25 marzo 2013

Il Paradosso Francese



Il concetto di paradosso francese, molto in voga nella letteratura anglosassone del XX secolo, descrive la (presunta) divergenza dei tassi di mortalità tra la popolazione francese del Sud Ovest e il resto della Francia (al Sud era più basso che al Nord).
Per grossolano ingigantimento, si utilizza anche per contrapporre l’intera popolazione francese all’intero mondo anglosassone.
Già in voga agli inizi del ‘900, questo termine fu collegato all’uso di vino nel 1869 né “La Lettre dell’Office international de la vigne et du vin”. Nel 1989 il termine “The French Paradox Antioxidants” debutta grazie a tale George Riley Kernodle.
Nel 1992 Serge Renaud, un professore dell’Università di Bordeaux, dal confronto tra popolazione americana e francese, osserva come la seconda abbia un’incidenza relativamente bassa di disturbi alle coronarie, sebbene faccia una dieta ricca di grassi saturi.
Sebbene abbia avuto molta fortuna in passato, tanto che ancora oggi è utilizzato acriticamente da alcuni mass media, tale concetto è il risultato di un impianto teorico scorretto, fondato sulla suggestibilità e non sulla significatività.
Per quanto riguarda il primo termine, “paradosso”, l’apparente incongruenza si basa sul fatto di considerare dieteticamente comparabili due popolazioni che evidentemente non lo sono.
In particolare, non è considerato l’intero panorama del modus vivendi e dell’alimentazione (ci si concentra invece solo sull’uso moderato del vino a pasto) mentre uno studio molto più ampio e soddisfacente è il LYON (Lyon Diet Heart Study pubblicato su Circulation 2001).
Quest’ultimo ha indagato gli effetti della dieta mediterranea in prevenzione secondaria, cioè in soggetti che avevano già presentato un infarto del miocardio. Il gruppo che ha dimostrato un’aderenza al modello della dieta mediterranea, presentava una riduzione di eventi cardiovascolari rispetto al gruppo non trattato.
Inoltre, l’associare bassa mortalità al consumo di vino è solo l’affermazione di una correlazione statistica, dalla quale non è possibile dedurre direttamente un rapporto di causa-effetto.
Per quanto riguarda il secondo elemento, “francese”, l’errore è più evidente. Il tasso di mortalità per malattie coronariche è omogeneo in tutta l’Europa (come si evince dallo studio MONICA (Multinational Monitoring of trends and determinants in Cardiovascular disease, del 1999), decrescendo gradualmente dal nord al sud del continente, in modo tale che non vi è differenza statisticamente significativa tra Belgio e nord della Francia, per esempio, né tra nord e sud della Francia, né tra sud della Francia e Spagna o Italia. Vi è invece una differenza statisticamente significativa tra le popolazioni del nord e del sud Europa.
La correlazione tra bassa mortalità per malattie coronariche e consumo di vino è stata avanzata per la prima volta nel 1979 e il concetto del paradosso francese è stato formulato nel 1980 da alcuni epidemiologi francesi.
A partire da questa prima ipotesi numerose ricerche sono state effettuate per dimostrare quali fattori potessero avere un effetto protettivo.
Alcuni studi si sono concentrati sull’effetto dell’alcool, e sono arrivati alla conclusione che un consumo moderato di vino (inferiore a 40 gr al giorno di etanolo, circa tre bicchieri) limiti l'incidenza di tali malattie, probabilmente per un effetto sul colesterolo HDL e sulla fluidità del sangue.
Tuttavia l’alcool non basta di per sé a spiegare il fenomeno, infatti, alcuni dati hanno mostrato che il vino è più efficace di altre bevande alcoliche nella riduzione dell’incidenza di queste malattie.
Secondo alcune ipotesi, la ragione di tale proprietà deriverebbe dai polifenoli di cui il vino è ricco, in particolare il resveratrolo.
Queste sostanze sono altamente antiossidanti e questa proprietà è alla base delle loro riconosciute azioni preventive di diverse malattie.
Tuttavia non è possibile dimostrare che le proprietà biologiche mostrate in vitro siano riproducibili in vivo, considerando che per assumere adeguate quantità di polifenoli il consumo di vino dovrebbe essere ben più elevato che due-tre bicchieri al giorno, ma in questo caso l’organismo sarebbe esposto agli effetti negativi dell’alcol.
Tra le altre ipotesi esplorate, uno studio ha portato l’attenzione su un’altra proprietà del vino, non correlata con i polifenoli: esso sarebbe in grado, anche a bassi dosaggi, di inibire la sintesi del peptide endotelina (endothelin-1), che è un vasocostrittore correlato alle malattie cardiovascolari e alla aterosclerosi.
In ogni caso le ricerche disponibili ad oggi, non hanno dimostrato in modo conclusivo l’esistenza effettiva di un rapporto causa-effetto tra il consumo di vino e la prevenzione di malattie cardiovascolari.
Sono state formulate anche altre ipotesi, tra cui il fatto che nelle regioni francesi in cui la mortalità da malattie cardiovascolari è minore, si osserva un più alto consumo di vegetali particolarmente ricchi di folato.

tratto da "Tra Vinifera e Labrusca" Botti Gabriele, Edizioni BookSprint

08 marzo 2013

La trapiantologia tedesca scossa dai casi di manipolazione delle liste


"La donazione degli organi è un gesto altruistico che richiede la fiducia dei cittadini nei medici e nel sistema sanitario e la certezza di una gestione etica e seria del processo di allocazione degli organi e di trapianto. Se questo legame di fiducia si interrompe, le conseguenze possono essere di larga portata come dimostra oggi il caso della Germania", così esordisce un editoriale pubblicato sulla rivista Lancet lo scorso gennaio.
La rivista sceglie di occuparsi del caso che ha scosso la trapiantologia tedesca. Nel luglio del 2012 scoppia il primo caso: a Göttingen un chirurgo della clinica trapiantologica dello University Medical Centers è accusato di avere falsificato l’indice MELD di alcuni pazienti in lista d’attesa, facendo ottenere loro una posizione prioritaria in nella lista stessa e dunque un accesso più veloce al trapianto di fegato. Il tutto, si suppone, dietro compenso. Nel 2009, suo primo anno a Gottingen, il chirurgo in questione ha realizzato 55 trapianti di fegato contro i 9 eseguiti nella stessa struttura nell’anno precedente, quando il chirurgo era in forza allo University Hospital di Regensburg. In seguito a questo scandalo si è cominciato anche ad indagare sui trapianti eseguiti, sempre dallo stesso chirurgo, tra il 2003 e il 2008, proprio a Regensburg: 23 sono risultati sospetti. La clinica trapiantologica di Göttingen ha sospeso il chirurgo a decorrere dal 1 novembre 2012; insieme a lui è stato sospeso anche un gastroenterologo ritenuto coinvolto nel caso. Si tratterebbe, dunque, di un caso di malasanità legato alla propensione per il malaffare di un solo soggetto.
Ma forse non è così. È di gennaio l’ultimo caso: questa volta è a Leipzig che si sospetta che 38 trapianti di fegato siano il frutto di una falsificazione dei criteri che determinano la posizione in lista d’attesa. Di fronte all’ennesimo scandalo il Ministro della salute tedesco, Daniel Bahr, ha riunito una commissione d’emergenza a Berlino e garantito che i responsabili verranno individuati e puniti.
Ma dove cercare le responsabilità? Nei singoli? Nel sistema? "Molte sono le ragioni che hanno generato questo stato di cose, inclusa la pressione sui medici esercitata dai centri stessi in cui si trovano a svolgere la loro attività: un numero maggiore di trapianti effettuati si traduce in un aumento di prestigio della clinica medica dove vengono eseguiti che ripaga con incentivi ‘per obiettivi’ i propri chirurghi", dichiara il Lancet.
Secondo l’editoriale della rivista, la Germania dovrebbe pensare a un sistema di governance che impedisca il ripetersi di questi casi; le inchieste giudiziarie non possono essere l’unica risposta per restituire alla popolazione la fiducia nel sistema. Che la fiducia dei cittadini sia diminuita lo provano i numeri delle donazioni da cadavere che sono diminuite, dal 2011 al 2012, di circa il 13%.

Fonte: Crisis in Germany’s organ transplantation system. Lancet 2013;381(9862):178

Tratto da il PENSIERO SCIENTIFICO – Centro Nazionale Trapianti- n.160- 7 marzo 2013