Il sottopassaggio ferroviario era la porta della città, da lì si entrava e si usciva ed il viaggiatore che proveniva dal centro, attraversandolo, si trovava improvvisamente immerso nel verde di giardini e parchi che, proseguendo lungo la via, diventavano prati, campi e frutteti. Chiunque si trovasse a percorrere quell’ampia strada, in direzione del nord, foss’egli in bicicletta, motociclo, auto o qualsiasi altro mezzo di locomozione, nel procedere avvertiva la sensazione di stare quasi scivolando . La superficie liscia e perfetta dei lastroni di cemento armato di “Ventenniale” ricordo, formavano il manto stradale; erano larghi quanto la metà della strada che in centro era divisa da una cunetta continua. Il silenzioso incedere s’interrompeva solo quando si passava sopra ai giunti che dividevano i lastroni uno dall’altro alla distanza ci circa venti metri. Allora, in quel punto, si avvertiva un leggero sussulto del veicolo, accompagnato da un rumore che sembrava quello che fa il tappo di sughero, quando esce dalla bottiglia di vino vivace che si trovava nelle osterie di quelle parti. Ancora un cinque-seicento metri e i lastroni di cemento lasciavano spazio al manto nero di ruvido asfalto che, anche senza vederlo, si capiva d’esserci arrivati sopra per il rumore prodotto dai pneumatici, allorchè il sibilo strisciante si trasformava improvvisamente in un sordo e basso rotolante rullio. La segnaletica stradale,allora, non dava indicazioni chiare come quella odierna, per via dell’uso molto parco di cartelli stradali che facevano le amministrazioni competenti, ma, a chiedere del paese, chiunque rispondeva che bastava seguire i resti della vecchia ferrovia che correva parallela alla strada. Percorsi ancora tre chilometri dopo la curva, il paese ti veniva incontro, improvvisamente, alla fine di un lungo rettifilo e ti accompagnava fino al ponte che, attraversando il fiume ti faceva cambiare contemporaneamente Comune e Provincia ma anche regione e inflessione della lingua e dialetto, abitudini alimentari e non solo. Il paese era come tutti i paesi di quella pianura, abitato da qualche migliaio d’anime, fatto e compiuto con tutto quello che di solito ci sta nei paesi di pianura con qualche migliaio d’anime ma, ad essere precisi, con alcune caratteristiche abbastanza particolari e originali che si notavano subito. Una era senz’altro la modernità dell’urbanistica e l’attualità delle costruzioni, bella cosa per un certo verso, perché non si portava dietro correzioni o rifacimenti su errori e incongruenze del passato, meno bello il fatto di non avere un passato e, di conseguenza,di soffrire della mancanza d’identità storica. Un paese moderno perché solo in minima parte ricostruito nella zona storica;I bombardamenti della guerra l’avevano quasi completamente distrutto, e perciò la gente che aveva perso casa, averi e storia, aveva deciso, quasi a voler dimenticare quel recente e doloroso passato, di farne uno nuovo. Fu così deciso di spostare il nuovo centro del paese in una zona nuova poco distante dagli ultimi ruderi ed ecco che, in poco tempo, il paese nuovo aveva cominciato a prendere forma, seguendo idee nuove e più moderne a partire dal posto che era stato scelto dove non c’era niente, solo la campagna a perdita d’occhio come un mare, ad eccezione delle poche case di qualche podere isolato, niente che potesse condizionare quell’idea di nuovo. Bastarono poco tempo e tanta voglia di ricominciare per creare un reticolo di strade grandi e diritte, che s’intersecavano formando solo angoli retti e tra i quali trovava posto una gran piazza sulla quale si affacciava una altrettanto grande e moderna chiesa. La stazione ferroviaria anch’essa nuova che s’intravedeva in fondo ad un lungo viale alberato e poi il Municipio, le Poste, la caserma dei Carabinieri e ancora case, palazzi, vetrine e negozi che, posti in bell’ordine ai lati di strade perfette, si lasciavano ammirare da chi si trovava a passargli davanti. Tutto intorno, a perdita d'occhio, era un susseguirsi di campi coltivati, una distesa di campagna da fare perdere la bussola, i cui colori cambiavano al cambio delle stagioni, assumendo le tinte più vive e splendenti o quelle più tenui e cupe, passando per un’infinità di sfumature e tonalità. Si voleva un nuovo paese, tutti lo volevano fortemente e a forza di fatiche, sforzi e tanta caparbietà, il paese nuovo stava lì e continuava a crescere con caratteristiche proprie, talvolta anche uniche. Fu così che un po’ alla volta cominciò a notarsi quello che era il particolare più importante, l’altra caratteristica emergente e al tempo stesso forse la più evidente: gli abitanti, le persone, i cittadini, i paesani, uomini e donne, vecchi e bambini, gli esseri umani viventi, insomma la gente! Già, la gente! La gente, in quel caso, non era la solita gente, vale a dire quella che in genere stava in tutti i posti abitati, paesi o città che fossero, avevano un bel da dire quelli che sentenziavano “tutto il mondo è paese” un proverbio che s’infrangeva miseramente di fronte a “quella” gente.
Sembrava che il Divino Progettista, al momento di mettere mano al popolamento della zolla di terra compresa tra quelle coordinate geografiche, si fosse sbizzarrito in uno strano esperimento: volete un paese nuovo? Bene! Voi costruite le case nuove ed io le riempirò di anime nuove, e giù a lavorare al nuovo corso della storia. In quel periodo di forte ripresa economica si assisteva, un po’ dappertutto, anche ad una ripresa dell’incremento del genere umano ed il Creatore era chiamato ad un grande e faticoso impegno tant’è che, trovandosi in difficoltà a reperire risorse umane omogenee (non dimentichiamoci che si veniva da un lungo periodo di stenti, guerre e malattie) si trovò costretto, senza andare troppo per il sottile, a grattare il fondo del cassetto. Alla fine, seppur faticosamente, era riuscito a mettere insieme quanto bastava, anche se forse gli erano rimasti a disposizione i tipi più strani, più particolari e più distanti tra loro e tra tutti gli altri componenti il genere umano, ciononostante li aveva messi lì, a convivere e far vivere quel ritaglio di mondo. Parecchie persone (sia del paese sia di fuori) che nel corso della loro vita hanno avuto modo di viaggiare e conoscere tanti altri paesi, ed i loro abitanti, a diverse latitudini o altitudini o climi, concordano nell’asserire di non avere mai trovato concentrazioni così alte di persone, a dir poco originali, come ce ne stavano là! Roba che se l’avessero saputo il signor Darwin e tutti gli altri studiosi di antropologia che si sono cimentati, dopo di lui, alla ricerca di qualcosa di nuovo da dire sulle caratteristiche degli esseri umani, avrebbero fatto carte false per trasferirsi in quel posto ad approfondire i loro studi; Altroché attraversare oceani e continenti alla ricerca di nuovi mondi e nuovi popoli. Sta di fatto che in quel paese, c’era una concentrazione così alta di tizi, per così dire, “singolari”, che in posti altrettanto “singolari” dove ambientare storie “singolari”, si sarebbe faticato, non poco, a metterne insieme, al massimo, qualche paio e dopo lunghe e attente ricerche. A onore del vero bisogna anche dire che in quel posto ci sono nate e cresciute, o arrivate e stabilite, persone che in seguito si sono distinte e in taluni casi hanno addirittura assunto un’importanza tale da fare parlare di loro e del loro paese anche fuori dai confini nazionali, ma anche questi in fondo altro non facevano che sottrarre individui, anche se all’opposto, alla cosiddetta gente normale. Tutto questo accadeva senza distinzione di sesso, età, ceto, estrazione sociale, educazione o cultura ed inoltre mancava di una spiegazione logica o una ragione precisa, non c'erano coinvolgimenti o legami strani, oppure misteriosi disegni o condizionamenti particolari che portassero a questo risultato, all'infuori di un unico denominatore comune: il luogo. Allo stesso modo di come accade nelle pasticcerie (tanto per fare un esempio che tutti possano comprendere), quando il cuoco si accinge a cucinare una ciambella col proposito di ottenere un buon dolce, sta bene attento, nel preparare l’impasto, a dosare gli ingredienti avendo cura di rispettare le stesse quantità che gli hanno permesso di ottenere, in occasioni precedenti, il migliore risultato. Il più delle volte riesce nell’intento però! Già, c'è un però che in alcuni casi vanifica ogni sforzo, una variabile indipendente che, nonostante tutto, in alcuni casi, impedisce il raggiungimento dell’obiettivo prefissato. Il però discriminante, quella variabile che fa di solito la differenza, per il pasticciere è il forno dove mette a cuocere la ciambella, ogni forno ha le sue caratteristiche, ed ogni forno è estremamente sensibile, molto umorale e a volte meteoropatico, più imprevedibile del tempo in aprile o di una ragazza innamorata. Il forno se è tale da fare onore al suo nome dà il suo risultato al di là dell’impasto, degli ingredienti e dell’abilità del cuoco. Tornando ai fatti terreni c’è da dire che indagando sulla vita di quella gente, dalla loro nascita e prima, molto probabilmente arriveremo a scoprire che, come capita un po’ d’ovunque, in certi casi l’impasto" (facendo un parallelo tra pasticceria e genetica) era stato preparato in quel paese, mentre in altri casi “l’operazione” era avvenuta altrove. Una volta lì però, in quell’angolo del creato raggiungevano il proprio grado di cottura e, all’uscita, ogni ciambella…scusate ! Ogni individuo mostrava quella caratteristica impressa dal forno, che in alcuni casi si notava appena, mentre in altri era molto più evidente. Infine, come in tutte le cose terrene, esisteva come continua ad esistere l'imponderabile, al quale è difficile trovare spiegazioni e per poterne uscire, senza scomodare frotte di studiosi, bisogna farsene una ragione, magari affidandosi alla saggezza dei vecchi proverbi nei quali c’è sempre un fondo di verità e come per le ciambelle anche tra quelli sfornati lì, valeva il vecchio detto che Non tutte le ciambelle riescono con il buco, infatti in diversi si notava la normalità che valeva per tutti gli individui del resto del mondo. Quel posto,quel paese: era un crocevia di umori e influenze e fenomeni unici che ben raramente si sviluppano in un unico modo e in un unico posto. Parlando In quella grande spianata di terra confluivano le grandi correnti fredde che scendevano dalle montagne e incontravano i venti caldi che arrivavano dal mare e,non trovando ostacolo si scontravano in quel punto equidistante dal loro posto d’origine. Quando si toccavano cominciavano a ruotare vorticosamente dando vita ad un’unica massa che a sua volta veniva sospinta e modificata dalla umidità afosa delle estati e dalla nebbia gelida degli inverni che si riproducevano continuamente su quella terra piatta e fertile. Incominciava una danza fenomenale che nel passare dei secoli ha inglobato gli effetti buoni o malsani di ciò che gli uomini producevano in quel posto coltivando la terra o percorrendola con vari mezzi o producendo nelle fabbriche.Alla fine si è venuto a generare un microclima talmente unico e complesso che la grande causa modificatrice della vita di quell’area. Il tempo ha fatto in modo che si sviluppassero tutte le altre peculiarità del posto cosicché se gli effetti del grande calderone si modificassero nel tempo riducendo la propria importanza ,le forme di vita animale e vegetale presenti nel posto acquisiscono tramandandoli i caratteri originali tramite l’imprintig che si tramanda di specie in specie da individuo a individuo. Per questo l’uniformità non si modifica: chi c’è per nascita non è differente da chi arriva. Oggi assistiamo alla valutazione e rivalutazione dell’originalità il mercato impone scelte che portano alla ricerca continua del prodotto di nicchia, unico e non riproducibile altrove se non nel sua piccola zona di origine che viene protetta ed esaltata con marchi e registrazioni. Il giorno che si arriverà a fare questo anche con le persone,perché ci si arriva EH! Vedrete che si arriverà anche a questo, non c’è mai fine al peggio. Il giorno,dicevo, che si arriverà a riconoscere ed esaltare l’originalità delle persone controllandole,certificandole e proteggendole, non basteranno bolli e targhette da applicare agli indigeni del paese. Sono altrettanto sicuro del fatto che in un mondo dove tutto si copia in nome del profitto, quel prodotto sarà, in barba alla evoluzione delle tecnologie, al sicuro ed immune da qualsiasi contraffazione.