figlio del vecchio andò avanti e il signore alto si
incamminò dietro di lui tenendo per mano la bambina. E dietro al signore alto e
alla sua bambina si incamminarono il vecchi, la nuora e il nipotino. Poi,
ultima retroguardia, veniva la vecchia.
Arrivati dove il viottolo svoltava dietro il roccione e poi
continuava diritto verso la selletta, il signore alto si fermò e strinse la
mano a tutti, anche al bambino. E pure la bambina strinse la mano a tutti e la
vecchia le diede un gazzettino di stelle alpine.
“Ora proseguiamo da soli” spiegò il signore alto. “Grazie.”
Si avviò tenendo stretta per mano la bambina e, quando fu
lontano una decina di passi, si volse e salutò agitando la mano:
“Addio, Italia” sussurrò. Ma l’Italia non era rimasta tutta
là alla svolta del sentiero.
Un po’ d’Italia era nascosta più avanti, proprio al valico
della selletta. Era il brigadiere che, quando l’uomo alto e la bambina gli
furono passati davanti ed ebbero valicato la linea di confine, si trasse fuori
dal suo nascondiglio, fino in mezzo al viottolo.
Il secco batter dei tacchi fece trasalire il signore alto
che si volse e il brigadiere era là, rigido nell’attenti; come un baccalà, e lo
salutava con la mano alla visiera.
Il signore alto gli rispose con un leggero inchino. E la
bambina ne approfittò per sgusciargli via di mano e ripassare di nuovo quel
benedetto confine, ma sconfinò poco poco: quel pochino che bastava perché la
bambina potesse arrivare davanti al brigadiere. Arrivata davanti al brigadiere
si alzò sulla punta dei piedi e gli infilò in un occhiello della giubba una delle
stelle alpine che le aveva regalato la vecchia.
Decorazione sul campo.
Poi la bambina varcò ancora il confine e al fianco del
signore alto si incamminò.
E camminavano adagio anche se l’albergo era lontano perché
l’Italia era vicina e costava tanta fatica allontanarsene.
*
Ore 20,01: alla capitale. Dispaccio cifrato per il ministro
dell’Interno: “Individuo sospetto ritornato oltre confine”.
Cessato pericolo. La repubblica continua.