I mandorlini del ponte
Quel paese di pianura,
sorto temporibus illis e cresciuto
lungo il fiume, era in apparenza del tutto simile ai tanti
paesi di pianura, ma se ne stava immerso in un crocevia di umori
meteorologici e meteoropatici raramente riscontrabili altrove.
Dalla sommità
dell'argine del fiume appariva placidamente disteso, sia nel caldo
afoso delle estati che nella nebbia gelida degli inverni, in quella
zolla di terra grassa e umida dove assisteva imperterrito, al
ripetersi del miracoloso fenomeno della vita.
Nel borgo ci stava tutto
ciò che di solito si trovava nei paesi di pianura: le strade, le
case, la gente comune e la gente speciale, come il dottore che
insieme al parroco, al sindaco e al maresciallo dei carabinieri non
solo rappresentano le istituzioni, ma erano le persone più
autorevoli e rispettate.
Il medico condotto che
prestava assistenza sanitaria agli abitanti nel territorio comunale,
era lo stimato dottor Arbaltini, nato e cresciuto nel paese. Di
solito lo si poteva trovare in ambulatorio fino a tarda sera e,
sovente, lo si incrociava per il paese a passo svelto e borsa in
mano.
Per sua abitudine faceva
ogni giovedì il giro di quei suoi assistiti che, per età o stato
fisico, riteneva di dover seguire con particolare attenzione, andando
a visitarli al loro domicilio.
Quel giorno il dottore
aveva deciso di iniziare il suo giro di visite dalla signora Adelina,
la Lina per i paesani e anche per lui, che aveva visitato giorni
addietro per una distorsione a un piede.
Ah! La signora Adelina,
la sempre disponibile e onnipresente Lina, lui l’aveva conosciuta e
apprezzata fin da ragazzino quella gioviale signora sempre
sorridente, ma con un carattere forte che gli aveva permesso di
superare le dolorose prove alle quali la vita l’aveva sottoposta.
La casa della Lina si
trovava di poco oltre le ultime case del paese, dopo la strada che
portava al ponte sul fiume e lei, ormai avanti negli anni, abitava da
sola nel grazioso villino che aveva, davanti all'ingresso, un
giardino dove facevano bella mostra dei rigogliosi e profumati
cespugli di rose antiche.
Dietro alla casa, verso
il fiume, c’era l'orto, ordinato e suddiviso in parcelle regolari e
costeggiate da piccoli sentieri dove l’Adelina era inciampata
procurandosi la distorsione.
Il dottor Arbaltini aveva
fermato l’auto proprio di fronte al cancelletto del villino che
trovò aperto, sembrava che lo stessero aspettando. Imboccò Il
piccolo vialetto lastricato che portava fin davanti all’ingresso
della casa e anche il portoncino d’ingresso era aperto, appena
accostato, segno che era proprio atteso.-
-Con permesso! Sono il
dottore, è in casa Lina?-
-Si! Si, entra dottore,
sono qui, in cucina.-
-Buongiorno Lina, ma . .
. che cosa ci sta a fare in piedi, in cucina?-
-Beh! dottore, perché il
piede non mi fa più tanto male e poi non ce la facevo più a stare
con le mani in mano.-
-Io però le avevo detto
di non stare in piedi, di gravare su quel piede per almeno quattro
giorni.-
-Hai ragione dottore, ma
giuro che appena avrò finito di preparare l’impasto dei mandorlini
tornerò a riposare. Oh, sì! Riposeremo tutti e due, io e l’impasto,
giusto il tempo che ci vuole per rimetterci in forma tutt'e due.-
-Ah! Ma io le avevo
prescritto il riposo assoluto e mi ero raccomandato che rimanesse a
letto o in poltrona e invece? La trovo in piedi, a sfaccendare in
cucina!-
-Eh! Dottore, dici bene
tu, ma io non riesco a stare ferma e poi devo assolutamente fare
l’impasto per i mandorlini, perché la fortuna ha voluto che
riuscissi a trovare delle mandorle di buona qualità, proprio come
quelle che arrivavano dal Piemonte, ai tempi di quando il paese era
un importante porto fluviale.-
-Ma Lina, ho fatto
anche in modo che la Rosetta venisse ad aiutarla.-
-E io ringrazio sia te
che la Rosetta, che è una giovane tanto cara e premurosa, che viene
tutti i giorni e oggi mi ha anche portato le uova fresche, così ho
potuto montare a neve gli albumi e unirvi quelle buonissime mandorle
e adesso, guarda qui! Guarda che meraviglia di impasto, sembra una
nuvola nel cielo di aprile!-
-Insomma Lina, si rende
conto che per lei è uno sforzo restare in piedi a impastare uova e
mandorle?-
-Ma che sforzo, dai! Io
credo che sia possibile fare entrambe le cose senza fare né sforzi,
né danni.-
-Ha! Quindi a me non
resta che prendere atto della sua decisione e starmene buono e zitto,
d'altronde . . . ho imparato che quando una persona anziana sostiene
che qualcosa è possibile ha quasi ragione, per contro quando
sostiene che qualcosa è impossibile probabilmente ha torto. Dunque
non potendo farle cambiare idea, dovrei arrendermi e lasciarla
continuare nel suo lavoro ?-
-Ma che lavoro, per me è
un piacere e comunque, i mandorlini dell’Adelina, se permetti, li
fa la Lina, cioè io! Che in paese siamo rimasti in pochi a preparare
questi dolcetti unici che, spero tu sappia, hanno una storia che
viene da molto lontano. Pensa che storia eccezionale si portano
dietro questi dolci, tanto semplici quanto buoni, forse creati in
occasione dell’arrivo di un Papa.-
-Lo so! Conosco la storia
Lina, so bene che, secondo la tradizione, sarebbero stati creati in
occasione della visita di Papa Pio IX nel 1857 che, arrivato via
fiume, se li gustò percorrendo la via Coperta, il lungo porticato
che serviva da magazzino per le merci del Porto Franco dello Stato
Pontificio, proprio qui sul fiume.-
-Già si racconta proprio
così e tu, caro il mio dottore, che sei nato e cresciuto qui,
dovresti sapere che la via Coperta venne costruita nel 1647 e con i
suoi centodieci metri di lunghezza quel lungo magazzino univa il
porto sul fiume al centro del paese.-
-Lo so, lo so Lina, il
mio babbo mi raccontava che prima di essere distrutta dai
bombardamenti della seconda guerra mondiale, rappresentava il cuore
commerciale di questo paese che allora si sviluppava tutto lungo la
sponda del fiume.-
-Proprio così caro
dottore e pensa che questi graziosi dolcetti non sono nati dalle
elaborazioni dei pasticceri, ma dalla fantasia di un aiutante di
bottega. Un giovane che pensò di riutilizzare gli albumi d'uovo
rimasti dalle altre preparazioni unendoli con le mandorle, visto che
qui arrivavano in grande quantità e con lo zucchero di cui c'era
abbondanza per lo zuccherificio del paese.-
-Certo Lina, lo so bene e
come si usa dire in questo paese “O son così, o non sono . . .i
mandorlini” e nel freddo ottobre del 1755 li assaggiò anche
l'illustrissimo letterato messer Goldoni che, arrivando da Venezia
alla dogana portuale non dichiarò la sua “. . . provvisioncella
di cioccolato e caffè”. Fu solo grazie alla gran fama di cui
godeva e le lodi che fece al paese per quei mandorlini squisiti che
evitò le sanzioni previste per quel, quasi contrabbando.-
-Ha si! Ma pensa che
passato di storia ha questo paese! Sai dottore che cosa mi raccontava
la mia nonna?-
-Ma dai Lina! Ci mancava
anche la nonna! Tutto serve per non parlare del suo piede, Dunque? Mi
racconti pur'anche dei ricordi della nonna.-
-Allora, la mia nonna mi
raccontava che quando era un ragazzina, alla domenica dopo la messa,
i genitori la portavano nella pasticceria che c'era sotto la via
Coperta, dove si potevano gustare i famosi mandorlini del ponte. Era
la rinomata Caffetteria Offelleria Apollo del signor Giovanni Orazio
Ferraguti, che sulla lapide della sua tomba volle inciso “re
della secolare specialità mandorlini di Ponte”.-
-Non divaghi Lina, già
siamo passati dal piede, ai mandurlin e alla nonna, se adesso ci
mette anche i morti in cimitero non ne veniamo più fuori.-
-E va bene! Allora,
capita che, entrando nella pasticceria, vide un signore elegante che,
seduto ad un tavolino, scriveva su un quaderno mentre assaporava i
dolcetti di mandorle. Lei curiosa si avvicinò e lui le sorrise e le
lesse alcune righe. La nonna non scordò più quelle belle parole e
me le ripeteva spesso, e dicevano “Io sono innamorato di tutte
le signore, che mangiano le paste, nelle confetterie.”-
-Detto ciò cara Lina,
ora che abbiamo rievocato la storia patria e i ricordi d'infanzia,
vogliamo tornare a interessarci della sua salute?-
-Ma non prima di aver
lodato il mio dottore, che cura i suoi paesani e non trascura la
storia e le tradizioni della sua terra.-
-Lei però non dovrebbe
trascurare se stessa e ricordarsi che alla sua età dovrebbe
rallentare, così potrà avere più tempo per fare molto altro
ancora.-
-Ma va là dottore! Che
arrivata a questa età, tutto quello che dovevo fare l’ho fatto e
in quel po’ di tempo che il creatore mi regala ancora, faccio
quello che voglio, quando ne ho voglia e a modo mio, come del resto
ho sempre fatto. Non è facile cambiare vita dopo averla passata così
per una vita intera, poi devo insegnare alla Rosetta a fare i
mandorlini, mica ci si può permettere di perdere le tradizioni di
questo paese. I mandorlini del ponte si fanno qui da più di un
secolo e mezzo e spero che si continui a farli.-
-Ah! Che lei faccia quel
che vuole non lo metto in dubbio, ma quel piede mi sembra ancora un
po’ gonfio e per guarire bene deve stare a riposo e ora, se
permette, vorrei dargli un'occhiata.-
-Ma stai tranquillo
dottore, che i mandorlini li faccio con le mani, per cui al mio piede
non rimane niente da dire e non sarà certo una storta presa
nell’orto a fermarmi.-
-Caparbia eh! Non vorrei
mancarle di rispetto, ma potrei anche dire . . . testona.-
-Lo so, non sei il primo
a dirlo e non sarai l’ultimo e adesso siediti e prenditi una tazza
di caffè che è ancora caldo, io intanto finisco di amalgamare
l’impasto e dopo penseremo a questo piede.-
-Oh, Lina! Se non le
volessi bene come alla mia povera mamma, me ne sarei già andato,
ragionare con lei è impossibile!-.
-Oh, dottore! Se io non
ti volessi bene come a un figlio, ti avrei già mandato a spasso e
comunque stai attento, sono vecchia e mi potrebbe sfuggire il
mattarello dalle mani.-
-Ho capito, cara la mia
signora testarda, faccia come vuole, ma se è vero che mi vuole bene,
provi ad accontentare anche il suo dottore.-
-Certo che ti voglio
accontentare, ci mancherebbe! Infatti i mandorlini li faccio anche
per te, che so bene quanto ti piacciono questi dolcetti.-
-E va bene Lina! Per ora
mi arrendo e vado a fare il giro dei miei assistiti, ma poi ritorno
e e me la vedo con lei e con il suo piede. Quel che si dice per i
mandorlini vale anche per me: o son così, o non sono . . . il
dottore!-
-Ecco, bravo dottore, vai
pure a visitare chi ti sta aspettando, che so bene quanto ti stanno a
cuore. Quando avrai finito, ripassa pure dalla tua paziente testona,
che ti vuole un bene dell’anima e che ti farà trovare i mandorlini
appena sfornati, caldi, fragranti e croccanti.-
Nessun commento:
Posta un commento