14 settembre 2008

Punto croce


Un luogo così magico, come era quel paese, cresceva la sua gente con cura donando loro, con generosità, quelle doti e quelle caratteristiche di unicità, senza fare distinzione alcuna tra i sessi. Fin da bambini si respirava l’aria speciale di quel luogo e lo facevano, allo stesso modo, sia i maschi che la femmine, in piena parità perché, già da allora esisteva quella che oggi è per tutti la “par condicio”. I maschietti erano, al tempo della beata incoscienza negli anni della scuola elementare, degli scatenati piccoli mascalzoni e avevano un’idea sull’esistenza delle bambine ancora molto vaga. I maschi, verso l’altra metà del cielo, nutrivano decisamente poca considerazione, poiché il loro interesse era rivolto solo ed unicamente verso ciò che era o gravitava attorno al “genere maschile”. Esistevano però dei punti di contatto, certo non voluti e a volte subiti, ma l’esistenza di sorelline o bambine vicine di casa portava ineluttabilmente ad intrattenere,prima o poi, rapporti con le femmine. Il destino volle che,chi più chi meno, non rimanesse indenne da tal fenomeno, pertanto ti ritrovavi a frequentare parchi e cortili nei quali sostavano per gran parte della giornata assembramenti di chiassose femminucce. Se inizialmente, nonostante il fragoroso chiacchiericcio che producevano, non riuscivano a richiamare la tua attenzione verso la sola loro esistenza, col tempo cominciavi, poco alla volta, a vederle, poi a sentirle, per arrivare (nemmeno in tanto tempo) a guardarle e ad ascoltarle. A quel punto, come è destino per i maschi (e la vita poi lo confermerà in diverse altre occasioni), senza rendersene conto capitoli e cominciavi ad interessarti a quello che facevano le femmine, chiaramente inteso, a quel tempo, come giochi ed attività ludiche in genere. Le schiamazzanti rappresentanti delle classi femminili presenti in quel posto erano, al tempo, esperte ed appassionate del "punto croce", ora voi vi chiederete che cosa fosse il "punto croce"?
Beh! A dire il vero non lo sapevano bene neppure loro e, con il passare degli anni, passando la
moda del "punto croce", non ho più potuto, né voluto approfondire la mia conoscenza in materia.
Ricordo che passavano interi pomeriggi a cercare di infilare, con uno speciale ago, fili di cotone colorato nella trama di un pesante tessuto.
Ad onore del vero, il pesante tessuto assomigliava molto di più ad una rete da pesca a maglie molto fitte, e le smorfiose chine nel lavorarlo sembravano quei pescatori che tutti hanno avuto occasione di vedere, seduti sul ciglio di un porto a riparare le loro dopo la pesca.
In sostanza la cosa funzionava così: alle bambine di quell’età, allora, venivano di solito regalate stuoie che da un lato riportavano disegni colorati e le ricamatrici in erba, utilizzando fili di cotone dei colori più rassomiglianti possibile alle aree colorate del disegno, tessevano nodi passando da una parte all’altra della stuoia, fino a ricoprire completamente un lato della tela. Alla fine il risultato era un arazzo raffigurante le cose più disparate, dove i colori erano i fili di cotone tessuti intensamente col famoso metodo detto per l’appunto del “ punto croce”.
Con il passare del tempo sono arrivato alla conclusione che Il " punto croce" altro non fosse se non un espediente delle mamme che, tenendo le figlie fortemente impegnate in un’attività condivisibile solo con altre femminucce, serviva sostanzialmente a far loro evitare o ritardare il più possibile la frequentazione dei maschietti, quasi una forma di profilassi preventiva. Dall’altra parte, quella dei maschietti, esisteva una naturale diffidenza nei confronti delle bambine che aumentava fino al punto di tenersele ben distanti quando le stesse si cimentavano in quei loro giochi, che tanto poco avevano del gioco e tanto più dell'imitazione di mamme e signore in generale. Così andava allora in quel cortile e dalle mani delle piccole ricamatrici, dopo settimane passate sopra alle trame colorate, uscivano alla fine i lavori finiti con risultati più o meno buoni ma, in ogni caso, non di quell’eccezionalità che ci si aspettava, visto l'impegno profuso ed il tempo impiegato a scapito d’altri giochi o passatempi più normali. In paese molti di quei lavori potevano essere ammirati, oltre che nelle case dei genitori delle tizie da ricamo, nel negozio del corniciaio dove erano portati per essere trasformati in quadri da genitori, tanto orgogliosi quanto poco critici, che credevano di avere in casa una grande artista in erba. Travolte dalle vicissitudini di avversi destini le opere, che inizialmente trovavano posto nella migliore parete della stanza più importante della casa, con il passare del tempo e per effetto di un’osservazione più critica, venivano spostate in pareti ed in stanze che meglio si prestavano a valorizzarle fino ad arrivare, passo dopo passo ma inesorabilmente, a trovare posto in cantine soffitte o ripostigli, definitivamente nascoste e dimenticate. Poche sono le opere salvate ed arrivate a noi, oggi, poche campeggiano ancora su pareti più o meno nascoste. Da lì avvertono le nuove generazioni di bambine di quanto sia più importante ricordarsi di un sano nascondino, o un’innocente mosca cieca insieme ai maschietti, che cercare di dimenticare il tempo irrimediabilmente perso in un inutile " punto croce".

Nessun commento: