26 ottobre 2016

IL PREMIO tratto da "CUORI, CERVELLI E ANIME"



UFFICIO IMPOSTE E TASSE, già il nome ispirava un senso di oppressione che aumentava alla vista del luogo dove era insediato. L’ufficio era situato all’ultimo piano dell’ex casa del fascio di ventennale memoria, un palazzone cupo e pesante, con quei suoi grandi cornicioni in pietra scura e, comunque, uno dei pochissimi edifici risparmiati dai bombardamenti della guerra. Destino bizzarro il suo, la guerra si era portata via quasi tutte le più belle e amate architetture che caratterizzavano il paese e aveva invece risparmiato quella, tanto brutta quanto odiata, quella più invisa agli abitanti, l’unica che, per ciò che era e ciò che rappresentava, in molti avrebbero voluto vedere rasa al suolo.
L’ufficio Imposte e Tasse, in pratica, era una sede periferica dell'Ente che stava in città e pertanto, il personale era talmente ridotto da limitarsi a due funzionari; nessun capo ufficio i due erano erano di pari grado, avevano le stesse competenze e svolgevano le stesse mansioni, in pratica si dividevano il poco lavoro che gravava sul distaccamento.
Il ragionier Odovilio Ruffantini stava in quell’ufficio da quasi trent’anni e abitava in paese, dove si era stabilito poco dopo essere stato trasferito dalla sede principale.Insieme a lui era stato trasferito, anche il collega dello stesso ufficio Valghiero Monagotti anch'egli ragioniere.
I due erano arrivati insieme ma, se il ragionier Ruffantini aveva preso fin da subito la residenza insieme alla famiglia, il ragionier Valghiero Monagotti  aveva continuato a risiedere nella città, continuando a fare, in tutti quegli anni, la spola da casa al lavoro con la corriera di linea. Il Monagotti al contrario del Ruffiantini non aveva impegni familiari, non si era mai spostato o, come amava ripetere lui, -Tra le tante femmine amate, una che si meritasse il premio di diventare mia moglie non c’è mai stata-.
I due avevano ognuno il proprio ufficio, ognuno verificava lo stato patrimoniale e fiscale degli abitanti dei paesi su cui la sede periferica aveva competenza e nei giorni di ricevimento del pubblico, si formavano due lunghe file di persone in attesa di essere ricevute dai due funzionari. la coda degli astanti davanti all'ufficio del ragionier Monagotti non era mai eccessivamente lunga, al contrario di quella delle persone che aspettavano davanti all’ufficio del ragionier Ruffantin,i che erano sempre molte di più. Le due code si differenziavano anche per gli umori di coloro che le formavano, chiaramente il recarsi a trattare le tasse da pagare era, per chiunque, un compito gravoso, ma non poi così tanto per chi andava dal ragionier Ruffantini a sentire i discorsi abbastanza gioviali e dalle facce preoccupate, ma non avvilite. Ben altra impressione facevano le facce di coloro che dovevano affrontare il ragionier Monagotti, che erano scure e contrite e difficile era capire qualcosa dai discorsi che uscivano rari e a monosillabe per il resto del tempo regnava un silenzio tombale. L’ufficio di questi pareva l’antro del diavolo, una vera e propria stanza degli interrogatori e lui, ”grandine”, come lo avevano soprannominato i coltivatori del posto, rifacendosi alla peggiore delle disgrazie che poteva capitare nelle campagne, non si risparmiava nel distribuire multe e sovratasse, trattando i poveri malcapitati contribuenti come i peggiori delinquenti .
Tutt’altro il comportamento ragionier Ruffantini, l’Odovilio, si perché, in paese, era chiamato cordialmente così, come un amico anzi, come uno di famiglia e come tale era per tutti un riferimento a cui rivolgersi in caso di necessità, lui, l’Odovilio, era sempre pronto a prestarsi per dare una mano in ogni circostanza e anche nelle pratiche dell’ufficio, trovava sempre una via amichevole per portare il giusto all’erario e non pesare troppo sui contribuenti.
Quasi trent’anni di lavoro trascorsi con Valghiero, he! si, forse aveva passato più tempo con lui che con la famiglia e, se con la moglie o con i figli c’erano scappati dei bisticci o delle arrabbiature, con il collega mai uno screzio, mai una volta che si fosse reso necessario alzare la voce, un vero idillio.
Una mattina, mentre stava esaminando una pratica che gli dava dei grattacapi, Odovilio ebbe la sensazione che qualcuno lo stesse osservando, si alzò dalla scrivania, fece un giro per l’ufficio guardandosi intorno con un senso di disagio
 –sarà la colazione di questa mattina che non ho ben digerito- si disse tra se stesso, e tornò a sedere al tavolo, riprese a consultare la pratica ma con malavoglia, c’era qualcosa che non andava e non riusciva a capire cosa, fu in quel momento che senti quella voce.
-Buongiorno Odovilio.- 
Trasalì, alzò gli occhi e guardò la stanza girando la testa da un lato e dall’altro, ma non c’era nessuno, forse veniva da fuori, ma da fuori non era possibile sentirla così nitida e poi, con la porta chiusa, ma se … - Chi è? Avanti!.- disse a voce alta, ma niente, la porta non si aprì, fuori non c'era nessuno.
- Sono qui Odovilio, non preoccuparti, sono io, tu non mi vedi ma sono qui, accanto a te-
Odovilio si alzò di scatto, fece un giro su se stesso preso dallo spavento, ficcò gli occhi in tutti gli angoli della stanza mentre la girava in lungo e in largo, toccando e spostando tutto quello che poteva.
–Chi è? Chi c’è qui?- Ripetè spaventato, ma come poteva vedere con i suoi occhi, la stanza era vuota.
-Oddio, sta a vedere che a forza di stare in mezzo ai numeri adesso li sto dando io- pensò – Ma la stessa voce ritornò e parlava lenta e calma ed era una voce calda, armoniosa e anche . . .  tranquillizzate.
-No Odovilio, non stai impazzendo, sono proprio io, non mi puoi vedere, ma puoi sentire la mia voce.
Odovilio sentì che, stranamente nonostante la incredibile situazione che stava vivendo, la sua agitazione e la sua paura stavano scemando e man mano che la voce parlava, era tranquillo, nonostante quello strano fenomeno irreale che gli sembrava un sogno.
-Ma tu . . .  chi sei?  Che cosa sei? Cosa vuoi?  . . . Da me?-
-Sono la tua Anima, o il tuo Angelo custode, o il tuo Dava, il Mani, il Surkal, il Malak, il Dynameis, il mediatore celeste, insomma, chiamami come meglio credi, perché io sono l’entità trascendente che è sempre stata accanto a te, dal momento che sei venuto alla vita.
-Ma . . . e perché solo adesso ti manifesti?
- Perchè a volte capita che, per alcune persone, e in via eccezionale, ci si possa manifestare e questa è un'eccezione, io sono qui ,ora per premiarti.-.
Odovilio sgranava gli occhi cercando di capire da dove proveniva la voce, voleva vederlo non era ancora del tutto convinto che una voce se andasse in giro da sola, senza la persona che la emetteva, doveva pur esserci chi o cosa parlava, ma quella sembrava arrivare da ogni direzione, lo avvolgeva e lo incantava.
-Ma perché? Cosa ho mai fatto per trovarmi in questa situazione? -
-Vedi Odovilio, nella tua vita tu sei sempre stato un uomo buono, hai dispensato amore e felicità a chiunque, hai sempre aiutato il tuo prossimo ma, nonostante ciò, non hai mai ricevuto in cambio ciò che meritavi, mai un riconoscimento adeguato perciò, in via del tutto eccezionale è stato disposto, “ là, dove si puote ciò che si vuole“, come dite voi uomini, che ti venga riconosciuto un giusto premio.-
-Odovilio faticava credere a quelle parole, faticava a credere di essere sveglio, si sentiva come ubriaco. Proprio lui che era astemio!
-Ma perche questo? Ma perché a me? E poi, che premio dovrei ricevere?-
-Te l’ho detto Odovilio, perché tu lo meriti e meriti il premio che tu deciderai, tu potrai chiedere qualsiasi cosa in qualsiasi cosa, di qualsiasi natura e senza alcun limite, decidi tu cosa vuoi.-
-Decidere cosa voglio? Cosi su due piedi, non è mica facile . . . ma posso proprio chiedere tutto, ma . . . tutto,tutto?
-Senza limiti Odovilio, tutto quanto, ricchezza, potere, fascino, talento, intelligenza, tutto quanto puoi immaginare, l’avrai, ma . . . .
-Ma?-
-Ma, ad una condizione. –
-E quale è la condizione.-
-Alla condizione che tutto ciò che verrà concesso a te, verrà dato, ugualmente e in uguale misura, al tuo collega.-
-Ha! La stessa cosa che ti chiederò verrà data anche a Valghiero . . . al ragionier . . . Valghiero Monagotti, è cosi?-
-Esattamente così, quello che avrai tu, lo avrà anche lui.-
Odovillo abbassò gli occhi e divenne serio e pensieroso. Pensava a cosa chiedere e intanto, nella sua mente passavano le immagini della sua vita, delle gioie e dei dolori, delle soddisfazioni e delle delusioni e di tutti coloro che aveva visto e conosciuto, e intanto che passavano, cercava di capire e di confrontare e di scegliere. Tutto ruotava vorticosamente. Cosa? Cosa poteva essere tanto importante, per lui, da soddisfare le  aspettative di una vita intera, da bilanciare, da compensare, da  ripagare quanto sacrificato in quell'intera esistenza. Improvvisamente alzò la testa, spalancò gli occhi e un sorriso strano, quasi una smorfia, gli si disegno sul viso.
-Ha! Adesso Ho capito! Adesso lo sò! Allora . . . . . . alloraaaaaa. . .
-Allora? Cosa ha deciso mio buon Odovillio?
-Allora cavami un occhio!-