23 settembre 2009

La Pandemia, , , , ?


IRONIA NEL SUO MIGLIOR STILE

2000 persone contraggono l’influenza suina e ci si mette la mascherina…25 milioni di persone con AIDS e non ci si mette il preservativo…

PANDEMIA DI LUCRO

Che interessi economici si muovono dietro l’influenza suina? Nel mondo, ogni anno, muoiono milioni di persone, vittime della malaria, i notiziari di questo non parlano… . Nel mondo, ogni anno muoiono due milioni di bambini per diarrea che si potrebbe evitare con un semplice rimedio che costa 25 centesimi. . . . . I notiziari di questo non parlano . . . . . Polmonite e molte altre malattie curabili con vaccini economici, .provocano la morte di 10 milioni di persone ogni anno. I notiziari di questo non parlano . . . . . . Ma quando comparve la famosa influenza dei polli… i notiziari mondiali ci inondarono di notizie . . . . . un’epidemia ; e più pericolosa di tutte, una pandemia! Non si parlava d’altro, nonostante questa influenza causò la morte di 250 persone in 10 anni . . . . .25 morti l’anno!! L’influenza comune uccide ogni anno mezzo milione di persone nel mondo . . . . .Mezzo milione contro 25.

Quindi perché un così grande scandalo con l’influenza dei polli? Perché dietro questi polli c’era un "grande gallo". La casa farmaceutica internazionale Roche con il suo famoso Tamiflu, vendette milioni di dosi ai paesi asiatici. Nonostante il vaccino fosse di dubbia efficacia, il governo britannico comprò 14 milioni di dosi a scopo preventivo per la sua popolazione. Con questa influenza, Roche e Relenza, ottennero milioni di dollari di lucro. Prima con i polli, adesso con i suini: e così adesso è iniziata la psicosi dell’inflluenza suina, tutti i notiziari del mondo parlano di questo. Allora viene da chiedersi: se dietro l’influenza dei polli c’era un grande gallo, non sarà che dietro l’influenza suina ci sia un "grande porco?". L’impresa nord americana Gilead Sciences ha il brevetto del Tamiflu, il principale azionista di questa impresa è niente meno che un personaggio sinistro: Donald Rumsfeld, segretario della difesa di Gorge Bush, artefice della guerra contro l’Iraq.Gli azionisti di Roche e Relenza si stanno fregando le mani, felici per la nuova vendita milionaria. La vera pandemia è il guadagno, gli enormi guadagni di questi mercenari della salute.

Se l’influenza suina è così terribile come dicono i mezzi di informazione, se la Organizzazione Mondiale della Salute (diretta dalla cinese Margaret Chan) è tanto preoccupata, perché non dichiara un problema di salute pubblica mondiale e autorizza la produzione farmaci generici per combatterla?

13 settembre 2009

Virus A (affari d'oro)

Forse, alla fine, la pandemia non ci sarà. Forse, il vaccino arriverà troppo tardi. Ma i soldi, nelle casse di Big Pharma, chiamata in fretta e furia a preparare l’antidoto, stanno già entrando a fiumi. È un business da 10 miliardi di dollari: la paura non conosce recessione. Anche se ogni singola dose di vaccino è destinata a costare una decina di euro, infatti, è il volume delle vendite a fare massa. Una delle maggiori banche d’investimento mondiali, J. P. Morgan, ha calcolato che i governi dei vari paesi abbiano già prenotato, presso le 3-4 aziende in grado di produrre il vaccino su larga scala, almeno 600 milioni di dosi. Per un controvalore di 3 miliardi di euro, circa 4,3 miliardi di dollari. Nei giorni scorsi, si è aggiunta la Francia, con un ordine per 94 milioni di dosi e un assegno da 1 miliardo di euro. E la lista è destinata ad allungarsi. J. P. Morgan stima che, alla fine, ai 600 milioni di dosi già prenotate se ne sommeranno altri 350 milioni, per un’ulteriore fattura di oltre 2 miliardi e mezzo di dollari, più di 1,8 miliardi di euro. Di fatto, per Big Pharma è un affare a colpo sicuro. Il miliardo di dosi prenotate, o in via di prenotazione, è largamente insufficiente a coprire una popolazione mondiale che sfiora i 7 miliardi di persone. Ma è anche, più o meno, il massimo che gli impianti attuali possano produrre, sotto forma di fiale da iniettare (in Europa) o di spray nasale (negli Usa). Non ci saranno rimanenze di magazzino. A spartirsi questo imponente business dell’influenza suina è un ristretto gruppo di giganti dell’industria farmaceutica: GlaxoSmithKline, Sanofi Aventis, Novartis, Astra Zeneca. Accanto ai vaccini antinfluenza ci sono, però, anche le medicine per chi, l’influenza, l’ha già presa. Anche qui, è Big Pharma a dominare il mercato. Anzitutto con il Tamiflu della Roche. E poi con il Relenza, ancora di GlazoSmithKline. Secondo J. P. Morgan, Tamiflu e Relenza porteranno, rispettivamente a Roche e Glaxo, vendite per 1,8 miliardi di dollari nei paesi ricchi, più 1,2 miliardi di dollari nei paesi in via di sviluppo. Complessivamente, altri 3 miliardi di dollari, oltre 2 miliardi di euro. Fra vaccini e medicine, il rischio pandemia vale, per Big Pharma, circa 10 miliardi di dollari. Di contro, senza i grandi nomi dell’industria farmaceutica, probabilmente, non ci sarebbero né le medicine, né la speranza del vaccino. Cinque anni fa, nell’inverno 2004-2005, negli Usa non si riuscì a mettere insieme le dosi previste di vaccino contro l’influenza ordinaria, prodotte da due aziende relativamente piccole: Aventis Pasteur e Chiron. In effetti, Big Pharma si teneva per lo più lontana da un settore che appariva poco promettente: nel 2004 le vendite complessive di vaccini in generale - non solo per l’influenza - raggiungevano appena gli 8 miliardi di dollari, meno degli incassi di un singolo farmaco fra i più diffusi. Poi, alcune aziende hanno scoperto che, con i vaccini, si possono far soldi. La Wyeth con un vaccino contro lo pneumococco (84 dollari a dose). La Merck con uno contro il papilloma (130 dollari a dose). Big Pharma ha scoperto il settore: Novartis ha comprato Chiron, Sanofi ha preso Aventis Pasteur, Astra Zeneca Medimmune, Glaxo ID Biomedical, ancora Sanofi la Acambis, Pfizer ha assorbito Wyeth. Senza questa concentrazione di mezzi e di ricerca, dicono gli uomini delle grandi aziende, non ci sarebbero oggi le risorse industriali per una risposta rapida all’emergenza pandemia. Nonostante questo spiegamento di forze, peraltro, il vaccino, anche se prenotato, è ancora un punto interrogativo. Gli scienziati della Novartis hanno fatto sapere che, nei test di laboratorio sul virus della suina, riescono a produrre solo il 30-50 per cento dell’antigene (l’antigene è l’elemento attivo del vaccino) che normalmente si ottiene per il virus dell’influenza ordinaria. Più antigene si crea, più dosi si possono produrre. Inoltre, il processo di fabbricazione è ancora lungo: una volta isolato il virus in laboratorio, le milioni di dosi di vaccino vanno coltivate in altrettanti milioni di uova di gallina, per un periodo di 4-6 mesi.È per questo che non si sa ancora con sicurezza quando il vaccino prenotato sarà effettivamente disponibile. Esiste un metodo più rapido: la produzione del vaccino direttamente su una cultura di cellule. È una procedura già usata per altri vaccini, ma ancora non autorizzata per l’influenza. L’emergenza pandemia potrebbe costringere a bruciare i tempi.

Da un articolo pubblicato a luglio su REPUBBLICA

06 settembre 2009

Calamari col pien de carciofi



Par quatro che magna

Tri carciofi bei frischi e grossoti;
1 zeola;
8 calamari
2 ciope de pan vecio
1 ovo intiero
late
vin bianco seco
2 eti de fave fresche
ojo stravergine de oliva
1 bussoloto de polpa de pomodoro
sale e pévaro

Se fa cussì:

Pareciare tri carciofi cavàndoghe le foje dure e la parte de sora;

Fare on desfrito co meza zeola, butarghe drento i carciofi tridà e cusinarli, bagnando co on fià de vin bianco; zontarghe insieme el resto del calamaro (zate, testa, ec.) tridà fin e justare de sale-pévaro;

Mètare a moja sol late do ciope de pan vecio e assarlo supare, po’ strucarlo par ben, che’l vegna squasi suto e fare on paston zontandoghe i carciofi e uno o du ovi intieri e justare de sale;

Inpenire on par de bei calamari par persona, mètarli so na tecia da forno co on fià de ojo e cusinarli a 180 gradi;

Intanto fare on conposto co staltra meza zeola fetà no massa fina, polpa de pomodoro e fave fresche, faséndolo sugare so na tecia co on fià de ojo. Al posto dele fave va ben anca dele olive verde senza osso;

A metà cotura (dopo na vintena de minuti) co ‘sta salsa, cuèrzare i calamari e assarli in forno fin ala fine;

Magnare caldo de bojo.