23 aprile 2010

Angina pectoris


Se qui c'è la metà del mio cuore, dottore,

l'altra metà sta in Cina

nella lunga marcia verso il Fiume Giallo.

E poi ogni mattina, dottore,

ogni mattina all'alba

il mio cuore lo fucilano in Grecia.

E poi, quando i prigionieri cadono nel sonno

quando gli ultimi passi si allontanano

dall'infermeria

il mio cuore se ne va, dottore,

se ne va in una vecchia casa di legno, a Istanbul.

E poi sono dieci anni, dottore,

che non ho niente in mano da offrire al mio popolo

niente altro che una mela

una mela rossa, il mio cuore.

E' per tutto questo, dottore,

e non per l'arteriosclérosi, per la nicotina, per la prigione,

che ho quest'angina pectoris.

Guardo la notte attraverso le sbarre

e malgrado tutti questi muri

che mi pesano sul petto

il mio cuore batte con la stella più lontana.


Nazim hikmet 1958

21 aprile 2010

Giusto un "pour parler"



Il fatto è che non siamo abituati a parlare della morte, per questo quando siamo costretti non sappiamo cosa dire, e anche i pensieri più sinceri rischiano di diventare di circostanza, e i pensieri che non sembrano di circostanza vengono presi come fuori luogo. Qualche giorno fa in un paio di occasioni ho lanciato l'argomento: "quando morirò...", non ho fatto a tempo a dire l'accento della o che in entrambi i casi mi è arrivato un vento di parole "ma cosa dici", "ma nooo non si dice". Il penisero della morte può essere doloroso per chi muore, forse, e certamente per chi resta (molto probabile), ma è normale che sia così perchè, a parte la fede per chi crede, nessuno ci insegna a prepararci all'eventualità morte, e neanche a chiamarla morte. Però quando muore qualcuno in qualche maniera lo devi dire, e li senti i giri di parole più usati "eh se n'è andato", "è passato a miglior vita", "è andato in cielo": dire "è morto" in molti casi e per tante persone risulta troppo forte e si viene guardati male. Anche alcune cause di morte diventano indicibili, il cancro diventa "il male incurabile", "malattia inguaribila"o nel peggiore dei casi "quel male la". C'è molta comprensibile paura, manca un pensare sano della morte che farebbe vivere meglio. Morire è parte integrante del vivere, ed è vicino a noi costantemente, propio in quanto persone vive. Se non parli della morte, non puoi dire un sacco di cose che riguardano la vita. Per me è importante dire a chi voglio bene "guarda quando muoio, non state tanto a soffrirci su, siccome vi voglio bene, quello che vorrei di più è che siate felici, quindi per sapermi contento cercate di essere sereni" che arrivi questa mia idea, per me, è un grosso sollievo e se queste cose se non le dico adesso che sono vivo e in salute, da morto credo avrò qualche difficoltà a trasmetterle.


02 aprile 2010

Risi e Bisi



Par quatro che magna

4 eti de risi;

Meza zeola;

Du eti de panzeta da tajare a cubiti;

3- 4 eti de bisi frischi destregolà, mejo se i xe picinini;

Mezo eto de butiro e on sculiero de ojo;

On litro de brodo de polastro o de manzo;

Calche rameta de parsìnbolo, pévaro, sale.

Se fa cussì:

1. Fare on desfrito col butiro, l’ojo e la zeola, zontandoghe du tri sculieri de brodo e la panzeta;

2. Butarghe i bisi e tegnere alto el fogo (cussi i bisi resta pì verdi ) assando che i bisi se fiapa (i ga da supare tuto el liquido, ma atenti…); salare solo quando che i bisi sarà coti (se fà senpre cussì co i bisi !! ).

3. Métare in cotura i risi sol brodo, butandoghe i bisi e tuto el resto a metà cotura;

4. A cotura finia la minestra (no’l xe risoto) la dovarà essare né fissa né mola, e de on bel colore verde …piselo;

5. Prima de servire zontarghe on bel pugno de parsìnbolo tridà, del pévaro e, sol piato, informajare par ben.

6. Racomandazion : pì bisi se mete, pì bona vien la piatanza…

P.S.: Par no butare via gnente, se dovarìa far bójare a parte anca le teghe d'i bisi, dopo verle lavà par ben. Le fà on brodeto dolze che se pole doparare par cusinare i risi, smissià col brodo dela riceta.