09 ottobre 2008

Quel barbiere era il mio


La prima volta che incontrai Gustavo il barbiere, che poi diventò il mio barbiere, e infine l’amico barbiere che mi è rimasto nel cuore e per più ragioni nella testa, avevo sì e no due anni; ma quella non conta e non contano nemmeno tutte quelle altre, quando mio padre mi portava assieme a lui a farsi fare i capelli, perché ai miei ci pensava la mia mamma. La prima volta che Gustavo ed io ci si conobbe veramente, almeno per quanto mi riguarda, avevo sei anni portavo i calzoni corti all’inglese, la cartella a zaino e andavo alla scuola elementare: da solo e in bicicletta. Ma anche se ci frequentavamo da anni e tra noi c’era una particolare simpatia, appena prese le forbici con una mano e la mia testa con l’altra, mi divincolai e guardandolo severo misi in chiaro che: i capelli da tagliare erano i miei quindi: lui poteva decidere il come, io avrei deciso il quanto. Gustavo era un omone che il destino, per strani giri, lo aveva messo a fare il barbiere anche se a vederlo, del barbiere non aveva di certo l’aspetto. Un pezzo di marcantonio alto come un corazziere e solido come una quercia, con due spalle da fare invidia ad un pugile e due enormi mani, nelle quali riusciva a farci stare, contemporaneamente, un numero incredibile d’attrezzi e strumenti necessari al suo lavoro, facendoli volteggiare mentre li passava dall’una all’altra, con la maestria di un giocoliere. Mani grandi come piatti da portata quelle di Gustavo, tanto impressionanti a vederle quanto delicate a sentirle, quelle enormi dita più adatte a stringere una chiave inglese di un paio di forbici, passando e ripassando sulla testa avevano uno straordinario effetto rilassante Dal barbiere andavo da solo però le direttive, che io non condividevo, sul taglio dei miei capelli erano impartite precedentemente da mio padre, pertanto Gustavo (memore del nostro primo incontro “professionale”) tutte le volte si trovava nella scomoda posizione che sta: tra l’incudine del ragazzino che voleva capelli più lunghi con un taglio riformista e il martello del padre che esigeva per il figlio una conservatrice spazzola. In quelle occasioni emergeva una delle maggiori doti di Gustavo: la diplomazia. Gustavo riusciva, facendo ricorso alle astuzie derivanti dalla sua lunga esperienza, ad accontentare il ragazzino senza scontentare il padre e così contribuiva a ricomporre le fratture generazionali, ma questa era una delle operazioni più ordinarie, infatti, il diplomatico barbiere molte volte ha salvato amicizie mediando tra estremistiche posizioni di tifosi durante grandi discussioni che si scatenavano nel suo salone, riportando le quasi risse a civili e educate discussioni. Per non parlare delle chiacchiere e dicerie che, se non controllate, partivano semplici ma, ad effetto domino, diventavano incontrollabili e Gustavo interveniva sempre al momento giusto per interromperle e deviare su altri argomenti. Gustavo che mi ha accompagnato per un lungo periodo di vita, che mi ha visto pargolo in fasce, che mi ha preso tra le sue enormi mani per depositarmi sul seggiolone applicato alle poltrone per portare la mia testa alla sua altezza. Il ricordo di quando mi sono seduto su di una delle poltrone del salone di Gustavo e la ruvida pelle logora, che ricopriva il sedile, sfregava la pelle delle mie gambe che uscivano dai pantaloncini corti. Di quando mi sono rimesso in piedi, quando Gustavo mi ha svolto dal telo bianco e prima di guardarmi i capelli nello specchio, ho controllato che la piega dei miei eleganti e impeccabili calzoni lunghi fosse ancora intatta e perfetta. Che nostalgia se ripenso alla visione riflessa dallo specchio di Gustavo che rincorreva, uno ad uno i primi peli che si affacciavano sulla pelle del mio viso in ordine sparso e che emozione la prima volta che lo ho visto impugnare il rasoio e, passandolo e ripassandolo sulla striscia di cuoio per affilarlo, si accingeva a radermi per la prima volta. I ricordi restano con il loro carico d’insegnamenti e, buoni o cattivi che siano, tutti sono serviti e servono a farti vedere, capire, decidere e anche la semplicità di quei piccoli ritagli di vita conosciuti nel salone di un barbiere, è stata esperienza preziosa che mi ha aiutato a crescere. Il ricordo più caro che conservo di Gustavo è legato al periodo della mia vita nel quale mi sono trovato, con molta confusione nella testa, a vivere il passaggio da ragazzo ad uomo, quel cambiamento che io già avvertivo da tempo ma che non capivo perfettamente e che stavano constatando anche coloro che facevano parte del mio vivere quotidiano. Restava il fatto che, se la rudezza degli amici da una parte mi creava più confusione, mentre la delicatezza dei genitori dall’altra non mi dava certezze, a ratificare il passaggio ci pensò lui con un semplice gesto. In occasione di un taglio pre-natalizio quando servito di tutto punto spazzolato e profumato mi stavo accingendo ad uscire, a quel punto Gustavo mi prese da parte e mi consegnò, come a tutti i clienti “uomini” una copia del mitico calendario tascabile. Quello dentro la bustina di carta velina, che veniva custodito segretamente e gelosamente dentro il portafogli e che, quando lo si estraeva, emanava quel profumo intenso e.. insomma! Che allo stesso tempo ammorbava l’abito e stimolava l’uomo.In quell’attimo presi dalle mani di Gustavo l’ambito trofeo e guardando il suo silenzioso sorriso capii che non servivano altre parole. Uscii dal caldo soffocante del salone con un brivido che mi percorreva la schiena, ma appena fuori mi avvolse una vampata di calore nonostante la neve che scendeva sulla strada gelata.

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