Caro Babbo Natale, ti scrivo per la prima volta e mi scuso per il ritardo, ma è che, nonostante non sia più un fanciullo o proprio per questo, ho sentito solo negli ultimi tempi questa necessità.
Pertanto ti scrivo, ma non per chiederti di ricordarti di me nella tua lista dei regali, bensì per scusarmi di non averti mai scritto prima e per cercare di giustificarmi.
Io, per l’età che ho, e di conseguenza per il tipo di educazione ricevuta, e le consuetudini che ancora resistono dai tempi dell’infanzia, non ho avuto il tempo necessario ed il modo giusto per stimarti quanto meriti.
Dalle mie parti, in fondo alla pianura, i bambini sono stati abituati ad aspettare con trepidazione l'arrivo della vecchia, in altre parole quello che per molti è solamente il giorno che chiude le festività tra la fine di ogni anno e l’inizio di quello nuovo, quello che per dirla con il proverbio “se le porta tutte via”: l’Epifania.
Sebbene cominciasse ad affermarsi già da allora la schiera dei “Natalisti”, in pratica di coloro che facevano trovare, ai loro piccoli i doni e giochi nella Notte Santa, io sono cresciuto in una famiglia che ancora svezzava e cresceva i bambini a pappe e befana.
Andava forte la radicata tradizione dei regali portati dalla Befana e noi bambini di quei tempi, con tutto il rispetto per il Bambinello che portava l’amore nel mondo, tendevamo a prediligere la vecchia signora che portava giochi e dolciumi nelle nostre case.
"La Befana vien di notte, con le scarpe tutte rotte..." Cominciava così la filastrocca dedicata alla Befana, e lei era, da sempre, presente nell’immaginazione di noi bambini con l’aspetto di una vecchietta curva e mal in arnese, ma ancora autoritaria e con un caratteraccio da mettere in soggezione anche i più discoli.
nelle nostre fantasie di bambini vedevamo la Befana come nelle immagini dei libri di favole o dai racconti degli adulti che descrivevano la vecchietta coperta di vecchi e logori abiti, mentre tirava un carretto colmo di pacchi, o cavalcando una scopa volante e con un gran sacco sulle spalle.
Un anziana signora che nonostante gli acciacchi e anche se già in età di pensione, non si arrendeva, continuava il suo lavoro con il piglio di sempre e non concedeva sconti.
Tutta di un pezzo non cedeva a scuse o giustificazioni; e così tutti gli anni ,anno dopo anno arrivava tra il cinque ed il sei gennaio, nel bel mezzo della notte, quando ogni bambino dormiva nel sonno più profondo.
Un’altra certezza era quella che non esistevano condizioni climatiche o di traffico tanto difficili da poter a fermare l’anziana nottambula, lei arrivava nelle case sempre e comunque, si faceva aprire con autorità poi, prese le dovute informazioni sul fanciullo ivi domiciliato, procedeva alla verifica.
Dalle storie che circolavano tra i ragazzini, si raccontava che, arrivata nella casa, cominciasse a sfogliare un enorme librone che si portava appresso, sul quale era annotato com’era stato il comportamento dell’infante durante l’anno appena trascorso;non si poteva sfuggire al giudizio della Befana, quella sapeva tutto e, secondo il suo insindacabile giudizio, avrebbe lasciato giochi e dolci, oppure carbone e castagne secche.
Così i bambini la sera del cinque gennaio d’ogni anno, al contrario di tutte le altre, andavano a letto senza fare storie dopo avere esposto in cucina, in bella vista, le loro calze che, come tradizione voleva, sarebbero servite alla Befana come punto di riferimento per le consegne.
In pratica e meno poeticamente di quanto raccontato, quella notte, verificato che i figli dormissero, entravano in azione i genitori che tiravano fuori i regali, ben nascosti fino a quel momento, e li deponevano vicino alle calzette.
Il mio ricordo indelebile è fissato nel momento dell'improvviso risveglio, provocato dal trambusto proveniente dalla cucina, che mi faceva scendere di scatto dal letto per correre verso ciò che immaginavo già.
Tra il sonno, l'emozione e il timore di trovare chi sa cosa e chi sa chi, mi affacciavo in cucina e c'erano ad accogliermi il babbo e la mamma, mi raccontavano che la Befana era arrivata e aveva chiesto di entrare poi, evase le pratiche burocratiche, aveva consegnato loro quei pacchi che facevano bella mostra tra le calze appese (tra i quali non mancavano mai alcuni simbolici e ammonitori pezzetti di carbone).
infine, prima di ripartire per il suo giro di consegne, aveva preteso un caffè, del quale ancora vi era traccia nella tazzina sul tavolo, poi se n’era andata facendo un gran baccano.
Anche se, crescendo, avevo capito che era quel romantico di mio padre ad organizzare quella farsa, mi è sempre piaciuto continuare a credere all'arrivo della vecchietta scorbutica e poco rispettosa del mio riposo, era la fiaba che ogni anno entrava nella realtà, un sogno che si ripeteva dolcissimo.
Caro Babbo Natale come vedi ho alle spalle delle esperienze e delle ragioni che spero possano giustificare questa mia minor affezione per te, rispetto a quella per la Signora Epifania e ti chiedo scusa se è da poco tempo che ho cominciato a rivalutare la tua imponente ma importante figura.
Ti posso assicurare che nel tempo, il succedersi dei Natali nella mia vita prima da figlio prima, poi da genitore, mi ha insegnato a voler bene alla tua rassicurante e bonaria presenza, a cercare di conoscerti meglio e stimarti di più, e poi sai com’è, tra uomini ci si capisce.
Spero tanto che tu non me ne voglia se continuo a riservare le mie attenzioni, prima, alla cara vecchietta e poi a te, ma credo che, oltre ad essere un grande vecchio, tu sia un gran signore, che può capire e condividere con me un po’ di galanteria verso una simpatica matura signora.
Con grande affetto ti saluto ricordandoti, come faccio sempre con la dolce cara Befana, di prestare attenzione nel tuo viaggio notturno della notte di Natale.
Questo nostro mondo, man mano che passano gli anni, diventa sempre più confuso e pericoloso e non vorrei che ti succedesse qualche cosa che possa, anche solo minimamente, intaccare la sicurezza dei bambini sulla tua costante presenza nelle loro notti di Natale.