14 settembre 2008

Scampata alla catastrofe



La vite - la pianta che produce l'uva - appartiene alla famiglia botanica delle Vitacee, e fra le decine di membri appartenenti a questa famiglia, il genere vitis è quello di principale importanza per la produzione di vino. Il più importante fra questi è la vitis vinifera - da cui proviene oltre il 99% del vino prodotto in tutto il mondo.

Si stima che il numero di varietà di vitis vinifera conosciute in tutto il mondo sia dell'ordine di qualche migliaio.

La vitis vinifera - nonostante sia il genere più importante e diffuso - non è l'unica specie utilizzata per la produzione di vino.

.Le altre specie più diffuse e adatte per la produzione di vino - seppure con risultati ben diversi da quelli della vitis vinifera - sono la vitis labrusca, la vitis riparia e la vitis rotundifolia, tutte originarie nel continente Americano.

Queste specie assumono comunque un'importanza strategica e fondamentale per la produzione di vino in quanto sono, contrariamente alla vitis vinifera, resistenti agli attacchi della temibile fillossera.

Per questa ragione le piante di vitis vinifera sono innestate su ceppi radicali di specie Americane - in particolare la vitis riparia - in modo da contrastare i devastanti effetti di questo parassita.

Non era perciò raro che venissero provati gli impianti di viti provenienti da altre parti del mondo, in particolare dagli Stati Uniti d'America.

Alla fine del diciannovesimo secolo, la vite da vino ha rasentato la definitiva estinzione a causa di un piccolissimo acaro, la fillossera, che devastò i filari in quasi ogni parte del mondo. La cronaca di quella terribile epidemia e la lotta per salvare la vite meriterebbero la penna di un romanziere.

Ci limiteremo a riassumerla per sommi capi, senza però dimenticare l'ingegno umano che trovò la soluzione consentendoci di continuare a degustare il vino.

Per comprendere da dove ebbe origine questo terribile avvenimento che tanto costò ai viticultori di allora, va ricordato come la coltivazione della vite fosse in Francia regolamentata da leggi di tutela già dalla seconda metà del '700.

Già da allora con estrema professionalità, si sperimentavano coltivazioni di nuovi vitigni, sempre alla ricerca di nuovi metodi che garantissero il primato dei "premiere cru" d'oltralpe.

Dopo il 1850, con l'avvento delle prime navi a vapore, il tempo di viaggio tra le coste statunitensi e quelle francesi si ridusse drasticamente: da oltre tre settimane a circa dieci giorni ! E fu così che, con ogni probabilità, alcune piante di vite infestate dalla fillossera, che da sempre viveva solo in America, giunsero in Francia con gli indesiderati parassiti ancora vivi.

La fillossera, non ancora individuata come un acaro parassita, era conosciuta negli Stati Uniti, come una malattia della vite americana che attaccava le foglie, danneggiando la pianta ma, come spesso fanno i parassiti che devono la loro alla sopravvivenza della pianta che li ospita, senza ucciderla.

La vite era stata coltivata con grande soddisfazione in tutta l'Europa, sino alla meta del 1800, fu in quel periodo che la Philloxera vastratix "sbarcò" nel vecchio continente, proveniente dall'america del nord.

I primi ad accorgersi delle devastazioni che l'insetto era in grado di provocare alla vite europea furono i francesi intorno al 1860. In Italia la fillossera giunse 20 anni dopo, e anche quì si propagò rapidamente.Gli sforzi profusi nella lotta di questo insetto furono per lunghi anni vani e, ad un certo punto, si pensò che la fillossera, che attacca le radici della vite europea e le fa marcire, avrebbe finito con il portare all'estinzione della vite autoctona.

I contadini e gli Agronomi resistevano con tutto quello che la scienza di allora permetteva di fare: pericolosissime fumifìgazioni, iniezioni nel terreno di sostanze chimiche, si rallentò l'avanzata del morbo, ma non fu fermato; poi gli studi di Pasteur sull'infinitamente piccolo e l'uso scientifico del microscopio consentirono di individuare la causa: la fillossera che, sulla vitis vinifera si comportava in maniera diversa che sulla vite americana. Mentre sulla seconda l'attacco era alle foglie, sulla nostra vite, ben più pericolosamente, la fillossera scavava gallerie nelle radici per deporre le uova; la vite reagiva producendo dei noduli o galle e, sentendoli come corpi estranei poi li rigettava, procurandosi la morte per mancanza di radici.
Fu uno studioso, Gaston Bazille che, con lucido ingegno dettò la soluzione: visto che la fillossera attaccava le radici della vitis vinifera, ma non la pianta, mentre nella vite americana attaccava le foglie ma non le radici, "si innestino le viti sulle radici della vite americana". E così fu provato e la vite riprese a crescere rigogliosa !
Quando bevete un bicchiere di buon vino, talvolta rivolgete quindi un pensiero riconoscente a Monsieur Bazille, che sicuramente riposa nel Paradiso dei benefattori dell'Umanità, ma anche ai contadini che per ogni vite piantata, da più di un secolo, procedono pazientemente agli innesti sulle barbatelle di vite per consentirci, dopo qualche anno, di degustare il prodotto del loro duro lavoro.





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