14 dicembre 2022

Ma il tempo, passa?


Le stagioni, in questo luogo mezzo piatto e mezzo appiattito, sono sempre estreme, mai una media stagionale, come dicono i meteorologi, mai in un modo che abbia la parvenza di normale.

Le stagioni, in questa terra depressa, passano lasciando sempre il segno, facendosi sempre ricordare e alimentando nella gente la speranza che non ritornino più così, come le hanno viste e che, invece, anno dopo anno, generazione dopo generazione, immancabilmente ritornano così e anche peggio.

Le stagioni calde sono eccessivamente calde, calde torride, calde afose, eccezionalmente calde, tanto calde che bruciano e seccano tutto ciò che non ha un riparo.

Le stagioni fredde sono incredibilmente fredde, rigorosamente fredde, gelidamente fredde e fanno raggiungere al termometro temperature eccezionalmente basse.

Le stagioni miti, invece, sono ben poca cosa rispetto alle altre, brevi tregue tra quei fenomeni estremi, ma così brevi che non si riesce nemmeno a considerarle vere e proprie stagioni.

Il tempo passa facendo ricordare, a volte anche troppo bene, le stesse cose che succedono alla gente e a tutto ciò che succede ogni giorno al mondo che sta loro attorno.

Al tempo, non inteso come clima, ma come il succedersi dei giorni, settimane, mesi, anni, non va certamente meglio, anzi, né meglio né peggio e le giornate passano lente, tanto che non si arriva mai a finire di tracciare sul calendario il segno a penna sul giorno appena passato, che si comincia a tracciare il segno su quello che sta iniziando.

Anche lo stato d’animo della gente è abbastanza simile alle stagioni, lo si capisce dai discorsi che fanno e dalle frasi e mezze frasi e dalle occhiate che si scambiano, dal detto non detto, ma capito e che, o sono sempre estremamente favorevoli o decisamente contrarie.

Gente troppo allegra da sfiorare un’apparenza di instabilità psicofisica o troppo triste, quasi depressa, per non parlare delle discussioni e dei contrasti che nascono come normali alterazioni climatiche ed evolvono, con la velocità dei venti di tempesta, in veri e propri cataclismici contrasti al limite dello scontro fisico.

Il tempo è come un galantuomo, passa, senza guardare in faccia a nessuno”, si sente sovente ripetere alle persone mature per età e, si presume, per esperienza, per non dire dei vecchi che di esperienze ne vantano a vagonate.

Tante, ma tante, da non ricordarsene una che una intera, appropriata e adeguata, da lasciare ai giovani.

I giovani, poi, sono l’immagine della sconfitta dell’intelligenza umana, una catastrofe etnica. Molti corpi secchi e provati da evidenti mancanze alimentari, contrapposti ad altri flaccidi e ipernutriti, in comune hanno solo le espressioni dei visi, inequivocabilmente vuote.

Sorrisi e tristezze accomunati nella stessa smorfia, in alcuni casi odontoiatricamente provata e comunque accompagnata da sguardi impenetrabili, spenti e limitati per campo d’azione, che non oltrepassano le punte dei nasi, perennemente sgocciolanti o interessati da campagne archeologiche. 

Nella mente, il tentativo di leggere quelle immagini giunge inesorabilmente allo stesso risultato, qualsiasi sia la chiave di lettura e la domanda sorge spontanea: ma in quei crani ci sta il vuoto relativo o il vuoto assoluto?

Il tempo, quel galantuomo del proverbio, non è poi così tanto galantuomo, anzi, all’apparenza si direbbe un po’ maleducato, sicuramente è molto altezzoso se, passando, non degna di uno sguardo nessuno dei presenti, insomma, l’educazione è di chi ce l’ha e la usa e, senza tante smancerie, almeno un buongiorno è d’obbligo.

Il senso più intrinseco del vecchio detto, si riconosce proprio dopo il passare del tempo, facendo cedere all’ammissione che quel proverbio la dice lunga e, in poche, ma significative parole, racchiude una grande lezione di vita. Ora c’è da chiedersi dove sono finiti quei vecchi saggi e quelle occasioni da non dimenticare, quei protagonisti di fatti e azioni da ricordare in eterno e da portare in ogni occasione ad esempio, con citazioni pompose e retoriche da far sbottare anche il più bonario incassatore o menefreghista di questo mondo.

Direi che i tempi, nel tempo, vengono manipolati ad arte da chi non sapendo bene come cavarsela nelle occasioni più complesse, usa queste preconfezionate, vecchie e ricorrenti manovre, ormai prive di ogni morale e svuotate di qualsiasi insegnamento. 

La gente sa fare solo la gente, nel senso che volente o nolente, o cosciente o incosciente, si adegua all’andazzo di quel mondo in cui trascina la sua vita quotidiana, senza riuscire a dire nulla di più di quello che è stato già detto e ripetuto da tanti prima e che continuerà ad essere ripetuto da tanti, anche dopo. 

Il tempo è un galantuomo? Ma chi? Ma dove? Ma quando? Andate a chiedere a chi aspetta il ritorno di una persona cara se è vero, andate a chiederlo ad un ragazzo che non vede l’ora di essere adulto, o ad una ragazza che aspetta di poter coronare un sogno d’amore. Il tempo è un tiranno che fa penare e che non gli importa nulla delle speranze o dei sogni della gente, anzi, più ci mette a passare e far passare pene d’inferno e più ci gode, perché più aspettiamo e sempre di più sembra che continui progressivamente a rallentare il volano dell’alternarsi delle ore e dei giorni e via dicendo.

I vecchi che conoscevano, a detta loro, tutti gli umori del tempo, avendo potuto sperimentare e apprendere tale conoscenza della vita, non arrivano mai a trasmetterli completamente ai giovani proprio perché il tempo, dopo averli fatti penare per la lentezza, improvvisamente diventa veloce, a tal punto di non lasciar loro più il tempo necessario a poterlo fare.

Il tempo è un’illusione a cui vogliamo credere, ed è alimentata dalle convenzioni inventate dagli uomini proprio per non smettere di crederci.

Il tempo è una fregatura che tutti prima i poi prendono e che, dimenticando di quanto è bruciante, continuano a cascarci ogni volta che si ripresenta l’occasione e, a chi più spesso e a chi meno spesso, le occasioni per cascare in questo imbroglio, mediamente in una vita, si presentano in eguale misura per tutti.

da "CUORI, CERVELLI E ANIME" di G.B. - 2021 edizioni Montag