Il vino cosiddetto naturale è
decisamente più buono di quello “truccato” che troviamo solitamente in
commercio per 3 motivi:
è più buono in bocca perché ogni
vino, per non dire ogni bottiglia, ha un carattere particolare ed è la vera
espressione del “terroir” da cui proviene.
è più buono in corpo perché, essendo
molto più digeribile, ne puoi bere anche in abbondanza e non ti darà quei
feroci mal di testa che pensavi fossero normali.
è più buono in terra perché mantiene
il suolo vivo, permettendo a tutti i micro-organismi che lo abitano di esistere
e di nutrire la vite e l’uva.
Certo, non sempre è facile bere un
vino naturale. A volte possono risultare un po’ troppo diversi da quello a cui
ci hanno abituato in questi anni con l’aiuto della cosmesi enologica, ma col
tempo si comincia a capire che il vino migliore è quello e poi non si riesce
più a tornare a quel gusto finto che hanno la maggior parte dei vini
convenzionali.
Chi sono i produttori di questi
magnifici vini?
Sono persone che hanno capito che rispettando
gli equilibri della natura si ottengono piante più sane e vini migliori. Sono
uomini e donne che hanno a cuore la loro terra e le loro uve e si rifiutano di
usare sostanze artificiali per produrre i loro vini.
Ma che cosè un vino fatto con metodi
naturali?
È un vino che non conosce la chimica
di sintesi né in vigna, nè in cantina e fermenta con i lieviti della sua uva e
non con quelli selezionati da qualche industria alimentare. Questo gli
permetterà di esprimere il suo vero carattere. Spesso, ma non sempre, viene
“protetto” con una minima dose di anidride solforosa. Ci sono poi degli aspetti
che lo possono rendere sempre più “puro” come: nessun uso di zolfo o rame per
proteggere la vite dalle malattie, nessuna temperatura controllata in fase di fermentazione,
nessun filtraggio o chiarificazione e nessuna aggiunta di solfiti.
produttori che Non usano nessun
agente chimico di sintesi in vigna perchè sappiamo che questi, oltre ad
avvelenare la pianta e il suo frutto, uccidono tutta quella vita micro-organica
che si nutre dalla pianta e in cambio le dona tutte quelle proprietà che la
renderanno unica.
Usano solo i lieviti spontanei delle
loro uve per fermentare i loro vini.
Non usano additivi di nessun genere
in cantina per correggere il naturale svolgimento della fermentazione del mosto
in vino, a parte (e non sempre) modiche dosi di anidride solforosa.
Per tutto il resto, più un
produttore è puro e più noi lo stimiamo e se ci darà un gran vino allora avrà
tutta la nostra riconoscenza.
Il vino è l’unico prodotto
alimentare che per legge non deve riportare in etichetta gli ingredienti di cui
è fatto. Questo permette a chi lo produce di “truccarlo”, senza doverlo
dichiarare al consumatore, basta che rientri nei parametri stabiliti. Quasi tutti
i vini che sono in commercio sono corretti in modo da apparire più buoni di
quello che sarebbero se fossero fatti di sola uva fermentata.
Per fortuna ci sono degli
agricoltori che rifiutano questi metodi e, attraverso un serio lavoro in vigna
senza l’aiuto della chimica, ottengono uve sane per trasformarle in vino senza
altre aggiunte se non, a volte, piccole dosi di solfiti.
Cosa sono i solfiti?
L’anidride solforosa (o biossido di
zolfo – SO2) è un gas incolore, dall’odore pungente. Nonostante la sua elevata
tossicità viene usata come additivo, insieme ai suoi derivati, in tutti campi
alimentari compresa l’enologia. Il vino produce naturalmente da sè una minima
quantità di anidride solforosa in fase di fermentazione.
A cosa servono i solfiti?
Nel vino i solfiti limitano lo
sviluppo di batteri e lieviti, bloccano eventuali fermentazioni, hanno funzione
antiossidante e favoriscono l'estrazione del colore e del sapore dalle vinacce.
In che quantità si possono
aggiungere?
In Italia il limite di legge è di
160 mg/l per i rossi, 220 mg/l per i bianchi e i rosati e 400 mg/l per i vini
dolci. Il disciplinare biologico, invece, prevede le soglie di 60 mg/l per i
vini rossi, 80 per i bianchi, 120 per i vini dolci. Per legge, se la quantità
totale di anidride solforosa supera i 10 mg/l, va indicato in etichetta con la
dicitura “contiene solfiti”.
Per qualche “inspiegabile” motivo la
legge non obbliga a specificare la quantità di solfiti presenti nel vino,
facendo così sembrare uguali vini con dosi decisamente diverse e perciò con
effetti nettamente diversi sulla salute.