03 dicembre 2021

RICORDIAMO I CARRISTI, MA RICORDIAMOLI TUTTI

Dopo il fatidico e fatale 8 settembre 1943, come in ogni unità del Regio Esercito, anche nelle Unità Carriste ci furono divisioni, prese di posizioni contrapposte, spostamenti di campo. Tutte quante giustificate, quelle motivate da scelte fatte in buona fede, seguendo principi e valori rispettabili qualunque fossero.

Oggi la Specialità carrista deve dare un segno verso quella Riconciliazione Nazionale tanto voluta dalla politica e più volte rimarcata dalle massime cariche dello stato, ma altrettanto difficile da mettere in pratica se non è sentita e accolta senza riserve.

Dobbiamo ricordare con rispetto tutti i caduti, anche chi ha combattuto dalla parte sbagliata, sacrificando la propria vita a una causa già persa. Questa non è neutralità o indifferenza perché tutti gli italiani stanno con chi ha combattuto per la patria.

"A nessun caduto di qualsiasi parte e ai famigliari che ne hanno sofferto la perdita si può negare rispetto e pietà. Rispetto e pietà devono accomunare tutti"

disse il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, celebrando un 25 aprile al Sacrario Militare di Mignano Montelungo e aggiunse

"Questa è base per una rinnovata unità nazionale, non insegnata da vecchie, fatali e radicali contrapposizioni".

Il presidente emerito della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro ebbe a dire: 

"Non a caso si è dovuto insistere negli anni scorsi sul concetto di resistenza allargata (di partigiani, militari, prigionieri nei lager e popolo) per fare accettare a tutti l'idea di onorare questa giornata, che deve avere appunto un significato universale. Chi ancora insiste con le polemiche dimostra di essere soltanto un ritardato mentale".

A tale proposito credo sia giusto ricordare a chi ha vissuto quei momenti e alle giovani generazioni la storia completa delle truppe corazzate italiane, dove trovano posto anche le unità corazzate che vennero ricostituite in seno alla Repubblica Sociale Italiana e che, con lo stesso onore e la stessa efficacia, propri della storia delle unità da cui provenivano, hanno combattuto facendo una diversa scelta di campo.

Il Gruppo Corazzato LEONESSA ebbe sue origini dal Gruppo Carri della I Divisione Corazzata di CC.NN. nata il 25 giugno 1943 e denominata, dopo il 25 luglio, 136a Divisione Corazzata Legionaria "Centauro”. Dopo l’armistizio, il 16 settembre 1943, vengono restituiti l’armamento pesante e i carri ai Tedeschi. Il 21, a Roma, ufficiali e legionari decidono di ricostruire il "Leonessa" come Gruppo Corazzato e il 29 iniziano il trasferimento in località Montichiari (Brescia) ove prende avvio la costituzione del Gruppo, il reintegro dei mezzi e l’addestramento dei reparti.

Il gruppo arrivò a disporre di 35 Carri tra M 13/40, M 14/41 e M15/42 ed inoltre 6 Carri Semoventi da L/6/40 con cannoni de 20 mm e 1 semovente 47/32; 16 Carri L/3; 1 Carro Inglese Dingo (preda bellica d'Africa); 18 Autoblindate AB41 e 18 variante AB43; 10 Autoblindate tipo Zerbinon; 3 Autoprotette pesanti; 4 Autoprotette leggere e 8 Blinde S 40.

A Montichiari il gruppo raggiunse la forza di un Battaglione composto da una compagnia carri, una Compagnia autocarrata, una Compagnia Guastatori.

Il 1° febbraio 1944 in occasione del giuramento, il Gruppo, su due compagnie e plotone comando e servizi, si presenta e sfila a Brescia completamente motorizzato e con diversi carri.

L’unità continua ad aumentare in uomini e mezzi sino fino a raggiungere, verso la fine della guerra, un organico costituito da 4 Compagnie, 2 Reparti distaccati e la Compagnia Comando Distaccamento di Milano oltre a una batteria motorizzata. Distaccato dal 1° marzo 1944 a Torino, continua anche in Piemonte le sue operazioni di recupero mezzi, recuperando autocarri, carri, mitraglie, mitragliatrici e munizioni. L’organico arriva a 831 uomini suddivisi in 70 ufficiali, 52 sottufficiali e 709 legionari; considerevole il parco automezzi poiché oltre ai mezzi blindo-corazzati esistenti, entrano in servizio autocarri ,trattori, autovetture, motociclette, carri attrezzi, cucine da campo e autofficine. Le zone di operazione del Gruppo comprendono Piemonte, Emilia e Lombardia, dove operò fino al mese di aprile 1945 quando il gruppo si trovò sotto continui attacchi aerei alleati e di pattuglie partigiane. Il 5 maggio 1945 il Gruppo si sciolse a Strambino Romano vicino a Ivrea (Torino).

Il Gruppo Corazzato LEONCELLO, nato su idea del capitano Zuccaro, ebbe il compito di difendere il Ministero delle Forze Armate a Peloponazze, vicino a Desenzano. Il capitano iniziò a organizzare il Gruppo all'insaputa dei tedeschi, con il nome di copertura di "Battaglione Carri dell'Auto Drappello Ministeriale delle Forze Armate" cercando e recuperando mezzi corazzati un po' dovunque.

IL Gruppo In totale ebbe la seguente dotazione: 12 carri L3/35 (probabilmente uno in versione lanciafiamme); 1 carro L6/40; 4 carri medi M13/40; 3 carro medio M15/42; 1 Semovente M43 da 105/25, a partire da febbraio 1945 ebbe anche 4 Autoblindo AB40/41; 4 Autovetture; 8 Autocarri; 1 Autocarro radio; 4 mitragliere anti aeree da 20mm.

I carri L3 erano inquadrati nello Squadrone Carri Leggeri, che fu definitivamente dislocato a Corona, frazione di Mariano. Alla fine del 1944 i carri leggeri superstiti erano ancora una dozzina, mentre negli ultimi giorni di guerra, in seguito ai numerosi scontri sostenuti con i partigiani della zona, il numero si ridusse drasticamente a 8, di cui solo 4 efficienti. Il “San Giusto” fu travolto dagli eventi del 25 aprile e si sciolse a Mariano tra il 27 e il 28 aprile 1945.

Il Gruppo seguì un periodo di addestramento, compiendo esercitazioni a fuoco sulle colline nei pressi del lago di Garda e nell'ottobre '44 assunse la Difesa del Ministero. Il Gruppo non partecipò effettivamente a nessuno scontro a fuoco con formazioni avversarie ad eccezione delle "scaramucce" avute con i partigiani al momento dell'insurrezione del CLN durante i giorni della Liberazione. Nell'aprile 1945 lo Squadrone Comando fu dislocato a Milano. Il 25 aprile, mosse verso Brescia, unitamente ad elementi della Decima, per prelevare carburante dal deposito di Desenzano, bloccato mentre muoveva verso Milano. Circondato da "Fiamme Verdi", lo Squadrone Comando ingaggiò il combattimento, ma dovette cedere e arrendersi.

Il Gruppo Corazzato SAN GIUSTO fu costituito a Spalato nel settembre del 1943 dopo l'armistizio, il capitano Tonegutti, comandante del primo Squadrone Carri L della divisione "Celere", di stanza a Spalato, non accettando l'armistizio iniziò a muovere verso la parte settentrionale dell'Istria con altri militari del Gruppo Squadroni e alcuni carri. Organizzato su Comando, Squadrone Carri Armati e Squadrone Semoventi, ebbe nell'aprile del 1945 la seguente dotazione: 5 carri medi M13/40; 2 semoventi L6/40 da 47/32 (tarda produzione); 16 carri L3/33 e L3/35 (2 lanciafiamme); 2 autoblindo AB41; 1 semovente M42 da 75/34; 2 semoventi M42 da 75/18; 1 semovente M41 da 75/18; 2 AS37 protetti; 3 Fiat 665N scudati. A Fiume aiuta la locale guarnigione Italiana, muovendo poi per Gorizia e dislocandosi definitivamente a Mariano del Friuli. Vengono recuperati e riadattati diversi mezzi corazzati, fino a raggiungere una forza tale da trasformare lo Squadrone in "Gruppo Squadroni Corazzati San Giusto" (su 3 squadroni) nella prima metà del 1944 e operò in difesa delle linee di comunicazione, scortando le autocolonne e proteggendo i presidi della zona dagli attacchi dei partigiani titini.

Il Gruppo Esplorante R.A.P. si formò nell'estate del '44 come raggruppamento di affiancamento dei "Cacciatori degli Appennini", era formato da 4 Btg di Arditi (il 1° erano Bersaglieri e il 2° Alpini), 1 Gruppo di Artiglieria, 1 Gruppo Corazzato, 1 Btg. del Genio e 1 autoreparto. Il gruppo, articolato come una brigata leggera, riuscì a mettere in piedi anche un piccolo nucleo corazzato all’interno del Gruppo Esplorante che ebbe in dotazione i seguenti mezzi: 7 carri leggeri L3/33 e 1 L3/38; 1 carro medio M13/40; 2 semoventi L6/40; 1 autoblindo AB41; 2 semoventi M42 da 75/18; 1 Lancia Lince. I carri L3 del Gruppo erano inizialmente inquadrati nella 2° Compagnia, trasformata in 1° nel febbraio 1945; questa era articolata su Comando compagnia, Plotone Comando e 3 Plotoni Carri (presumibilmente con 4 carri ognuno). Il Raggruppamento era di stanza a Torino, da dove operò contro i gruppi partigiani di tutto il Piemonte, sia effettuando rapide puntate, sia partecipando ad operazioni su vasta scala, come la presa della città di Alba, dove i partigiani avevano stabilito un proprio governo, quando il gruppo impiegò massicciamente i propri carri leggeri. Alcuni reparti si arresero agli americani e furono condotti nei campi di concentramento mentre altri si arresero ai partigiani.

Infine, sebbene non appartenenti a Gruppi Corazzati, molti altri mezzi corazzati e blindati con i loro equipaggi erano integrati singolarmente a supporto di diverse formazioni dell’esercito della R.S.I.

Dopo tanti siamo ancora a parlare di repubblichini e partigiani, di gente dalla parte giusta e gente dalla parte sbagliata, di vincitori e vinti. E finché continueremo così, non saremo mai davvero un paese unito, un paese pronto a farsi in quattro per reagire a crisi economiche e disastri naturali.

Macché, ogni 25 aprile è sempre la solita storia, si ritorna alla divisione, all’odio, all’avevo ragione io e torto tu. Ormai pochi possono dire di aver vissuto direttamente quegli eventi. Quei ragazzi di vent’anni che tanti anni fa combattevano su un fronte o sull’altro, oggi tutt’al più, sono dei signori piuttosto attempati che forse non hanno più tanta voglia di sentire questi discorsi. Basta con le ideologie, con le idee inculcate a forza nelle teste dei giovani.

Va bene, ci sono state due Italie, ci sono stati due eserciti che si sono contrapposti ed hanno combattuto aspramente. Ci sono stati morti da una parte e dall’altra. Ci sono stati genitori che hanno pianto da una parte e dall’altra. Sono passati tanti anni, vogliamo metterci una pietra sopra, vogliamo cominciare a marciare tutti insieme? Vogliamo superare una volta per tutte le divisioni? Qualche Associazione d’arma ha già dato segnali di accoglimento reale dell’Unità Nazionale commemorando TUTTI i loro caduti.

Sarebbe auspicabile che anche L’Associazione Nazionale Carristi d’Italia fosse pronta ad abbattere i muri della storia e a unire, dimostrando di riconoscere, come suoi figli, tutti giovani che hanno indossato orgogliosamente le mostrine rosso blù.


QUATAR E LA BANADIZION


 

- Bongiorno, sgnor paroco.-

- Ciao Lisaura. . . Ostia! L’am scusa! A vleva po dir, bongiorno sgnurina maestra, sala cum l’è . . .  dop ch’ al’ho batzada e a gh’o fat pasar la cresma e la cumanion, l’am par incora cla putina cl’a gneva a zugar in parochia.-

- Ben! Mo volal scherzar sgnor paroco! L’am ciama ben par nom e l’am daga dal ti che, dit da lu, l’am fa piaser e l’am fa sintir incora na zuvneta.-

- Va ben, cara la mie bela. Mo, sentat anca ti ac fat zagno ach ghè inquò? E i to putin, gh’ei tuti in scola inquò? E sta strada, sat mina si la giusta? Che tra na busa e un giazon a iò fat n’arbalton che umenti am scavezz na gamba. E zerca ad smetarla con stal sgnor paroco, che al Sgnor l’è un sol e le mej numinaral men pusibil, za c’al n’à tropi da star a drè.

- Oi! sgnior paroco, inquò lè propria un bel fred, e i putin je tuti in class e po . . . -

- E po, dag un taj con st’al sgnor paroco, a tl’ò bela fat che dir che a son don Dovilio, ch’al né brisa un gran bel nom, ma l’è quel ch’la ma dà la mie mama e ach son afezionà.-

- L’am scusa l’è cl’am vien difizil, ma gh’imprumet c’ag prov. Ma, l’am diga su, cum al fat a cascar? S’el fat dal mal? C’al n’am faga brisa star in pensier.-

- Dai, Dai! Stan’at preocupar, che s’at fus stada la a lunga at v’gneva al sangiozz dal ridar.-

- Ben, mo s’el dre dir sgnor paroco, l’am scusa, don Dovilio. C’al viena mo dentar che a ghè più cald, ac’sì al s’ponsa e al pol far la dutrinaa chi putin.-

- Grazie Lisaura! Sent’mo ac fat caldin ac’ghè chi a l’armocia. Av salut putin!-

- Bongiorno don Dovilio.-

- Ho ben! Sent’mo Lisaura, s’at fa piaser sta pur chi, che t’an sturbi brisa, anzi! Ma s’at gà dl’altar da far, va pur là c’al so che t’ag n’à sempar par indrè da far.-

- Al ringrazi don Dovilio, a go rancura ad curezar i compit d’il fest da Nadal, sl’am lasa andar a n’in prufit.-

- Va pur là bela, va a far quel che t’à da far.-

- Alora mi a vag, e cl’an staga aver timor ad ciamaram s’i fes dal baito.-

- Si! va pur là, che agh pens mi a sta mucia ad zucun, con mi agh cunvien ad star ardut. Che po’, cusa vot mai, caran ach cress l’an pol star ferma e tal sa anch cum as dis “ tgnir feram i putin, far corar i vecc e far star zita na dona a né bona gnanc la Madona”.-

- Ben,ben! Don Dovilio lu al gà sempar pront un salmunzin.-

- Dai bela che dop po, prima ca vaga via, a pass a vedrat, ac’sì at dagh un bel santin ad santa Scolastica.-

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- Dì su Odler, ti ca tiè lì in sl’undal, smincia sl’è n’dada, la maestra-.

- L’è n’dada don Dovilio.-

- Benon! Crasmand stè in urecia! Sabat av voi in parochia a impratichirav a tirar i rigur e dmemga, poca ciancia, tuti al camp spurtiv par la partida. A ghè quiei ad don Sileno ch’iè sol bun ad ciucaras dla nusa ma stavolta a j’inciulden! A gh’n’in’trighen quatar e a j’instraden a ca con la banadizion.-

- Mo don Dovilio, mi admenga an pos brisa, a go da jutar mie opà a far legna.-

- Ostia! Oriano mina faram sti scherz da pret, ch’at ga un piè cal strina, s’tan mina far fog, la legna a v’la fag ardusar dal pianton d’la fabrica, c’à son incora in avanz.-

- Don Dovilio, mi a go i scarpin sbus, cum’oja da far?-

- Anca ti Arialdo? Porti ben dal calzular e dig c’a pas po mi a giustaras.-

- Ades s’an gh’avì più da lumantarav vdì ad stanzzar. che prima ad far dutrina a s’inzgnen su l’imparciadura.-

- Don Dovilio, mi a vria far l’ala drita, che da cla part li don Sileno algh pogia sempar cla bonalana ad Solindo dla mlada e mi, clu li a mal magn, a n’agh fac tucar gnanc n’a bocia.-

- Mo Brao Arialdo, t’a ma squacià il cart, a tl’inciavi in du cl’è e at’n’al moli più.-

- Don Dovilio, s’ago i scarpin giustà, posia zugar zentravanti come ch’igl’ialtar volt?-

- Ei quei da dir Arialdo? Ti fai giustar, ac’sì a c’as posa vedar al nostar anzulin dla bela nova intrigar la bocia in tl’a red e drè da ti agh gnirà anch al to anzul.-

- Mo don Dovilio, lu l’à sempar dit che l’anzul custode a ghl’aven, mo al na s’ved brisa, cum faral a zugar al balon?-

- Mo brisa l’anzul digl’urazion. A m’intend, sa zcuren ad balon, ad quel ad tuti i zentravanti, quel cal t’imbeca la bocia, al median! E nualtar a gaven al cul d’aver al Vainer, c’al gà na schina cla par un tulier e l’è al mej median ca ghè.-

- Don Dovilio, se Arialdo al zoga ondas, mi sa faghia? Staghia a vedar?-

- Mo gnianc e po gnianc Calisto, ti at zoghi a l’impar d’Arialdo.-

- Mo fiss-ciula don Dovilio, l’an se mai vista na squadra con du zentravanti.-

- L’è ben quest l’arbalton! L’imparciament c’al li fa andar tuti in bambana, anden a zugar con du zentravanti, acsì a quei ad don Sileno agh gnirà un scarabacin quand agh rivarà du zentravanti, da du cantun.-

- Alora putin, a sen d’acord acsì e ch’ialtar post i vanza i stess. Ualtar mitig la voia ad vinzar e mi gli urazion, e sté in urecia! Che chi pasa al turan, a pasa anch la cresma.-