18 luglio 2011

Ponte al trapianto di cuore attraverso LVAD, quale impatto sugli outcome?


Fino a non molto tempo fa si riteneva che il traghettamento al trapianto di cuore attraverso dispositivi di assistenza ventricolare sinistra (LVADs) comportasse un più alto tasso di mortalità post trapianto.

Un recente studio, presentato su The Journal of Heart and Lung Transplantation, si propone di rivedere l’argomento alla luce dei dati più recenti e analizza l’impatto dell’utilizzo del LVAD sugli outcome di sopravvivenza.

Il dispositivi LVAD si dividono in due tipologie. A flusso continuo, formati cioè da una pompa collegata al cuore via una cannula di affluenza e all’aorta con una cannula d’uscita, di una linea di trasmissione esterna che collega il motore all’interno del dispositivo, e di un sistema di controllo. La generazione di un flusso ematico continuo è un modo non fisiologico, ma elimina la necessità di valvole o di camere di riempimento. Nel caso di LVAD a flusso pulsante, invece, a ogni eiezione, le pompe pulsanti convogliano un volume sistolico, producendo un polso pressorio che imita sistole e diastole del cuore nativo. I presidi pulsanti funzionano senza sincronizzare la fase con le contrazioni del cuore nativo, ma possono catturare l’intera portata cardiaca e spesso operano con gettata sistolica fissa e frequenza dei battiti variabile.

Lo studio, condotto presso la divisione di Cardiologia dell’Università dell’Utah, ha preso in esame 8.557 pazienti selezionati dal registro dell’International Society for Heart and Lung Transplantation. Gli autori hanno esaminato gli outcome post trapianto di 1100 pazienti traghettati al trapianto attraverso LVAD a flusso pulsante tra gennaio 2000 e giugno 2004 (primo periodo di osservazione), 880 pazienti traghettati al trapianto attraverso LVAD a flusso pulsante tra giugno 2004 e maggio 2008 (secondo periodo di osservazione) e 417 pazienti con terapia ponte effettuata, però, con VAD a flusso continuo nel secondo periodo.

I pazienti che necessitavano di inotropi a livello venoso (n = 2.728) ma non di supporto LVAD e quelli per i quali, invece, non si faceva ricorso né a inotropi né a VAD (n = 3.432) venivano utilizzati come gruppi di controllo.

I risultati dello studio evidenziavano, nei pazienti traghettati al trapianto attraverso LVAD a flusso pulsante, un significativo incremento della sopravvivenza tra il primo e il secondo periodo di osservazione (p= 0,03).

Nel secondo periodo non si riscontravano, invece, importanti differenze nella sopravvivenza post trapianto tra i pazienti assistiti con LVAD a flusso pulsante e quelli traghettati con tecnica a flusso continuo (p = 0,26). I tassi di sopravvivenza nei 2 gruppi, inoltre, non erano statisticamente differenti da quelli riscontrati nei gruppi di controllo. Anche le percentuali di rigetto del graft erano similari tra i gruppi con LVAD e senza LVAD.

Attualmente l’utilizzo della tecnica LVAD, sia a flusso pulsante sia a flusso continuo, non sembra condurre a un più alto tasso di mortalità, concludono i ricercatori, e si tratta indubbiamente di un dato importante visto il crescente ricorso a tale metodologia ponte.

Bibliografia. Nativi JN, Drakos SG, Kucheryavaya AY, et al. Changing outcomes in patients bridged to heart transplantation with continuous- versus pulsatile-flow ventricular assist devices: an analysis of the registry of the International Society for Heart and Lung Transplantation. J Heart Lung Transplant. 2011; ePub: May 13.