02 maggio 2024

Nel tempo, fregati dal tempo



Le stagioni, in questo posto mezzo piatto e mezzo appiattito, sono sempre estreme, mai una media stagionale, come dicono i meteorologi, mai un modo che abbia la parvenza di normale.

Le stagioni, in questa terra di mezzo, passano lasciando sempre il segno, facendosi sempre ricordare e alimentando nella gente la speranza che non ritornino più così come le hanno viste e che invece anno dopo anno generazione dopo generazione si rivedono.

Le stagioni calde sono eccessivamente calde, eccezionalmente calde, calde torride, calde afose, calde tanto che bruciano e seccano tutto ciò che non ha un riparo.

Le stagioni fredde sono incredibilmente fredde, rigorosamente fredde, gelidamente fredde e fanno raggiungere al termometro temperature eccezionalmente bassissime.

Le stagioni miti, invece, sono ben poca cosa rispetto alle altre, brevi tregue tra quei fenomeni estremi, così brevi che non si riesce nemmeno a considerarle vere e proprie stagioni.

Il tempo passa facendo ricordare, a volte anche troppo bene, le stesse cosa che succedono alla gente e a tutto ciò che succede ogni giorno al modo che sta loro attorno.

Al tempo, non inteso come clima, ma come il succedersi dei giorni, settimane, mesi, anni, non va certamente meglio, anzi, né meglio né peggio e le giornate passano lente, tanto che non si arriva maia finire di tracciare sul, calendario, il segno a penna sul giorno appena passato, che si comincia a tracciare il segno su quello che sta iniziando.

Anche lo stato d’animo della gente è abbastanza simile alle stagioni, lo si capisce dai discorsi che fanno e dalle frasi e mezze frasi e dalle occhiate che si scambiano, dal detto no detto ma capito e che sono sempre estremamente favorevoli o decisamente contrarie.

Gente troppo allegra da sfiorare un’apparenza di instabilità psicofisica o troppo triste, quasi depressa; per non parlare delle discussioni e dei contrasti che nascono come normali alterazioni climatiche ed evolvono, con la velocità dei venti di tempesta, a veri e propri cataclismici contrasti al limite dello scontro fisico.

Il tempo è come un galantuomo, passa e se ne va, senza guardare in faccia a nessuno”, si sente sovente ripetere alle persone mature per età e, si presume, per esperienza, per non dire dei vecchi che di esperienze ne vantano a vagonate. Tante, ma tante da non ricordarsene una che una, ma intera, appropriata e adeguata da lasciare ai giovani.

I giovani, poi, apparentemente sono l’immagine della sconfitta dell’intelligenza umana, una catastrofe etnica. Corpi secchi e provati da evidenti mancanze alimentari contrapposti ad altri flaccidi e ipernutriti; in comune solo le espressioni dei visi, inequivocabilmente vuote.

Sorrisi e tristezze accomunati nella stessa smorfia, in alcuni casi odontoiatricamente provata, e comunque accompagnata da sguardi impenetrabili, spenti e limitati per campo d’azione, fino alle punte di nasi perennemente sgocciolanti o interessati da campagne archeologiche.

Nella mente, il tentativo di leggere quelle immagini, giunge inesorabilmente allo stesso risultato qualsiasi sia la chiave di lettura.

Il tempo, quel galantuomo del proverbio, non è poi così tanto galantuomo come viene descritto, anzi, all’apparenza si direbbe un po’ maleducato, sicuramente è molto altezzoso, se passando, non degna di uno sguardo nessuno dei presenti, insomma, l’educazione è di chi c’è l’ha e la usa e, senza tante smancerie, almeno un buongiorno è d’obbligo.

Il senso più intrinseco del vecchio detto, si riconosce proprio dopo il passare del tempo, facendo cedere all’ammissione che quel proverbio la dice lunga e in poche, ma significative parole, racchiude una grande lezione di vita.

Ora c’è da chiedersi dove sono finito quei vecchi saggi e quelle occasioni da non dimenticare protagonisti di fatti e azioni da ricordare in terno e da portare ad ogni occasione ad esempio con citazioni pompose e retoriche da far sbottare anche il più bonario incassatore o menefreghista di questo mondo.

Direi che i tempi, nel tempo, vengono manipolati ad arte da chi no sapendo bene come cavarsela nelle occasioni più complesse, usino queste preconfezionate vecchie e ricorrenti manovre ormai prive di ogni morale e svuotate di qualsiasi principi.

La gente sa fare solo la gente, nel senso che volente o nolente o cosciente o incosciente si adegua all’andazzo di quel mondo in cui trascina la sua vita quotidiane, senza riuscire a dire nulla di più di quello che è stato già detto e ripetuto da tanti prima e che peraltro continuerà ad essere ripetuto a tanti dopo.

Il tempo è un galantuomo, ma chi? Ma dove? Ma quando? Andate a chiedere a chi aspetta il ritorno di una persona cara se è vero, andate a chiederlo ad un ragazzo che non vede l’ora di essere adulto, o ad una ragazza che aspetta di poter coronare un sogno d’amore Il tempo è un tiranno che fa penare e che a nulla importa delle speranze o dei sogni della gente, anzi più ci mette a passare e far passare pene d’inferno e più ci gode pare che continui progressivamente a rallentare il volano dell’alternarsi delle ore e dei giorni.

I vecchi che conoscevano, a detta loro tutti gli umori del tempo avendo potuto sperimentare e apprendere tale conoscenza della vita non arrivavano a trasmetterli ai giovani proprio perché il tempo dopo averli fatti penare per la lentezza improvvisamente diventava veloce, a tal punto di non lasciar loro più giorni necessari a poterlo fare.

Il tempo è un’illusione a cui vogliamo credere, ed è alimentata dalle convenzioni inventate dagli uomini proprio per non smettere di crederci.

Il tempo è una fregatura che tutti prima i poi prendiamo e che. dimenticandoci di quanto è bruciante. continuiamo a cascarci ogni volta che si ripresenta l’occasione e, più spesso o meno spesso, ma le occasioni mediamente in una vita si eguagliano fra e per tutti

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